Società

Quando l'orto urbano diventa la pizzicheria di casa

Lo scorso novembre Lugano ha deciso di fare un po' di ordine: perché? Ne parliamo con Cristina Zanini Barzaghi
© CdT/Archivio
Giorgia Cimma Sommaruga
22.01.2023 07:00

Sostenibilità, inclusività, socializzazione. Gli orti urbani sono anche questo. Spazi - talvolta abbandonati al degrado - recuperati diventano luoghi inclusivi, di interazione sociale, dove si coltivano fiori, frutta e verdura, senza l’uso di sostanze chimiche. «I vantaggi derivanti dagli orti urbani sono molteplici - spiega a La Domenica Cristina Zanini Barzaghi, Dicastero immobili città di Lugano -, perché costituiscono validi strumenti di socializzazione per gli anziani che, praticando attività fisica all’aperto riscoprono il piacere di essere utili alla comunità urbana. Ma non solo, anche per le nuove generazioni che oggi devono essere maggiormente sensibilizzate all’idea di una cultura del verde più diffusa e di città più sostenibili». 

Le liste d’attesa

«Lugano - riflette Barzaghi - è probabilmente uno dei pochi comuni che ha gli orti da molto tempo». E su quest’onda anche Locarno ha appena aperto un concorso per 16 orti comunali. Ma lo scorso novembre la città di Lugano ha deciso di fare un po’ d’ordine nel dossier, «non era regolato bene chi poteva ricevere l’orto, quindi abbiamo deciso di fare una ordinanza nuova, più precisa, non complicatissima, su come attribuire questi lotti. Questo anche perché, oltre ai lotti storici, abbiamo acquisito i nuovi a Villa Costanza». Il nuovo bando di concorso per «accaparrarsi» un fazzoletto di terreno da coltivare in piena città ha permesso non solo di fare ordine, «ma anche di comprendere chi sono le persone che fanno richiesta», spiega Barzaghi. «Chiaramente noi diamo la priorità ai residenti a Lugano, e alle persone anziane», precisa Barzaghi. Quello che è emerso «è che abbiamo avuto più richieste rispetto al numero dei lotti che abbiamo messo a disposizione, addirittura c’è molta gente che si è iscritta in lista d’attesa. Questo è molto positivo, significa che le persone hanno un vivo interesse in questo tipo di attività». 

«Cosa piantiamo?» 

Attività che, inutile dirlo, forse complice la pandemia, e quella voglia di tornare a contatto con la natura, con le mani nella terra, è organizzata non solo dalla città ma anche dall’Associazione Amélie. «Abbiamo studiato questo tipo di realtà già presenti in tante città della Svizzera e nelle grandi città italiane, e nel 2021 abbiamo inaugurato il nostro orto condiviso in Via Industria a Pregassona - spiega Marco Imperadore, presidente dell’associazione Amélie -, una bella opportunità per ritrovare un contatto con la natura, rivolto agli abitanti del quartiere». E poi, interviene Dario D’Amico, responsabile del progetto degli orti condivisi presso l’associazione Amélie, «è molto bello come le persone di generazioni diverse interagiscano, si scambino informazioni, si aiutino a vicenda. Io ho molta esperienza nel campo delle coltivazioni quindi sono sempre a disposizione per dare consigli: «Cosa piantare?», «quando raccogliere?», «quando potare?», sono le domande più frequenti che mi vengono poste». 

Uno svago socialmente utile

Gli orti condivisi sono utilizzati come occasione di svago psico-fisico per chi trascorre molte ore di lavoro in ufficio, magari davanti ad un computer per diverse ore al giorno, e si rivela un ottimo anti-stress poiché aiuta a recuperare il contatto con la natura e favorisce lo svolgimento di un’attività gratificante all’aria aperta. «Un tempo tutti avevano il proprio orto, mangiavano ciò che coltivavano - osserva D’Amico -, poi si è persa questa abitudine, e oggi  vedere queste famiglie che si prendono cura del loro fazzoletto di terra è molto bello, tutti interagiscono con tutti, abbiamo famiglie di molte nazionalità differenti, è dunque anche un modo per favorire l’integrazione all’interno della comunità e condividere saperi». E se aiutarsi e condividere le proprie conoscenze sembra essere una delle prerogative principali di queste iniziative cittadine è interessante anche sapere che «in moltissime scuole cantonali ticinesi sono presenti degli orti - spiega Zanini Barzaghi -, così gli studenti possono cimentarsi in queste attività, e avere delle responsabilità». 

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