Pietro Leeman, gli influencer e la «Madeleine» della mamma

È un martedì di fine settembre. Dopo una settimana di pioggia torrenziale, ci aspettavamo di incontrare poca gente a Bordèi. Tanto più che per giungere su questo pugno di case di pietra, al di là del fiume Melezza in fondo alle Centovalli, occorre affrontare una strada stretta e tortuosa che da Palagnedra si arrampica fino ai piedi del villaggio. Oppure si cammina per due ore, dopo una traversata a strapiombo sotto la funivia che unisce Verdasio a Rasa.

Invece, nella piazzetta del villaggio troviamo molti ciclisti con le loro tute sgargianti e le montain bike accostate al portone della chiesa. Mentre riprendono fiato dopo la sfacchinata, la bellezza primitiva della valle calamita il loro sguardo. Lo spettacolo della natura che sta per indossare i colori dell’autunno è impressionante. Intanto dal grande orto dietro l’abitato sbucano alcune signore che reggono cesti colmi di verdura fresca di taglio. «L’abbiamo messo in sicurezza, altrimenti i cervi banchettano», spiegano le donne indicando i fili elettrici che circondano il recinto. Gli schiamazzi dei bambini che giocano a guardie e ladri con i loro papà animano il boschetto sotto la chiesa, a comprova che qui a Bordèi c’è molta più vita di quanto immaginavamo.
Da Parigi per il Maestro
Anche l’osteria è in fermento. I cinque tavoli sotto il pergolato e quelli delle salette interne sono pieni di commensali. Siamo sorpresi da due giovani che filmano con i loro telefonini i piatti che escono dalla cucina. Sono colleghi giornalisti della testata digitale Brut, che conta più di cinque milioni di follower su Instagram. «Siamo venuti da Parigi per fare un reportage sul Maestro». Il maestro è lui, Pietro Leemann, il grande chef vegetariano che alla metropoli di Milano, dove ha lavorato ad altissimi livelli per più di trent’anni, ha preferito la quiete delle Centovalli.
La forza delle radici
Quest’anno Pietro Leemann ha trasferito la sua cucina impreziosita da gusti orientali qui, a un passo da Locarno, il luogo dove è nato sessantaquattro anni fa.

«Già, la forza delle radici… io sono contento di essere di nuovo qui; secondo me è sempre opportuno tornare nel luogo dove siamo venuti al mondo, sono convinto che non si nasce per caso in un posto. A Milano, dove ho vissuto per più di trent’anni, mi trovavo bene ma per me era anche giunto il momento di dare spazio alla parte più introspettiva di me stesso».
Una cucina concreta
Il menu della sua osteria è costellato da proposte delicate. Tartare di zucca, crumble di castagne, melanzane farcite alla mediterranea, yogurt di cocco profumato alla menta. «Promuoviamo i valori per una cucina semplice e concreta dove ogni piatto è preparato da noi dall’inizio alla fine. Tutti gli ingredienti sono biologici e provengono per la maggior parte dal Ticino e dai nostri orti» leggiamo sul menu. Rispetto al Joia di Milano, il primo ristorante d’Europa a guadagnarsi la stella Michelin, le pietanze dell’osteria Bordèi sono più essenziali. Pietro Leemann ci spiega che «il Joia era un ristorante gourmet pensato per una grande città. L’osteria Bordèi mantiene gli aspetti fondamentali della mia cucina , cioè il buono, l’etico e il biologico , ma con un linguaggio più semplice, consono a questi luoghi. Si tratta di una cucina vegetariana di montagna».

La forza delle radici
Pietro Leemann racconta di non essere nato vegetariano, ma di esserlo diventato nel tempo. «Una delle molle che mi ha fatto scattare il bisogno di dire addio alla carne è stato quando da piccolo ho assistito alla mazza del maiale. Un momento tristissimo. Diventato adulto, questo bisogno si è trasformato in una scelta concreta. Poi l’amore infinito per la natura ha fatto il resto». Da alcuni anni il grande chef stellato è diventato monaco: «o meglio - puntualizza lui - seguo soprattutto nell’alimentazione alcuni principi del Vaishnavismo, che rappresenta una delle principali tradizioni provenienti dalla cultura millenaria vedica dell’India».
Un luogo di pace e accoglienza
La dimensione spirituale è palpabile in tutto il villaggio. Lo scorso marzo Pietro Leemann non ha inaugurato soltanto un a speciale osteria vegetariana, bensì un «ecovillage sanctuary», un santuario di montagna. Un eremo di pace che si estende da Terra Vecchia a una parte di Bordei, dove sorge l’ecovillaggio. Un luogo«di riflessione, di pace e di amicizia dove idee e persone diverse possono convivere senza problemi, senza pregiudizi».
«La mia Madeleine? La torta di mia mamma»
Le brochure disposte sulle panche accanto alla cucina dell’osteria promuovono corsi di yoga, di meditazione, di musica e danza indiana. «Bordei è il centro delle attività sociali e dei ritiri, mentre Terra Vecchia ospiterà il santuario che inaugureremo l’anno prossimo. Quando abbiamo presentato alla fondazione omonima questo progetto, abbiamo subito ottenuto un’entusiastica approvazione. Non siamo religiosi, siamo aperti a tutti i pensieri, sempre tenendo ben salda la connessione con la natura», chiarisce. In un mondo dove soffiano sempre più venti di guerra le parole del cuoco ricordano da vicino gli aneliti di pace dei fondatori del Monte Verità. È giunto il momento delle tre domande finali, che rivolgiamo al grande chef, non al monaco.
«Ci dica, Pietro Leemann: quale è la verdura che le dà più soddisfazione?».
«Il carciofo».
«Quella che la mette più in difficoltà?».
«La barbabietola».
«Per finire, quale è la sua Madeleine di Proust?».
«La torta di mele di mia mamma, senza alcun dubbio!».