La storia

Parkinson, la speranza dopo la diagnosi

La storia di Stefano Ghidotti, che si allena per sconfiggere la malattia: «Ho trasformato la sfiga in sfida»
Prisca Dindo
21.04.2024 20:30

Il Parkinson, che in Svizzera colpisce 15 mila persone, ci porta via tante cose. Il movimento, la parola, il respiro, il sonno. Ma non le emozioni, che dobbiamo sempre coltivare. Se però diamo spazio soltanto ai pensieri negativi e alla paura, «lui» diventa ancor più cattivo. il Parkinson è un animale potente, come un toro. Per contrastarlo, o addirittura batterlo, bisogna prenderlo per le corna e fronteggiarlo con la mente e il corpo ben allenati; dobbiamo essere padroni del nostro corpo».

Stefano Ghidotti è «un malato di sport e di Parkinson» come si definisce lui. Era il 2017 quando l’ex odontotecnico oggi 62.enne di Palazzolo sull’Oglio ricevette la diagnosi della malattia. All’inizio sembrava una depressione, perché aveva sempre il morale a terra. Quando comparvero i tremolii, capì al volo di cosa si trattasse: pochi anni prima aveva visto gli stessi sintomi in suo papà, ammalatosi di Parkinson.

Decise di «trasformare la sfiga in sfida» come racconta quando lo raggiungiamo telefonicamente. Invece di lasciarsi andare, Stefano Ghidotti praticò ancora più sport di quello che avevo sempre fatto in tutta la sua vita. Parallelamente alle terapie farmacologiche, continuò con il Triathlon. Lo fece con tenacia, malgrado i dubbi di chi gli sconsigliava un’ attività fisica così intensa.

Le conferme scientifiche

«Invece ho da subito deciso che dovevo essere io a difendere il mio corpo dall’attacco della malattia» spiega il sessantaduenne, secondo il quale «muoversi fa bene a tutti, ma è fondamentale per chi è colpito da una malattia neurodegenerativa per la quale attualmente non esiste una cura». Così, giorno dopo giorno, continua a praticare nuoto, bici e corsa. Una «cura» intuitiva affiancata dalle terapie farmacologiche, che oggi trova conferme anche nella comunità scientifica. I medici ora sono in grado di misurare concretamente i benefici dell’attività fisica intensa sui malati di Parkinson (vedi articolo a lato).

In bici fino a Roma

Nel giro di pochi mesi, Ghidotti capisce che quello che gli stava capitando poteva essere un’opportunità non solo per lui, bensì anche per altri malati. Ben presto il sessantaduenne comprende di poter essere da aiuto «dapprima facendo accettare la malattia a chi mi contattava, poi cercando di insegnare ad affrontare la nuova realtà adattando gli stili di vita». Smette così i panni di odontotecnico per indossare quelli di «saggio» dell’attività sportiva.

Dopo aver aperto un blog e aver seguito dei corsi di mental coaching, fonda l’associazione Parkinson&Sport, di cui continua ad essere presidente e che oggi conta quasi quattrocento soci. «L’associazione è una sorta di punto di riferimento per tutti gli amici parkinsonauti che giorno dopo giorno mi contattano per chiedere informazioni e partecipare alle nostre attività».

Innumerevoli sono gli eventi sportivi da lui organizzati insieme ad altri malati. Una volta hanno raggiunto in bici Roma partendo da Pavia, «un’avventura incredibile che ha cambiato le nostre vite e ci ha portato fino in piazza San Pietro, dove siamo stati ricevuti da Papa Francesco».

Nel 2022 hanno rappresentato l’Italia ai Parkinsongames olandesi di Eindhoven. Lo scorso anno hanno raggiunto Barcellona in bici in occasione del World Parkinson Congress, svoltosi nella capitale catalana.

Quando la pigrizia ha la meglio

Non tutti i membri dell’associazione sono così sportivi. «Anzi, quelli che partecipano alle nostre gare sono una minoranza - annota Ghidotti - fare sport affatica e a molti manca la motivazione; inoltre l’atteggiamento dei loro famigliari non aiuta: pensando di proteggerli, li limitano nelle loro azioni perché hanno paura che si facciano male. Invece succede l’esatto contrario se guidati da specialisti».

Nonostante siano numerose le terapie che permettono di gestire i sintomi anche in fase avanzata, ad oggi non esiste una cura per questa patologia.

«Tuttavia più si conduce una vita sana e più si sconfigge la malattia - conclude Ghidotti - e siccome sono convinto che la cura arriverà, voglio raggiungere quel giorno nella mia forma migliore continuando a fare sport».

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