Salute

Nella Babele della scienza

Storie e percorsi dei ricercatori dell'Irb, venuti a Bellinzona da 24 Paesi
Uno scorcio sui laboratori dell'IRB a Bellinzona © CdT/Gabriele Putzu
Prisca Dindo
17.09.2023 06:00

Vengono dai quattro angoli del pianeta e alle spalle hanno percorsi accademici ragguardevoli. Tao è nato in una regione non tanto distante da Pechino, la grande capitale della Cina che conta ventun milioni e mezzo di abitanti. Julia viene invece dalla Germania ma ha pure vissuto per diversi anni a Bruxelles. Lisbona è la città dove è cresciuta Daniela mentre l’Iran e l’India sono le due nazioni che hanno dato i natali a Hanif e Ananya.

Oggi questi giovani, la cui età oscilla tra i 25 e i 35 anni, vivono, studiano e lavorano a Bellinzona: sono cinque dei centocinquantacinque collaboratori - tra ricercatori, dottorandi e impiegati - dell’Irb, l’istituto di ricerche in Biomedicina affiliato all’Università della Svizzera italiana.

Il mondo è di casa nella Capitale

Li incontriamo nella nuova sede dell’istituto in via Francesco Chiesa 5, durante una pausa pranzo di una bella giornata di sole. Al nostro arrivo la caffetteria pullula di gente.

Aggirandoci tra i tavoli capiamo al volo che il mondo è ormai di casa nella Capitale. Nella sala rimbomba una babele mai sentita alle nostre latitudini. Riconosciamo alcune lingue, altre ci sembrano «ostrogoto». «Per comunicare tra di noi utilizziamo comunque l’inglese» puntualizza sorridente Andrea Nava.

Daniela Vaquerinho
Daniela Vaquerinho

Le statistiche che ci consegna il responsabile della comunicazione dell’Irb sono eloquenti. Le nazionalità dei collaboratori presenti oggi sono ben ventiquattro. Albania, Brasile, Norvegia, Siria, Stati Uniti, Polonia, Romania, Filippine. «I Paesi maggiormente rappresentati - spiega Nava - sono l’Italia, l’India, la Svizzera e la Germania».

Una competizione serrata

Di giorno in giorno l’Irb acquista prestigio nel mondo scientifico. Dotttorandi e ricercatori sgomitano per aggiudicarsi un posto nei moderni laboratori dell’istituto. La competizione tra i candidati è serrata: in media, su dieci che concorrono, due sono assunti.

Fondato nel 2000 con l’obiettivo di far progredire lo studio dell’immunologia umana, l’Irb oggi vanta una vasta rete internazionale di collaborazioni. I suoi tredici gruppi di ricerca vanno ora oltre l’immunologia ed includono campi di ricerca quali la riparazione del DNA, le malattie rare, la biologia strutturale e quella cellulare.

Di recente l’Irb ha siglato un accordo con la Rockefeller University, il prestigioso ateneo newyorkese. La collaborazione si concentrerà sulle malattie infettive a rischio epidemico trasmesse o per via respiratoria (come l’influenza e il coronavirus), oppure tramite insetti (zanzare e zecche). L’istituto bellinzonese fornisce pure programmi di dottorato che permettono agli studenti di svolgere il loro lavoro presso uno dei suoi laboratori. Voci di corridoio dicono che l’istituto bellinzonese vanta, in proporzione, più pubblicazioni scientifiche degli Eth, i politecnici federali. Insomma, qui c’è soltanto la «crème de la crème» della ricerca. Hanif, Ananya, Tao, Julia e Daniela fanno parte di questa eccellenza.

«Qui mi sono sentito subito a casa»

«È stato proprio il mio curricolo accademico a portarmi qui. Dai motori di ricerca spuntò il nome di questo istituto di ricerca che non conoscevo in precedenza. Siccome i miei studi ruotavano attorno al campo dell’immunologia, tentai il colpo e mi presero», racconta la trentatreenne dottoranda Julia, la quale vive a Bellinzona ormai da 3 anni, dopo una formazione di ricerca in Spagna e a Burxelles.

Julia Neumann
Julia Neumann

Il suo primo giorno nella Capitale se lo ricorda come se fosse ieri. «Bellinzona mi sembrò subito accogliente! Mi ricordo che eravamo nel bel mezzo della pandemia ed era luglio. Io mi aspettavo di trovare un bel fresco in Svizzera invece si moriva dal caldo! Quando vidi le palme nei giardini chiamai i miei genitori e dissi: questa città si trova nei tropici, non nel paese delle montagne e della neve!». A Julia piacciono soprattutto le dimensioni della cittadina «Tutto è a portata di mano». Quando si trovava a Bruxelles impiegava ore per raggiungere il suo posto di lavoro «mentre adesso salto sulla mia bici e in cinque minuti arrivo all’ Irb».

Bellinzona? L’avevo vista soltanto in fotografia

Una sensazione molto simile a quella di Tao, 34 anni, giunto a Bellinzona come ricercatore post-dottorato e divenuto ora ricercatore specializzato nel laboratorio di immunologia e malattie infettive del professor Davide Robbiani. Lui la capitale l’aveva vista soltanto una volta in fotografia e alle spalle aveva un vissuto in una città da milioni di abitanti. Due anni fa scelse di uscire per la prima volta dalla Cina e di venire in Svizzera, paese dove il suo mentore di dottorato lavorava già come ricercatore.

Tao Gong
Tao Gong

«Certo, per me sarebbe stato molto più facile restare in Cina ma io volevo fare esperienza in un altro paese, perché spesso i cambiamenti ti permettono di migliorare la carriera». Dopo aver finito il dottorato, Tao si candidò all’Irb e venne subito scelto. Così salì sull’aereo e raggiunse Bellinzona per continuare la sua ricerca nei laboratori dell’istituto.

«Quando arrivai alla stazione mi resi subito conto di quanto fosse diversa questa città da quelle cinesi. Qui i palazzi sono alti al massimo dieci piani, mentre da noi cammini con il naso all’insù perché ci sono soltanto grattacieli. A Bellinzona la natura è rigogliosa, ci sono tante piante, tanto verde... E così poca gente!» annota sorridendo il ricercatore, il quale non sa se resterà a lungo «prima devo finire il mio lavoro poi penserò al mio futuro».

Una vita sociale che ruota attorno all’Irb

Tutte le conoscenze di Tao ruotano attorno all’Irb. «Per me è difficile entrare in contatto con gente locale - annota - perché oltre al cinese parlo solo l’inglese, non l’italiano». Malgrado ciò il ricercatore non manca mai l’appuntamento con il tradizionale mercato del sabato. «Dico Ciao, grazie… e compro il famoso pollo arrosto» racconta.

Anche la vita sociale di Julia ruota attorno all’istituto. «In questi tre anni non ho avuto modo di conoscere bellinzonesi - spiega la ricercatrice tedesca - per noi non è semplice fare amicizie visto che la maggior parte del nostro tempo lo passiamo qui, nella nostra grande comunità internazionale; inoltre i due anni di pandemia non hanno aiutato a fare nuove conoscenze con i ticinesi, pure loro erano spesso chiusi in casa come noi».

Più facilitata dalla sua lingua madre nel relazionarsi con noi ticinesi dovrebbe essere Daniela, 30 anni, portoghese. Cinque anni fa arrivò all’istituto per il suo dottorato, che ora ha completato. Tuttavia, pur frequentando ristoranti e bar della zona, Daniela conosce pochi ticinesi: le sue amicizie sono legate al mondo della ricerca. «Non so se rimarrò a Bellinzona per tutta la vita - ci confida - ma devo ammettere che qui mi sento davvero a casa perciò intendo migliorare il mio italiano».

«Chiederò la cittadinanza svizzera»

Chi non sembra avere problemi di comunicazione è Hanif, 35 anni, scienziato di altissimo livello nato a Teheran. L’italiano di questo giovane iraniano è quasi perfetto. «L’ho imparato quando lavoravo a Singapore, dove c’erano molti ricercatori italiani». Spiega. In questi cinque anni e mezzo all’Irb, Hanif ha stretto molte amicizie, sia all’interno sia all’esterno dell’istituto. «Merito della lingua, è ovvio, l’italiano mi ha permesso di conoscere persone anche al di fuori dei laboratori», racconta il giovane, il quale ha diverse pubblicazioni alle spalle, esattamente come la gran parte del quintetto. «Cosa farò in futuro? - dice con il suo sorriso disarmante - Starò qui! Anzi un giorno avvierò le pratiche per chiedere la cittadinanza svizzera!»

Hanif Javanmard Khameneh
Hanif Javanmard Khameneh

La ricerca e la politica di immigrazione

Compito dell’istituto, fornire tutto il supporto necessario ad ogni ricercatrice e ricercatore in arrivo a Bellinzona. «Anche solo nelle piccole cose, come spiegare che da noi i negozi non sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro come in India o in Brasile» spiega Andrea Nava. Da due anni e mezzo i collaboratori possono imparare l’italiano attraverso corsi on line promossi in collaborazione con l’Usi, l’università della Svizzera italiana. Un servizio molto apprezzato dall’indiana Ananya, pure lei ricercatrice post-dottorato presso l’Irb. Lei abita e studia a Bellinzona da cinque anni ed è entusiasta della città. «È perfetta per me!» dice. Unico neo per la giovane indiana è il funzionamento della nostra burocrazia. «A volte faccio davvero fatica a capirla» dice.

Non solo. La ricerca deve fare i conti con la politica svizzera in materia di immigrazione. I ricercatori e le ricercatrici dell’Unione europea che necessitano di un permesso di lavoro sono più facilitati rispetto ai loro colleghi che provengono da paesi Terzi, per i quali è previsto un contingente.

Ananya Akahria
Ananya Akahria
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