La domenica

Lugano ritrova il suo castello

Riportata in vita grazie a un certosino lavoro di ricerca voluto dalla Città per celebrare il Rinascimento, la fortezza sforzesca sorprende, lascia di stucco e accende la fantasia
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
12.12.2021 07:30

Imponente. Maestoso. Solenne. Ecco com’era il castello sforzesco di Lugano. Riportato in vita grazie a un certosino lavoro di ricerca voluto dalla Città per celebrare il Rinascimento a Lugano. Una fortezza che sorprende, lascia di stucco e accende la fantasia. Anche se di fantastico c’è ben poco. «È una raffigurazione certamente di impatto ma non è fantasiosa, perché si basa su dati scientifici e sulle cronache dell’assedio al castello dell’epoca», dice Luigi Di Corato, direttore della Divisione cultura di Lugano. «La ricostruzione dell’aspetto presumibile del castello - afferma Marino Viganò, storico - si basa su scarsi documenti, sui resti di una torre tonda e di mura posti per breve tempo in luce durante gli scavi per la costruzione del Palazzo dei Congressi nel 1970-73 e sulla somiglianza deducibile con la Rocca nuova di Vigevano del 1496-97».

Anche Lugano ebbe dunque il suo castello sforzesco. Al pari di Bellinzona e naturalmente Milano, capitale del Ducato. Anche se per pochissimo tempo. Perché l’edificio fu eretto nel 1498 nell’area tra l’odierno Parco Ciani, Villa Ciani e il Palazzo dei Congressi per volere di Ludovico il Moro. Ma quando la Città finì sotto il dominio degli Svizzeri nel 1517 fu distrutto. Diciannove anni di esistenza. Diciannove anni di vicende travagliate per Lugano, all’epoca borgo di 1.500 abitanti. Perché passò da essere milanese a francese e infine svizzera. Pochi anni eppure importantissimi. Perché «è proprio in quel breve torno d’anni, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, che la nostra identità inizia ad assumere la sua vera consistenza, fatta di tradizione linguistica e figurativa lombarda e di cultura istituzionale elvetica», spiega Pietro Montorfani, responsabile dell’Archivio storico e dell’Ufficio patrimonio della Città di Lugano. «L’iniziativa Lugano nel Rinascimento - precisa Di Corato - è in realtà un insieme di iniziative storiche che da un lato hanno l’intenzione di fare ricerca e dall’altra di facilitare l’accesso a queste ricerche da parte del grande pubblico attraverso modalità anche nuove. La ricostruzione del castello perduto di Lugano si inserisce proprio in questo senso».

Abbattuto perché...

Imponente. Maestoso. Solenne. Eppure abbattuto. Ma perché? «Arduo ipotizzare una sorte diversa - riprende Viganò, che mercoledì 15 dicembre presenterà al pubblico il volume da lui curato assieme a Roberta Ramella «Lugano francese 1499-1512 » -. Gli svizzeri nel 1517 hanno smantellato tutte le rocche dell’area - specie Capolago, Morcote e appunto Lugano -, sì da levare ai francesi motivi per un riacquisto. Non fosse accaduto, credo comunque difficile che il castello potesse sopravvivere al 19. secolo: troppo ingombrante e prossimo al centro, è probabile che sarebbe stato abbattuto per lasciar spazio all’espansione dell’abitato luganese». Eppure le fortezze di Bellinzona e Milano sono arrivate fino a oggi. Ma «dal 1500, periodicamente, si affaccia il progetto dei III Cantoni sovrani di abbattere anche i castelli di Bellinzona - continua Viganò -. Si salvano, si direbbe, perché fuori del tessuto urbano. Pure del Castello sforzesco di Milano, per dire, nel 19. secolo rudere smozzicato, esistono proposte di demolizione. Se sussiste lo si deve all’architetto Luca Beltrami, il quale ha dedicato due decenni a ricostruirlo come reputava si presentasse nel 1450».

Un’epoca cruciale

Diciannove anni travagliati. Turbolenti. Che hanno nel castello perduto di Lugano il proprio simbolo. Un anno dopo essere stato costruito, Lugano con la conquista del Ducato di Milano da parte del re di Francia Luigi XII nell’estate del 1499 diventa francese e tale rimane fino alla cessione ai XII Cantoni confederati nel 1512. Passano solo cinque anni e la fortezza venne smantellata per ordine degli stessi confederati per scongiurare potenziali utilizzi contro di loro. «Tra la fine del dominio sforzesco e il chiudersi dell’epoca balivale - afferma Montorfani - si giocano i nostri destini ed è ragionevole ritornare ciclicamente a interrogarci su quegli snodi cruciali». Uno di questi è proprio il passaggio tra la dominazione milanese e quella svizzera. Un passaggio epocale. Sul quale la Città ha deciso di accendere i riflettori. Non soltanto con la rielaborazione del castello. Ma anche con pubblicazioni, mostre e conferenze. Sulla fortezza perduta. Ma anche, il prossimo anno, sul convento francescano di Santa Maria degli Angeli.

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