Salute

«Mai sottovalutare il mal di schiena»

Il dottor Aldo Sinigaglia di Ars Medica spiega i segreti di un problema comune
©Chiara Zocchetti
Mauro Spignesi
21.04.2024 06:00

C'è un numero - il 33 - che tanti hanno giocato al lotto del dolore. Quel numero rappresenta le ossa che compongono la colonna vertebrale, fondamentale perché sostiene il corpo umano. È una parte delicata dell’organismo e ogni anno, a livello nazionale, provoca seri fastidi a circa 1,4 milioni di persone. «I casi, lo abbiamo notato anche noi, sono lievemente in aumento. Una tendenza, questa, legata principalmente a due fattori», spiega il dottor Aldo Sinigaglia, chirurgo vertebrale del Centro colonna vertebrale del gruppo Ars Medica, con sede principale a Manno e ambulatorio a Muralto. «Dicevo - avverte ancora Sinigaglia - che ci sono due motivi che spiegano la crescita dei casi. Il primo è legato all’aspettativa di vita: oggi è più lunga rispetto al passato. Il secondo è invece collegato a una errata postura, o ad attività sportive intense. Inoltre, oggi abbiamo a disposizione una diagnostica più precisa che ci consente di individuare precocemente le patologie e intervenire per tempo».

Dall’ernia sino alle fratture

I disturbi alla colonna vertebrale sono parecchi. «Si va - spiega ancora Aldo Sinigaglia - dall’usura del disco, all’ernia del disco, allo squilibrio sagittale (patologia che riguarda la postura che spesso si associa alla scoliosi), poi ci sono le fratture vertebrali, le problematiche tumorali, la spondilolistesi (una patologia degenerativa e dolorosa che ha origine nello scivolamento delle vertebre), alla spondilolisi (una frattura della parte posteriore della vertebra, istmo)». Molti di questi disturbi si possono tenere sotto controllo con i farmaci, altri attraverso terapie mirate (come le infiltrazioni di antidolorifici o cortisone) e fisioterapia. In alcuni casi, invece, occorre prescrivere busti ortopedici. Bisogna aggiungere che l’ergoterapia oggi sta migliorando molto la qualità della vita di chi soffre di dolori alla schiena. Così come la ginnastica in acqua, «che noi facciamo fare ai nostri pazienti qui in Ticino». Nei casi più gravi bisogna intervenire chirurgicamente per stabilizzare la colonna. «Io - racconta Sinigaglia - provengo e mi sono formato nel reparto di Chirurgia vertebrale II IRCCS Galeazzi Milano, dove ho acquisito un’elevata specializzazione nel trattamento delle patologie del rachide con più di un decennio di esperienza come chirurgo vertebrale e circa 2.500 interventi. L’Istituto Galeazzi è stato riconosciuto da Eurospine, la società di Chirurgia vertebrale che certifica se vengono rispettate le linee guida scientifiche, come uno dei tredici centri di riferimento per la chirurgia vertebrale in Europa».

Una chirurgia complessa

Quella della colonna è una chirurgia complessa. «Recentemente - spiega ancora il chirurgo - all’Ars Medica abbiamo effettuato un complicato intervento su una donna di poco più di 60 anni che soffriva di scoliosi dell’adulto. Aveva un grave dolore cronico lombare e dorsale a cui si è affiancato un dolore irradiato agli arti inferiori». Questa patologia, oggi assai frequente, è caratterizzata dall’alterazione della normale forma della colonna. È una condizione acquisita, che si crea lentamente ed è tipica dell’età adulta; è causata dalla degenerazione dei dischi intervertebrali che negli anni si consumano, modificano la loro forma perdendo altezza e stabilità, «provocando lo scivolamento anomalo di una o più vertebre, in direzione sia laterale, anteriore e posteriore». A questo si associa l’artrosi delle articolazioni ed un ispessimento dei legamenti che nell’insieme causano una curva anomala della colonna vertebrale. «È una condizione - spiega il medico - che provoca disturbi seri: si cammina male e si prova debolezza alle gambe per il restringimento del canale spinale, si perde autonomia, il paziente è più sedentario e cade in uno stato ansioso-depressivo. La letteratura scientifica ha inoltre evidenziato che queste gravi deformità implicano una diminuzione dell’aspettativa di vita alterando la normale funzionalità degli organi del torace e dell’addome».

I diversi trattamenti

Nelle fasi iniziali il trattamento di questi casi è conservativo e prevede fisioterapia, ginnastica in palestra o a casa e ginnastica praticata in acqua sotto assistenza specialistica in piscine dedicate, poi servono farmaci e infiltrazioni mirate. «Nel caso della donna - spiega Sinigaglia - era necessario l’intervento chirurgico che abbiamo eseguito a quattro mani con il collega neurochirurgo dottor Matteo Pejrona ed è consistito nella correzione della deformità attraverso l’artodesi, ossia la fusione di una o più vertebre. Nello specifico questo tipo di intervento consiste nel posizionamento di viti peduncolari in titanio nei corpi vertebrali, nella rimozione di osso in punti strategici (osteotomie) e nel posizionamento di barre modellate con estrema precisione dal chirurgo e fissate alle viti con dadi autobloccanti in modo da garantire una sufficiente stabilità primaria e di adattarsi perfettamente alle curve fisiologiche, ideali per il paziente e in assoluta armonia con i restanti segmenti scheletrici». Il tutto per 20 giorni di ricovero e due mesi di riabilitazione per tornare progressivamente alla normalità.

Cure, fisioterapia e farmaci

I materiali moderni sono oggi estremamente biocompatibili e le tecniche chirurgiche che si affidano a metodiche innovative permettono un’elevata accuratezza che si traduce in un miglior risultato con una diminuzione del rischio di complicanze per il paziente. «Bisogna precisare che ci sono due tipi di scoliosi. Le prime si chiamano ideopatiche, deformità di cui raramente si conosce la causa e che compaiono sin dalla prima età. In alcuni casi la deformità è lieve e si arresta nelle fasi iniziali mentre in altre forme evolutive progredisce e c’è bisogno di fisioterapia e ortesi fino ad arrivare quando l’angolo di scoliosi supera i 40 gradi a cure invasive». Poi c’è la scoliosi dell’adulto come quella trattata all’Ars Medica, che insorge, come accennato, con l’età quando i dischi invertebrali, gli ammortizzatori naturali tra una vertebra e l’altra, si consumato in maniera assimetrica e non svolgono più completamente il loro compito. «Nella mia pratica quotidiana - conclude Aldo Sinigaglia - tratto le patologie che interessano la colonna vertebrale, i traumi spinali, le deformità del rachide come cifosi o scoliosi, spondilolistesi, stenosi del canale, discopatie degenerative, tumori metastatici delle vertebre, infezioni, instabilità segmentarie della colonna ed interventi chirurgici di revisione complessa. Devo dire che ho sempre sposato la filosofia del lavoro di equipe e del confronto continuo con i colleghi delle varie specialità coinvolte nonché fisioterapisti, infermieri e strumentisti così da ottenere il miglior risultato per ogni paziente».

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