Lugano, chi voleva la veglia inclusiva e chi no

Alla fine don Italo Molinaro non se l’è sentita di addossarsi la responsabilità di un evento che una parte della Chiesa ha vissuto come divisivo e ha preferito ritirare la disponibilità della sua Basilica del Sacro Cuore di Lugano ad accogliere la prima veglia per il superamento della omobitransfobia mai tenutasi in Ticino.
Il momento di preghiera organizzato dal gruppo «La porta aperta - Spazi di inclusione» con il sostegno dell’Azione cattolica si terrà lo stesso, ma il giorno seguente e non in una chiesa cattolica bensì nella chiesa evangelica riformata di Viale Cattaneo a Lugano. Lo spostamento è frutto delle reazioni che hanno seguito l’annuncio dell’organizzazione di una veglia che nella vicina Italia è già prassi comune, ma che in Ticino si è scontrata con diverse resistenze e con una petizione all’indirizzo del Vescovo Alain de Remy.
Tra le persone scettiche nei confronti della veglia c’è l’ex responsabile di Caritas Ticino Dante Balbo, che qui di seguito espone le sue ragioni, mentre per l’Azione cattolica è la presidente uscente Lara Allegri a spiegare i motivi per i quali l’associazione ha tenuto a partecipare all’organizzazione di questo momento di accoglienza nei confronti delle persone che si riconoscono nella comunità LGBTQ+.
Sarebbe stata un'autoflagellazione
di Dante Balbo, ex presidente di Caritas Ticino
La veglia di preghiera che è stata organizzata inizialmente nella basilica del Sacro Cuore a Lugano ha un titolo significativo e provocatorio: per superare la omo-bi-trans-fobia. Ad essa ha aderito in particolare l'Azione Cattolica ticinese, ma non solo.
L'evento ha destato perplessità in un gruppo di fedeli, espresse in una petizione indirizzata all'Ordinario della Diocesi, perché offrisse chiarimenti su questo evento, da lui non contrastato. Il problema della discriminazione di chi non condivide l'antropologia che ritiene il genere sessuale un tratto essenziale della persona umana è un dato di fatto e le sue radici non sono limitate al proliferare delle sigle del movimento che asserisce la molteplicità dei generi e la loro fluidità, ma riguarda tutte le diversità, prima fra tutte la discriminazione della donna, ancora oggi per nulla risolta.
Organizzare una veglia di preghiera che presuppone la fobia nei confronti di omosessuali, bisessuali o transessuali, significa affermare che questo è un problema dei cristiani, visto che è un evento religioso specifico.
Conservare l’antropologia cristiana, per cui l’identità sessuale e la corrispondenza nella maggior parte dei casi fra sesso biologico e genere, risulta di per sé discriminante e indice di fobia. Altro è parlare di inclinazioni sessuali, caratteristiche di ogni persona, frutto della sua storia e non giudicabili. La chiesa è in cammino, sta facendo dei passi nell'accoglienza delle persone omosessuali, non tanto con pronunciamenti ufficiali, ma con esperienze di incontro.
La veglia così promossa sembra ancora una volta una autoflagellazione, perché «purtroppo» conserviamo un’idea del genere tradizionale e non inclusiva. Il testo degli Atti degli apostoli, che accompagna il volantino in cui Pietro dice che «Dio non fa preferenze di persone» è ambiguo e mal interpretato, perché l'apostolo stava parlando dei fedeli ebrei e pagani, non certo della realtà LGBT+.
Il 17 maggio è la giornata mondiale contro la omo-bi-trans-fobia: poteva essere un’occasione di dialogo e di adesione anche per i cristiani, rimarcando la contrarietà ad ogni discrimine. Trasportare questa vicenda in una basilica, sposta la questione all’interno della comunità cristiana che, come Chiesa, non ha bisogno di ribadire che ogni insulto all’uomo è insulto a Gesù stesso.
C’è un cammino da fare, per incontrare anche questa realtà che si aggiunge alla complessità del nostro tempo, ma per questo sono necessari i verbi che fanno la Chiesa discepola di Cristo: ascoltare chi ci viene incontro, accogliere ogni persona come unica e preziosa agli occhi di Dio, accompagnare dentro la comunità cristiana chiunque voglia crescere nella fede, nel servizio, nella comunione.
Non siamo contro nessuno, l'obiettivo è aprire le porte e accogliere persone
di Lara Allegri, ex presidente dell'Azione Cattolica
Nel momento in cui scrivo, esce il comunicato stampa del nostro gruppo «La porta aperta - Spazi di inclusione». La Veglia di preghiera per il superamento dell’omobitransfobia cambierà giorno e posto.
Molte persone si sono turbate per la nostra proposta. Capisco che non è ancora il tempo giusto, vi sono tante sensibilità diverse. Ma cosa sarà mai l’omobitransfobia? Una malattia? Certamente no! Si tratta dell’avversione, l’intolleranza e la discriminazione nei confronti di persone omosessuali, bisessuali e transessuali. Tante volte è inconscia, determinata anche dal modello culturale in cui si è cresciuti.
Ma come, quando e perché sono nate le Veglie? Siamo nel 2007, a Torino si suicida Matteo, a seguito degli insulti di cui è vittima. Scrive Gianni Geraci, a quel tempo: «Dentro di me ho pensato: Ecco la vera risposta che, in quanto credenti, possiamo dare al problema dell’omobitransfobia! … chiedere di pregare per le vittime di una violenza che tutti coloro che vogliono seguire Gesù sono chiamati a condannare!». In Italia, in quell’anno, si sono organizzate 14 veglie ecumeniche, nel 2025 saranno una cinquantina. A Firenze, sarà l’Arcivescovo Mons. Gherardo Gambelli a presiederla.
Abbiamo deciso di andare nelle periferie, come ci ha indicato Papa Francesco ed è il nostro compito come Azione cattolica, esattamente come si era fatto quasi 30 anni fa quando si era formato il gruppo dedicato alle persone separate e divorziate, in cui non si è mai messo in discussione il valore del matrimonio religioso, ma si sono dati spazi di accoglienza, confronto, formazione e preghiera.
Papa Francesco stesso, in un’intervista rilasciata ad Antonio Spataro nel 2013, disse: «L’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso». (…) «Dobbiamo annunciare il Vangelo su ogni strada, predicando la buona notizia del Regno e curando, anche con la nostra predicazione, ogni tipo di malattia e di ferita. (…) se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile».
Non rinunciamo alla Veglia di preghiera! Invitiamo chiunque a partecipare il 22 maggio 2025 alle 20.30 alla Chiesa Evangelica riformata in Viale Cattaneo 2 a Lugano. Restiamo centrati sull’obiettivo: pregare, accogliere delle persone! Non siamo «contro» nessuno, non portiamo avanti nessuna ideologia o idea politica. Preghiamo e apriamo le porte della Chiesa a «tutti, tutti, tutti» come ci ha chiamati a fare Papa Francesco.