Quali consumi dobbiamo tagliare?

Tema centrale della COP27 di Sharm el-Sheikh è il Fondo cosiddetto di compensazione, istituito dai paesi ricchi, a favore dei paesi più poveri per la mitigazione dei danni causati dai cambiamenti climatici. Non si tratta di aiuto allo sviluppo ma di stabilire un maggiore equilibrio fra i paesi più inquinanti e i paesi che ne sopportano le conseguenze. Esitare su questo Fondo significa negare l’interdipendenza climatica tra i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati. Da dove proviene la gran parte delle materie prime? Cosa succederà quando le condizioni climatiche estreme forzeranno milioni di persone ad emigrare?
Il futuro dei paesi industrializzati è ormai strettamente legato a quello degli altri paesi. Senza una diminuzione drastica delle emissioni di gas effetto serra sarà impossibile mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi. Oltre questo limite, ogni aumento causerà enormi cambiamenti, non solo climatici. Essendo le emissioni strettamente connesse al consumo di prodotti e servizi, i paesi più ricchi e le persone più benestanti emettono più CO2 dei più poveri. Il cambiamento deve dunque arrivare, in primis, dai paesi più ricchi e dalle persone più abbienti. La domanda scomoda è infatti la seguente: «Quali consumi dobbiamo tagliare?»
Per questa ragione, i paesi più poveri chiedono alla Svizzera e agli altri paesi industrializzati di guidare la decarbonizzazione dell’economia globale. Come? Ognuno dovrà fare la sua parte. Dal sistema finanziario ci si aspetta l’utilizzo generalizzato di standard internazionali per la definizione degli investimenti sostenibili. Alle imprese toccherà integrare, al più presto, obiettivi di riduzione delle CO2 nei loro stabilimenti e lungo le catene di fornitura. Le associazioni economiche potranno sostenere le imprese in questa epocale transizione garantendo un’adeguata informazione e formazione. Dalle scuole dell’obbligo dovranno uscire cittadini e consumatori preparati e responsabili. Le università hanno il compito di qualificare e riqualificare i professionisti sui temi della sostenibilità. Il mercato potrà mettere a disposizione utili soluzioni, come ad esempio le certificazioni di prodotti e servizi in ambito ambientale, al fine di favorire le imprese più virtuose nelle scelte di acquisto. Da bandire sono invece le attività esclusivamente speculative.
La sostenibilità è diventata un fattore di mercato appetitoso, purtroppo anche per coloro che intendono soltanto approfittarne. È dunque importante far crescere rapidamente la cultura generale intorno al tema, anche grazie al ruolo essenziale dei media, per rendere attenta la cittadinanza riguardo al greenwashing. È inoltre ormai chiaro che la posizione di ogni leader politico conta. Le scelte elettorali di ciascun paese peseranno sempre maggiormente sul destino climatico del nostro pianeta. Infine, digitalizzare, robotizzare e automatizzare ogni aspetto della nostra vita non sarà una soluzione, poiché molte tecnologie impattano enormemente sui consumi energetici; e abbiamo bisogno di consumare meno energia, non di più. L’innovazione dev’essere messa al servizio della transizione energetica e non esclusivamente del profitto. Investire nel metaverso ha dunque senso solo se siamo già convinti che il futuro sarà talmente drammatico da rendere preferibile la vita nel mondo virtuale rispetto alla vita che ci attende nel mondo reale.