Parcheggi privati, una battaglia sbagliata e inutile
La campagna in vista delle elezioni di aprile si sta scaldando e gli spunti per scrivere della città si moltiplicano: non sono né potrebbero essere tutti interessanti – alcuni, anzi, dichiarano senza nemmeno troppi imbarazzi la loro opportunistica, scontata matrice politichese – ma non per questo non meritano qualche riflessione. Tanto per fare un esempio mi riprometto allora di tornare a breve sull’eterno dibattito delle sinergie tra pubblico e privato, non fosse che per puntualizzare un paio di… non detti a proposito dello stadio. Che, a scanso di equivoci, non è il PSE.
Ma per questo ci saranno altre occasioni. Più urgente, e soprattutto fastidiosa, sembrerebbe invece la questione dello schiaffo che il Municipio ha ricevuto in settimana dal Consiglio Comunale in merito alla proposta di modifica della regolamentazione sui posteggi privati. È ovvio che a meno di due mesi dal confronto diretto con la cittadinanza qualsiasi esecutivo avrebbe incassato il verdetto contrario – peraltro piuttosto netto – con evidente amarezza. Se non addirittura con una certa dose di malcelata irritazione.
Il problema, tuttavia, non è certo quello delle reazioni un po’ stizzite che hanno accompagnato la sonora bocciatura: al cittadino, infatti, interessa di più capire il concetto di fondo su cui verteva l’oggetto in consultazione. E qui, ancora una volta, sorge il legittimo dubbio che la crescente insofferenza popolare sulla mobilità urbana – che ha ormai trasformato questa problematica in un vero e proprio mantra cui chiunque aspiri a una poltrona in piazza della Riforma non può non dedicare tempo e parole – sia diventata il terreno fertile dove provare a far germogliare idee e sperimentazioni sensate.
E allora succede che anche quella di liberare i futuri progetti immobiliari dal vincolo di realizzazione di parcheggi annessi alla costruzione – iniziativa più che condivisibile e persino lungimirante a livello economico e pianificatorio, che dovrebbe sgravare i futuri acquirenti e inquilini almeno di una parte del costo comunque significativo sostenuto oggi dal promotore – viene trasformata per magia in una misura a favore della mobilità sostenibile. Su quali basi non è dato a sapere. Di sicuro, il provvedimento non va al cuore del problema: se è vero, come è stato affermato dagli specialisti nella recente serata dedicata al traffico luganese, che ogni giorno la città genera 260.000 movimenti di veicoli in entrata e in uscita di cui “solo” 60.000 per spostamenti interni non ci si può non domandare quale potrebbe essere l’impatto reale o l’effetto deterrente del contenimento degli spazi di parcheggio dei residenti.
Per esperienza diretta so che chi vive in quella che è l’area sempre più soffocata dalla circolazione (centro, Molino Nuovo, Besso, Loreto, Viganello e Cassarate) utilizza la vettura il meno possibile. Il problema di Lugano è il transito: qualunque altro approccio che non tenga conto di questo dato di fatto, seppur lodevole nelle intenzioni, è fuorviante e inutile.
Provate a contare i passaggi sul ponte del Diavolo in un senso e nell’altro: io l’ho fatto e ho calcolato in modo del tutto empirico un rapporto di 5 a 1 circa tra le targhe locali ed estere. Qualcuno mi spiega come un minor numero di posteggi per chi sceglie di vivere in città potrà mai modificare questa situazione? E cosa c’entra in questa battaglia di retrovia l’irrisolta questione della gratuità degli spazi dedicati alle moto? La volontà di agire è sempre apprezzabile, anche al netto degli immancabili e persino preziosi stimoli preelettorali, ma a patto di centrare il bersaglio.