Lugano, che cantiere
L’altro giorno Michele Foletti era a Cornaredo a dare i primi colpi di pala del cantiere del Polo sportivo e degli eventi (PSE) quando il suo sguardo si è soffermato sulle due torri costruite da Angelo Renzetti e HRS poco più a sud, in via Brentani. «Con i colleghi ci siamo detti che loro le hanno ultimate in pochi anni mentre noi con le torri del PSE siamo in ballo dal 2004», afferma il sindaco di Lugano.
Non che la Città pecchi di lentezza. Al contrario, durante la cerimonia di mercoledì il responsabile di HRSper il Ticino ha fatto i complimenti alle autorità cittadine per la celerità con cui è stato messo in cantiere il PSE. «Ma la differenza di velocità ed efficacia tra il privato e il pubblico è enorme - prosegue Foletti -. Il privato ha delle procedure diverse da seguire. Per esempio non ha la legge sulle commesse pubbliche, non deve passare dal Consiglio comunale, non deve affrontare i referendum».
Ai tempi di Giorgio Giudici
Tutti ostacoli che fanno sì che la Città di Lugano possa sembrare quasi immobile all’occhio dell’osservatore disattento o anche dell’ex sindaco Giorgio Giudici, che dalla sua discesa dal trono non ha mai perso occasione di rimarcare come «ai suoi tempi» ci fossero «più progettualità» e «più concretezza».
Da una parte è vero che negli ultimi tempi sono stati tagliati pochi nastri. È anche vero che alcuni grandi progetti sembrano essersi arenati o in alcuni casi si sono arenati davvero. Si pensi per esempio al sogno di realizzare un tunnel subacqueo che possa sgravare il quai cittadino dal traffico di transito. Già abbandonato una prima volta nel 1996, il progetto è stato definitivamente affossato nel 2014.
Si pensi anche al Centro congressuale previsto al Campo Marzio, «una necessità» secondo Michele Foletti e secondo tutti, visto che l’attuale Palazzo dei Congressi non è più in grado di soddisfare la richiesta di spazi. Eppure a quasi vent’anni dal primo concorso (era il 2004) non si è mosso ancora nulla. O meglio, si è mosso tanto, ma tra concorsi annullati, studi di fattibilità, varianti di piano regolatore, messaggi al Consiglio comunale e ancora concorsi andati a vuoto, l’iter del Centro congressuale è tornato alla casellina di partenza.
Non sta andando molto meglio al progetto cantonale del tram-treno, in ballo da una ventina d’anni ma ancora ben lungi dal fatidico primo colpo di pala. A oggi nessuno è in grado di dire quando i tram torneranno in quel centro di Lugano dal quale erano stati frettolosamente cacciati negli anni ‘60. Prima di poter anche solo iniziare a progettare il cantiere, c’è ancora tutta una serie di ricorsi da evadere. «Di sicuro non sarò più sindaco quando si potrà inaugurare l’opera», commenta Foletti.
I cicli sono lunghi
Il fatto è che, pur con tutta la buona volontà, i tempi della politica sono lunghissimi. Al punto tale che, a volte, si finiscono per inaugurare opere che sono già superate dagli eventi. «La società e l’economia evolvono così velocemente - osserva il sindaco -che quando si è finalmente pronti per realizzare un progetto ci si rende conto che non è più attuale, che non corrisponde più alle esigenze. È un grosso problema, ma non si può fare diversamente, le regole sono queste». Si può solo continuare a progettare, consapevoli che l’anno è fatto di stagioni. «È la riflessione che abbiamo fatto con la collega Cristina Zanini Barzaghi a Cornaredo - dice Foletti -. In quel momento stavamo iniziando a dare colpi di pala. Per tanti anni abbiamo tagliato nastri. Nel pubblico ci sono sempre dei cicli. Si progetta, si costruisce e poi si ricomincia da capo. Adesso siamo nella stagione dei colpi di pala, la prossima sarà quella dei tagli di nastro».
Polo sportivo e degli eventi
La fase più complicata è ormai alle spalle. Con il primo colpo di pala di mercoledì, il Polo sportivo e degli eventi (PSE) ha iniziato un cammino in discesa che dovrebbe vedere il completamento dell’arena entro fine 2025 e poi via di seguito tutti gli altri tasselli. «La fase di gestazione è stata lunga - osserva Cristina Zanini Barzaghi, capo Dicastero immobili - ma è così per qualsiasi opera pubblica. Anche per una semplice scuola bisogna calcolare almeno una decina di anni, con tanto di tre passaggi in Consiglio comunale».
Rispetto ad altri progetti, il PSE è stato probabilmente favorito da una collaborazione che si sta rivelando efficace. «Il vantaggio del partenariato pubblico privato è che dal momento in cui si vota per questo modello, con regole chiare, poi si riesce a procedere in maniera più lineare», spiega.
Inoltre questo modello permette di sgravare l’ente pubblico da un impegno che rischierebbe di essere troppo pesante. «Quando abbiamo realizzato il LAC, per un paio di anni tutta la capacità di investimento della Città è stata assorbita da quel progetto - ricorda la municipale -. Il partenariato invece permette di spalmare l’impegno finanziario su un periodo più lungo e quindi di non bloccare gli altri investimenti».
Padiglione Conza
Quest’anno il padiglione Conza compie 75 anni. Edificato nel 1948 e poi affiancato da altri sei padiglioni, il centro espositivo continua a svolgere egregiamente il suo compito nonostante la non più tenera età. Come il Palazzo dei Congressi, inaugurato nel 1975, che con l’aiuto di strutture provvisorie esterne riesce a ospitare anche eventi di portata internazionale come il congresso sui linfomi del dottor Franco Cavalli. Ma è chiaro a tutti che Lugano ha bisogno di ben altro, se vuole ambire a diventare una meta congressuale.
«Se avessimo una struttura più moderna potremmo sicuramente ospitare più congressi - afferma Fabio Schnellmann, responsabile degli stabilimenti comunali di Lugano -. La domanda c’è. Però devo dire che ilcentro espositivo è ancora un’ottima struttura, anche perché è modulabile. Inoltre, essendo stra-ammortizzato, permette di garantire tariffe ragionevoli. Il Palazzo dei Congressi mostra forse di più il segno degli anni, ma la sala anfiteatrale è ancora un belvedere».
Le vecchie strutture si difendono bene. Ma se Lugano vorrà fare il salto di qualità dovrà realizzare quel Centro congressuale di cui si parla dal 2004 ma che continua a ingolfarsi da qualche parte, attualmente in Consiglio comunale.
Il nuovo lungolago senza tunnel
Interrare il traffico sotto il lungolago di Lugano è un vecchio sogno che sembrò poter diventare realtà quando, nel 1989, l’architetto Mario Botta presentò il progetto di un tunnel sommerso a due piani (con dei posteggi al primo livello), dal costo stimato in circa 100 milioni di franchi. Il Municipio fece analizzare la fattibilità del progetto ma alla fine decise di rinunciare a portarlo avanti. L’idea fu rispolverata più volte - in particolare da PLR e PPD (oggi Centro) - ma non riuscì più a superare lo stadio embrionale. E ancora oggi pare che i luganesi debbano rassegnarsi alla vista di quegli oltre 20.000 veicoli al giorno che deturpano il romanticismo del loro quai.
«Il tunnel sarebbe costato un’enormità e non avrebbe risolto granché, visto che sul lungolago solo il 27% delle auto è in transito - osserva il sindaco Michele Foletti -. Oggi si parla di gestione dinamica del traffico». In pratica si vuole ripensare la mobilità cittadina nel suo insieme. «Oggi costruire nuove strade diventa sempre più difficile, sia politicamente, sia giuridicamente - aggiunge Foletti -. Ci vuole quindi un cambiamento culturale. I giovani usano molto di più i trasporti pubblici, noi dobbiamo favorirli investendo sul miglioramento dei servizi».
Rete Tram-Treno
Il problema del tram-treno è che è stato pensato sulla base di premesse che non esistono più. «Il progetto è stato condizionato dalla volontà di costruire un grande autosilo di 1.500 posti all’uscita della A2 e di non ostacolare lo sviluppo dell’aeroporto, che all’epoca aveva grandi mire espansionistiche - ricorda Marco Sailer, ingegnere pianificatore dei trasporti -. Ora l’idea del grande autosilo è scomparsa e all’aeroporto non si parla più di espansione. Ma il progetto del tram-treno è ancora legato a quella visione di inizio secolo».
In pratica è un progetto che, seppur più volte rimaneggiato, non corrisponde alle esigenze attuali. «Quando si impiega tanto tempo a portare avanti un progetto - prosegue Sailer - si crea una dinamica perversa. Una contrapposizione tra chi sostiene che non valga più la pena realizzarlo in quel modo perché superato dagli eventi e chi invece ritiene che, seppur non perfetto, vada realizzato perché si è già aspettato troppo».
Il risultato è che tutto si blocca. «L’iter non va avanti perché sul concetto sono tutti d’accordo ma sul progetto concreto non si trova una convergenza - conclude Sailer -. Io sono convinto che il tram-treno si farà. È un’idea forte che porta molti vantaggi. Però non saprei dire quando diventerà realtà. Sicuramente ci vorrà ancora tanto».
Stazione di Lugano
Nel gigantesco cantiere attorno alla stazione FFS un primo risultato concreto dovrebbe vedersi nel 2025, quando è prevista l’inaugurazione del nuovo sottopassaggio di Besso, illuminato da finestre e lucernari. «Prima di finire tutto ci vorranno ancora sette o otto anni - afferma Filippo Lombardi, capo Dicastero sviluppo territoriale -, ma per fortuna che qualche opera sarà conclusa già prima, altrimenti la gente comincerebbe a perdere l a pazienza».
In effetti i lavori alla stazione di Lugano hanno un notevole impatto. Secondo Lombardi, si tratta del cantiere più importante tra quelli attualmente in corso in città, nonché del più complesso. «Coinvolge i comuni di Lugano e Massagno, ma anche il Cantone e le FFS, che hanno esigenze molto particolari - osserva Lombardi -. Inoltre non è facile operare in un’area densamente costruita, con una stazione che deve comunque restare in attività».
La prospettiva è comunque allettante. A fine cantiere Lugano avrà una moderna stazione collegata alla fermata sotterranea del tram-treno, con intorno un anello stradale e un nuovo centro intermodale per bus, biciclette e auto. «Ci sarà poi spazio per costruire in superficie - conclude -. Manca ancora il via libera cantonale, ma l’idea è quello di realizzare la nuova sede principale della SUPSI».
Pista ciclabile Paradiso-Melide
C’è stato un momento in cui sembrava che il percorso ciclopedonale tra Paradiso e Melide fosse sul punto di realizzarsi. Il progetto di cui si parla dagli anni ‘70 era stato rilanciato nel 2015 dall’allora presidente PLRT Rocco Cattaneo, aveva incassato unanimi consensi nei Comuni interessati e sul carro era saltato pure un generoso benefattore disposto a finanziare metà dell’opera.
Ma poi l’entusiasmo ha lasciato spazio alla cruda realtà, alle solite lungaggini, al valzer delle prescrizioni, ai tira e molla. Il benefattore ha finito per tirarsi indietro e il progetto si è incagliato, sebbene le autorità giurino che sia tuttora in rampa di lancio. «Sembrava un collegamento che poteva realizzarsi in tempi brevi ma oggi non sono più ottimista - afferma Marco Vitali, presidente di Pro Velo Ticino -. Di fatto non c’è un progetto definitivo, le esigenze di sicurezza hanno fatto lievitare i costi e oggi si confida in un contributo che la Confederazione difficilmente concederà».
Pro Velo Ticino ha smesso di sognare. Ora chiede che per migliorare la sicurezza dei ciclisti si abbassi il limite di velocità. «Se non si riescono a realizzare i grandi progetti - conclude Vitali - si rallentino almeno le auto. È una scelta di campo che il Cantone deve fare, se vuole veramente sostenere la mobilità lenta».