In positivo

L'isola norvegese con 12 abitanti e una distilleria

La storia di come marito e moglie, per sfuggire a una tempesta, hanno riportato in vita una piccola comunità di pescatori
L'isola di Myken
Prisca Dindo
26.10.2025 15:04

Quando Roar Larsen e sua moglie Trude Tokle la scorsero per la prima volta dalla loro barca a vela, dovettero cercarla sulla mappa della Norvegia. Nonostante la loro profonda conoscenza delle acque cupe dell’oceano Artico, non avevano mai sentito parlare di quel francobollo di terra spuntato all’improvviso di fronte alla loro imbarcazione, nel bel mezzo del mare. 

Trude e Roar avrebbero tirato volentieri dritto, ma il maltempo che imperversava quel giorno non lasciò loro alternative: a queste latitudini il mare sa essere così tempestoso che sfidarlo sarebbe stata una missione impossibile. Per evitare il peggio, puntarono il timone verso l’isola e sbarcarono non senza fatica nel porticciolo dei pescatori. Il giorno dopo, terminata la tempesta, scoprirono un paradiso terrestre semi abbandonato. Myken si trova a nord del Circolo polare artico, dove d’estate il sole non tramonta mai e d’inverno le notti si vestono dei mille colori dell’aurora boreale. Un luogo magico lontano trentadue chilometri dalla costa della Norvegia settentrionale, dove l’aria è satura di sale e il ritmo della vita è scandita dal mare. Per Trude e Roar fu amore a prima vista.

«Tre giorni bastarono per farci innamorare del cielo, del mare e della gente di Myken» ricorda Roar in una intervista rilasciata a Barleymagazine.com, una rivista multimediale londinese per intenditori di whisky. Quei pochi giorni di permanenza sull’isola cambiarono tutto. La coppia decise di prendersi un anno sabbatico e di trasferirvisi con i figli. Tuttavia Larsen, racconta che «in quel periodo c’erano pochissimi guadagni, pochissimi lavori. Se volevamo restare, dovevamo inventarci qualcosa».

Ai tempi d’oro, Myken era il cuore pulsante delle rotte commerciali polari. Ma ultimamente l’isola norvegese conservava poco o nulla del glorioso passato. Quando Trude e Roar ormeggiarono la loro barca a vela nel porto, ormai sulla splendida isola viveva soltanto una manciata di pensionati orgogliosamente aggrappati alla loro terra. «Abbiamo passato quel primo anno ad arrovellarci il cervello chiedendoci come avremmo potuto fare per far tornare Myken e i suoi pochi abitanti ai fasti di un tempo!» ricorda la coppia. L’idea nacque una sera qualsiasi, «stavamo guardando le onde quando uno di noi due disse: «Perché non produciamo whisky qui? C’è lo stesso ambiente marittimo della Scozia!» Detto, fatto.

Nel giro di pochi mesi, dieci isolani misero insieme i loro risparmi, acquistarono la fabbrica di pesce abbandonata e iniziarono a recuperare tubi, pompe e alambicchi. Nel 2014 - si legge sul sito per intenditori di whisky - accesero il loro primo fuoco e iniziarono a distillare alcolici. Tre anni dopo, il loro primo whisky era pronto e attirò l’attenzione degli investitori. La produzione si espanse e Myken ricominciò a prosperare. Oggi la distilleria più remota del mondo impiega quasi tutti i residenti e attrae visitatori da ogni angolo del Pianeta. La «Cattedrale del Whisky», costruita di recente al centro del villaggio, ha vinto il Premio di Architettura della Norvegia settentrionale. L’idea un po’ folle di Trude e Roar era riuscita nel suo intento: ridare fiducia a una comunità che rischiava di svanire nel nulla. A volte, anche i piccoli possono sognare in grande.

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