Sanità

Medici che si dimettono (con polemica)

Malcontento all'EOC «troppo accademico»: tra tanti neo-assunti c'è chi fa le valigie
© CdT / Gabriele Putzu
Davide Illarietti
14.01.2024 13:00

Qualcosa bolle nella pentola dell’Ente ospedaliero. Tanto che rischia - per quanto ben sigillata - di assomigliare sempre più a una pentola a pressione. Nell’anno appena concluso il «piatto forte» è stato senz’altro l’ospedale universitario: dopo una lunga incubazione l’annuncio - a settembre - del riconoscimento federale ha inaugurato quello che, per molti versi, è ancora un cantiere. All’Ente sono iniziati ad arrivare nuovi medici. Ma altri, nel frattempo, se ne sono anche andati. A volte sbattendo la porta.

Che il progetto accademico non sarebbe stata una «rivoluzione» indolore se lo aspettavano in molti, probabilmente anche la direzione dell’EOC. «È chiaro - si dice all’interno dell’Ente - che un progetto del genere impatta tutti i livelli dell’organizzazione e prevede una riconfigurazione di molti servizi». La priorità all’assunzione di profili accademici, soprattutto in ruoli dirigenziali, si è imposta a scapito - in alcuni casi - delle esigenze del personale storico.

Lo sfogo di chi ha lasciato

La conferma sono le partenze di alcuni medici e viceprimari di lungo corso, avvenute negli ultimi mesi. «Non è stata una decisione presa a cuor leggero», assicura uno di loro, che dopo una carriera pluriennale nell’Ente ha annunciato le dimissioni in polemica con un nuovo primario. «Era diventata una situazione insopportabile, la sensazione era di esser stato messo da parte». Oggi il professionista lavora in una clinica privata «con piena soddisfazione mia e dei pazienti» ma guarda con occhio critico a quello che succede nella sanità pubblica. «Si è deciso di dare precedenza a figure che nel loro percorso si sono concentrate quasi esclusivamente sulla ricerca. Dal punto di vista delle cure questo non è garanzia di un miglioramento, tutt’altro».

La controprova sarebbe la scelta di diversi pazienti, che avrebbero seguito gli specialisti su consiglio - sembra - dei medici di base. Questo in più reparti: chirurgia, oncologia, ginecologia, urologia. «È assolutamente normale, i pazienti e ancor più i medici curanti si basano su rapporti di fiducia costruiti negli anni. I titoli di studio per quanto altisonanti non bastano a sostituirli», polemizza un altro specialista, anche lui dimessosi di recente in disaccordo con la piega accademica seguita dal proprio reparto. «Non sono l’unico. Ci sono medici validissimi e rispettati, che hanno trascurato magari la ricerca ma si sono fatti valere in corsia, e si sono visti scavalcati da professori spesso reperiti oltre confine. Con tutto il rispetto, non è piacevole». Quando è arrivata la proposta di una clinica privata, anche in questo caso, il medico ha colto la palla al balzo. «Dispiace, ma non vedevo altre prospettive».

Arrivi in aumento

Che nel settore sanitario ci sia un certo viavai, nessuno lo nega. In qualche misura è un fenomeno normale, sottolineano le stesse cliniche private. Guai se così non fosse. «Da sempre la sanità privata e quella pubblica coesistono, caratterizzando il nostro sistema sanitario e garantendo la qualità delle prestazioni» osserva ad esempio Fabio Rezzonico, direttore generale regionale per il Ticino di Swiss Medical Network (il gruppo proprietario della clinica Sant’Anna di Sorengo e dell’Ars Medica di Gravesano). «Avere dei medici che passano da un settore all’altro non è qualcosa di eccezionale, ma proprio come il paziente, anche il medico o l’infermiere gode della possibilità di scegliere liberamente dove esercitare la propria pratica».

Il progetto universitario ha senz’altro rimescolato le carte. E può avere aumentato - tra gli altri effetti - la mobilità professionale. Ma un fuggi-fuggi generale dalla sanità pubblica a quella privata non si è ancora visto e difficilmente per molti ci sarà. Anzi, spostando il punto d’osservazione, il flusso registrato dai vertici dell’Ente Ospedaliero è stato all’incontrario. «Negli ultimi dodici mesi nel complesso il trend che abbiamo visto è stato inverso», spiega il direttore generale dell’EOC Glauco Martinetti che, al netto delle partenze verso il settore privato, constata in realtà «un bilancio positivo» e un «un aumento degli arrivi di medici dal privato ticinese, anche in posizioni apicali».

«Fenomeno normale»

Una cosa non esclude l’altra, del resto. Il malcontento della «vecchia guardia» o di parte di essa, anzi, si spiegherebbe proprio con i nuovi arrivi - o parte di essi - in ruoli chiave come quelli di primario o viceprimario. A fronte delle nuove assunzioni, però, gli abbandoni non sembrano preoccupare troppo i vertici dell’Ente. La partenza di medici anche con esperienza fa parte del gioco, sottolinea Martinetti, anche considerando che l’EOC «è l'unico polo formativo riconosciuto in Ticino per quanto riguarda le professioni mediche». I medici assistenti formati ogni anno dall’Ente - che l’anno scorso ha raggiunto quota 6.600 dipendenti - sono oltre 400 all’anno. Spesso, sottolinea la direzione, il loro sbocco professionale sono altre strutture sanitarie in Ticino o anche oltre Gottardo. «In questo senso un flusso di medici formati dall’ente verso cliniche private è inevitabile», conclude Martinetti. E a maggior ragione aumenterà quando il progetto dell’ospedale universitario - polemiche o non polemiche - sarà arrivato a pieno regime.

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