L'ultimo dei seggiolai

Nel suo laboratorio di Capolago Elvino Ren sta impagliando a mano una delle cinquanta sedie che gli sono state richieste per una scuola del cantonBerna. All’età di quasi 83 anni l’ultimo rimasto dei fratelli Ren (due sono morti, Umberto è andato in pensione tre anni fa) sta scrivendo i titoli di coda di un appassionante storia che da un paesino delle Dolomiti si propaga in Francia, approda a Vacallo, poi Viganello e infine Capolago, da dove conquista mezzo mondo, compresa la patria di Ikea. «Abbiamo venduto moltissime sedie in Svezia - racconta Elvino Ren -. Probabilmente sono ancora utilizzate, perché le nostre sono sedie che durano cent’anni».
Sono mobili d’altri tempi, che si distinguono dalla cultura dell’usa e getta che ha preso il sopravvento negli ultimi decenni. Le sedie dei fratelli Ren affondano le loro radici nella secolare tradizione dei «careghete», anche chiamati «conthe», i seggiolai ambulanti che dalla zona di Gosaldo, nelle Dolomiti, raggiungevano le pianure per guadagnarsi da vivere impagliando e riparando sedie.
Tre generazioni
«In paese tutti facevano questa attività - ricorda Elvino Ren -. Mio nonno andò in Francia, dove aprì una piccola fabbrica.Mio padre invece faceva l’ambulante insieme a mio zio e un amico. Giravano tra l’Italia e la Svizzera, ma poi tornavano sempre in paese.Un giorno però mio zio, un Coltamai, si fermò a Vacallo dove avviò un’attività che riscosse subito grande successo.Aveva bisogno di rinforzi.Fu così che arrivai in Ticino, insieme ai miei fratelli. Avevo 15 anni.Da allora non ho mai smesso di fare sedie».
Dopo il periodo a Vacallo, i fratelli Ren si spostarono a Viganello, in una fabbrica di sedie che si trovava vicino alla segheria Sacil. Finché, nel 1972, decisero di mettersi in proprio. Fu allora che costruirono lo stabile dove ancora oggi ogni giorno Elvino Ren confeziona con cura le sue pregiate sedie.
«L’attività andava alla grande - spiega -.C’erano giorni in cui guardavo la lista delle ordinazioni sulla mia scrivania e mi mettevo le mani nei capelli perché erano oggettivamente troppe. Dovemmo assumere diversi collaboratori. Per nostra fortuna proprio in quel periodo la fabbrica di Viganello chiuse i battenti, così che potemmo riprenderne il personale, tutti careghete che come noi arrivavano dalle Dolomiti».
Fu un periodo di fervente attività per la fabbrica dei fratelli Ren, che oltre alla sedie iniziò a produrre anche tavoli e vari mobili in legno massiccio. Allora in Svizzera non era ancora arrivata l’Ikea e specialmente Oltralpe veniva molto apprezzato lo stile rustico ticinese.
Il volano dell’Innovazione
«Un giorno, era il 1973, andai all’Innovazione di Vezia a consegnare alcune sedie che servivano per una rassegna ticinese - ricorda Elvino Ren -. Il caso volle che quel giorno fosse presente anche il direttore dell’Innovazione di Lugano, il signor Müller. Vide le mie sedie e venne a chiedermi se potevo proporgli sette modelli. Lo feci, lui li accolse con entusiasmo tutti e sette, li portò alla sede centrale di Manor e da allora iniziammo a produrre sedie per i grandi magazzini sparsi in tutta la Svizzera».
Un cliente di peso, Manor, ma non certo l’unico. «Rifornivamo tanti piccoli clienti, come per esempio i grotti - ricorda -, ma anche grandi gruppi come Mobili Pfister, che ci ordinava lotti di duecento o trecento sedie alla volta. Poi c’erano Globus e i grandi magazzini ABM, che vendeva le nostre sedie anche nelle sue filiali austriache. E poi c’erano anche clienti dall’estero, in particolare dalla Germania e, come dicevo prima, dalla Svezia».
In direzione di Stoccolma partivano perlopiù sedie semplici, grezze, non pitturate, in paglia normale.Sedie semplici nel loro aspetto ma non nella loro fabbricazione.«Per realizzare una sedia ci vogliono circa tre ore - spiega -. L’impagliatura richiede pazienza ed esperienza. Non è qualcosa che si impara a scuola, è un’arte che si tramanda di padre in figlio».
Da buon seggiolaio, anche Elvino Ren ha tramandato l’arte al figlio e l’ha mandato a studiare a Svitto, con l’idea che perfezionasse il tedesco e poi tornasse nell’azienda di famiglia. Ma lui, una volta perfezionato il tedesco, è finito in banca ed è tornato in Ticino da fiduciario. «Non ha più tempo per le sedie», commenta il padre.
Un’epoca che si chiude
Non è il solo. Non ci sono più giovani disposti a intraprendere la carriera del seggiolaio.Né in Ticino, né nelle Dolomiti. Le nuove generazioni sono cresciute con l’Ikea e guardano alle sedie in legno e paglia come a un oggetto da museo. Costano fatica e rendono troppo poco rispetto alle produzioni industriali su larga scala. «Nemmeno i falegnami costruiscono più a mano - afferma Elvino Ren -. Si limitano a comprare i pezzi e a montarli».
Nello spazio di una sola generazione si sta perdendo anche l’uso dello «scapelament dei conthe», un linguaggio in codice elaborato dai seggiolai per comunicare tra di loro senza essere capiti dai clienti. «Io lo parlo ancora solo con mio fratello e con alcuni ex colleghi -, spiega Elvino Ren -. Ce n’è uno che vive qui a Riva San Vitale, ha 86 anni, ha iniziato a lavorare come garzone di un seggiolaio che aveva 9 anni».
Altri tempi che si possono ancora respirare passeggiando all’interno dello spazio espositivo dei fratelliRen a Capolago. Ci sono sedie di ogni tipo, ma anche tavoli, credenze, comodini e altri mobili in legno massiccio che sembrano fatti per durare in eterno.
«Da qui escono solo mobili solidi e di qualità - spiega Elvino Ren -. Purtroppo la domanda è molto calata. I giovani guardano solo il prezzo. Abbiamo ancora qualche cliente in Svizzera tedesca, ma non è più come ai tempi d’oro», dice Elvino Ren prima di tornare a impagliare una delle sedie destinate alla scuola bernese. «Ora voglio terminare il lavoro che ci hanno chiesto i nostri fedeli clienti e andare anch’io in pensione. Quello che è fatto è fatto, ne sono fiero, possiamo chiudere quest’era