A confronto

Nella tana dell'orso

Le vite parallele di Carlo Ortelli e Ivan Veglia: allievo e maestro, docenti e colleghi
© CdT/Gabriele Putzu
Marco Ortelli
04.06.2023 12:15

Abbiamo introdotto Carlo «Cao» Ortelli nella tana dell’orso bernese, la casa di quell’Ivan Veglia che dal 16 febbraio 1958 (anno di nascita di Cao) tifa Young Boys. Da quando cioè è stato folgorato dai colori gialloneri in occasione di una sfida contro la capolista Chiasso allo stadio Comacini. Fino a quel giorno simpatizzante del Locarno, quella domenica la svolta, che lo ha portato in 65 anni di onorata carriera di tifoso giallonero a seguire la squadra della capitale in tutte le forme, al Wankdorf, negli stadi svizzeri ed europei, nei ritiri precampionato, lunedì scorso a celebrare il titolo svizzero e oggi ancora aBerna per il «derby» contro il Lugano, al quale assisterà dal Sektor C8

Carlo Ortelli, il cui imprinting con l’FC Lugano risale agli Sessanta, cresciuto a pane, burro, Prosperi, Luttrop, Pullica, Coduri, Indemini, Brenna, Gottardi, Signorelli, Lusenti, Chiesa... presente sugli spalti del Wankdorf nel ‘68 e che oggi siederà sulla panchina del Lugano accanto, meglio, dietro al «Croci», così interpreta il fatto che un luganese doc come Veglia abbia potuto imboccare la strada «sbagliata» fino a «ridursi» a tifare Young Boys. «In un certo momento vedi dei colori e giocatori che ti colpiscono, cominci a seguirli, finché diventi automaticamente un appassionati diquella squadra».  

Il primo incontro 

Nella stagione sportiva e scolastica 1964-65 avviene il primo incontro dei due sportivi. Carlo Ortelli è un bambino di 7 anni e frequenta la seconda elementare nelle Scuole comunali in via Pretorio a Lugano, poi demolite per lasciare spazio al boom economico. Ivan Veglia, un tirocinante della Scuola Magistrale che per tre settimane deve fare pratica nella classe del maestro Flavio Perseghini. Quale fu l’impatto? Carlo Ortelli: «Simpatico. Allora andavano di moda le gare con le tabelline e anche lui, che sapevamo sarebbe rimasto per poche settimane, aveva dato continuità a queste gare. Non scoprii ancora la sua passione per i colori gialloneri perché non aveva dato segnali in tal senso». Ivan Veglia ricorda invece di aver trovato una classe di bambini «ben allenati, il maestro Perseghini era un ottimo... allenatore». 

Venticinque anni dopo

Scuola elementare del Comune di Collina d’Oro a Montagnola. Entrambi docenti, è in questo periodo che il maestro e allenatore Cao comincia ad avere il «sospetto» che il collega Ivan sia uno «sfegatato» tifoso dell’YB. «Durante le ricreazioni non si parlava che di calcio facendo i resoconti delle partite del weekend. Del Lugano, della Serie A… con Ivan che faceva con insistenza riferimenti allo Young Boys. Per finire aveva rivelato la sua passione. Tra l’altro non era raro vederlo arrivare a scuola con una t-shirt giallonera dell’YB. Abbiamo poi continuato a commentare le partite, con rispetto ma anche con ironica rivalità». «Una volta – prosegue Veglia – mi mandò una fotografia scattata a Lucerna quando i talenti E del Lugano sconfissero i pari età dello Young Boys in una finale di Coppa Svizzera. L’unica volta che hanno vinto, del resto... (sorride, ndr)». Una squadra E del Lugano in cui militava anche un certo Matteo Vanetta, anni dopo diventato assistente... dell’YB e allenatore ad interim della prima squadra lo scorso anno. Tra gli aneddoti di allora, Cao rievoca i 50 anni di Ivan. «Contattammo lo shop del club bernese e gli facemmo recapitare 50 pacchetti regalo, penso che abbiamo svuotato il negozio». Ivan Veglia dal canto suo si rese presto conto della «metodicità» di Carlo: «Ogni tanto cercavo di rapirlo per andare a pranzo a mezzogiorno. Impresa quasi impossibile, perché perlopiù lui se ne stava in aula a preparare allenamenti, schemi... Quanti classeur avevi? Li ho visti accumularsi anno dopo anno». 

Duello al sole

4 giugno 2023. Carlo Ortelli e Ivan Veglia al Wankdorf nella versione di «acerrimi» rivali. Il fan nel Sektor C8. L’assistente in panchina. Come vede il Lugano il tifoso? «Eh, difende bene, poi nelle ripartenze sono micidiali, soprattutto se da noi gioca qualche anziano». Il riferimento è a Lustenberger. «Contro i bianconeri fa fatica. Vedo che speri che giochi lui…». «Non dico niente» replica il tecnico. Sullo Young Boys l’allenatore ha le idee chiare: «Faccio solo una considerazione. Quando una squadra conclude una stagione con 16 e 17 punti sulla seconda e la terza cosa puoi aggiungere? È completa in tutti i reparti, ben organizzata. Oltre ad essere generalmente forti, lo sono anche fisicamente. E non badano a difendersi…». Veglia allora, per spaventare il rivale, estrae dal cilindro la cosiddetta Viertelstunde. «Viertelstunde?». «Sì, gli ultimi 15 minuti delle partite durante i quali l’YB è travolgente». 

Entrambi hanno vissuto diverse finali. Carlo Ortelli, come detto la prima l’ha vista nel ’68: «La ricordo molto bene. Un’emozione incredibile. Mi chiedevo cosa volesse dire arrivare a giocare a quei livelli. Poi l’anno scorso mi sono ritrovato a Berna. Una partita che riesce a trasmetterti emozioni positive che ti danno una carica impressionante». Ivan Veglia di finali ne ha viste parecchie. «Nel 1977, vinta dopo 20 anni di astinenza contro il San Gallo 1-0, rete di Andersen. Dieci anni dopo, 4-2 contro il Servette. Nel 2020, 1-0 contro il Basilea (con 80 spettatori). Ne ho perse anche 6, l’ultima nel 2018, 1-2 contro lo Zurigo, con Marchesano che ci ha castigato». Beh, osserviamo, è abituato alle sconfitte in finale, perdendo dal Lugano saprebbe cosa vuol dire… «No! Contro il Lugano no!», risponde categorico il tifoso del Sektor C8.

Am Ende un po’ di pretattica. Se l’odierna formazione del Lugano rimane - per ovvi motivi - celata, i duellanti accennano all’11 titolare dello Young Boys. «Cosa dici Ivan, la squadra che ha giocato l’ultima in casa col Winterthur potrebbe essere quella titolare?». «Penso che Camara ci sarà - osserva Veglia -, quindi Keller in porta, Blum, uno tra Camara-Amenda-Lustenberger, Zesiger, Garcia, Lauper, Rieder, Fassnacht, Ugrinic, Nsame, Elia, a seguire Monteiro, Imeri, Rrudhani…». Fermiamoci qui.