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«Mezzi di trasporto gratuiti? Sarebbe diseducativo»

Intervista a Claudio Zali sul potenziamento dei trasporti pubblici e il relativo contributo finanziario da parte dello Stato: «Per il futuro, a farmi ben sperare è il cambiamento culturale in atto tra le nuove generazioni»
©Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
19.11.2023 13:31

Dopo il record dello scorso anno - in cui in Ticino i treni hanno trasportato circa 55.000 persone al giorno e i bus più di 88.000 - il direttore del Dipartimento del Territorio Claudio Zali preannuncia per il 2023 un nuovo forte aumento dei passeggeri sui trasporti pubblici. Ma è pur vero che il fenomeno non riguarda tutte le linee. Alcune, nelle zone più discoste, restano dei «rami secchi».

Onorevole Zali, come reagisce quando vede che certe linee non si finanziano nemmeno al 5%?
«Non è una sorpresa. Il servizio di trasporto pubblico è per sua natura deficitario. Garantire gli standard di sicurezza e modernità ha dei costi elevati e non vi è altra possibilità di coprirli se non quella di far partecipare anche chi non usa i trasporti pubblici. A meno di aumentare le tariffe a un livello non sopportabile, ciò che non è immaginabile visto che già oggi vengono percepite come care».

Su certe tratte poco frequentate non sarebbe più conveniente offrire un servizio taxi?
«Queste linee sono tendenzialmente appannaggio di Autopostale, di cui siamo tra i migliori clienti a livello svizzero. È chiaro che anche per loro certe situazioni sono frustranti. Anche loro stanno facendo delle valutazioni per introdurre dei servizi su chiamata, più flessibili, che coprano comunque queste esigenze limitate ma riducano un po’ la pillola».

Trasporti pubblici gratuiti? Sarebbe diseducativo

Oppure, a questo punto, tanto varrebbe dare seguito alla richiesta della sinistra di rendere gratuiti i trasporti pubblici.
«Ottenere una giusta retribuzione dagli utenti è anche una questione di rispetto verso gli altri cittadini che pagano per i trasporti pubblici senza usarli. Troverei davvero diseducativo se tutto fosse gratuito in questo Stato. Non sarebbe un buon modo di valorizzare i servizi».

Il potenziamento del trasporto pubblico costa oltre 100 milioni l’anno. Verrà confermato in toto?
«Per il trasporto pubblico abbiamo bisogno di crediti quadro molto ingenti che vengono accordati dal Gran Consiglio per un periodo quadriennale. È evidente che non siamo più in un periodo in cui possiamo pensare di avere una crescita infinita. Confido che il costante aumento dell’utenza contribuirà alla riduzione delle indennità versate dagli enti pubblici, ma comunque ci vorrà una grande oculatezza nell’impegnare le risorse e valutare dove si può essere più efficaci».

Vuol dire che alcune linee saranno tagliate?
«Qualche ritocco c’è già stato senza tuttavia rispecchiarsi in una graduale diminuzione dell’offerta. La situazione viene valutata costantemente. Ci sarà senz’altro qualche riduzione sulle corse con meno di 3 passeggeri».

Come mai l’aumento dell’utenza dei trasporti pubblici non si traduce in una riduzione del traffico stradale?
«Perché la domanda di mobilità è in crescita costante. Si pensi solo all’aumento dei frontalieri, tutti adulti che devono entrare qui ogni giorno. La domanda di mobilità aumenta, tuttavia le cifre indicano che dal 2017 la situazione del traffico non è peggiorata. Questo è già positivo, perché vuol dire che il trasporto pubblico riesce ad assorbire buona parte dell’aumento di domanda. E il suo potenziale è ancora lungi dall’essere espresso».

Per il futuro, a farmi ben sperare è il cambiamento culturale in atto tra le nuove generazioni, che non sono più così legate all’automobile come lo eravamo noi da giovani

Prevede un ulteriore aumento dell’utenza?
«Già il 2023 sarà un anno da record, le cifre sono nettamente migliori dell’anno scorso. Per il futuro, a farmi ben sperare è il cambiamento culturale in atto tra le nuove generazioni, che non sono più così legate all’automobile come lo eravamo noi da giovani».

L’automobile non è più importante?
«È che oggi io vedo persone che per andare da Giubiasco a Bellinzona si immettono nella colonna ferma, pur sapendo che impiegheranno molto più che in bicicletta. A Lugano c’è gente che prende l’auto per andare al bar dietro l’angolo e se potesse la posteggerebbe in vetrina. Ma il rapporto con l’automobile sta cambiando. Per le nuove generazioni non ha più quel significato di libertà, emancipazione ed emozioni che ha avuto anche per me. Non è più così. Oggi si compra un servizio. Magari domani le auto guideranno da sole e non saremo neanche più proprietari del veicolo ma il telefonino ci dirà dove trovarne uno».

Lei crede che oggi in Ticino sia già possibile vivere senza un’automobile?
«Dipende dalle scelte di vita. Oggi abbiamo un marcato pendolarismo di persone che vivono nel Mendrisiotto e lavorano a Bellinzona o viceversa, che accettano di fare ogni giorno decine e decine di chilometri perché sono affezionate ai propri luoghi e non vogliono cambiare casa. Forse i giovani sono più flessibili da questo punto di vista, si avvicinano più facilmente al posto di lavoro».

Quindi è ottimista per il futuro della mobilità?
«Non ho la sfera di cristallo ma un cambiamento culturale è sicuramente già in atto e questo mi permette di guardare al futuro con fiducia».

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