L'intervista

«Qui tutti preghiamo per il Papa»

L'ambasciatrice Chloé Tilman Dindo è per metà ticinese, e racconta il Vaticano da dentro
Un incontro tra Tilman Dindo e il Pontefice in Vaticano.
Prisca Dindo
02.03.2025 06:00

Da un anno Chloé Tilman Dindo è l’ambasciatrice in Vaticano di Timor Est, la nazione più giovane del Pianeta che si trova nel Sud-Est asiatico. Le radici della trentaquattrenne, che ha conseguito un Master in Giurisprudenza all’Università di Neuchâtel e una laurea all’università di Lisbona, affondano in Ticino: suo padre Felice è nato a Cresciano. L’ambasciatrice, dal doppio passaporto svizzero-timorense divenuta mamma poche settimane fa, racconta che aria si respira in Vaticano in questi momenti di grande apprensione per la salute di Papa Francesco. «Quando noi ambasciatori l’abbiamo incontrato a gennaio, sembrava in forma - racconta - anzi: il Santo Padre ha pure scherzato sull’imminenza del mio parto mentre benediva la gravidanza giunta ormai al nono mese». Chloé Tilman Dindo è la più giovane ambasciatrice dello Stato vaticano.

Che aria si respira lì a Roma?
«Sono momenti di grande preoccupazione, è chiaro. Papa Francesco è un uomo molto amato e tutti pregano per lui affinché le cose vadano per il meglio. Ogni giorno aspettiamo gli sviluppi annunciati dai canali ufficiali. Noi diplomatici non abbiamo veline, riceviamo le stesse informazioni che avete voi. Pare che Papa Francesco abbia chiesto trasparenza sul fronte dello stato della sua salute».

Quando ha visto per l’ultima volta il Santo Padre di persona?
«L’ultima volta che noi ambasciatori abbiamo visto il Papa è stata a gennaio, quando ha ricevuto il corpo diplomatico presso la Santa Sede per gli auguri di inizio anno. Un momento collettivo in cui il Santo Padre si rivolge a tutti i membri dei 183 Paesi accreditati in Vaticano. Sembrava piuttosto in forma per essere un uomo di 88 anni con diversi problemi di salute. Il suo discorso era lungo e estremamente ambizioso. Ha toccato tutti i punti che ci si aspettava, partendo dai conflitti che purtroppo flagellano il mondo. Ha lanciato un appello al dialogo «con tutti» per spezzare le catene dell’odio. È stato un discorso molto forte, senza mezzi termini. Abbiamo riconosciuto la sua determinazione. La sua forza. Ricordiamoci che lo scorso settembre Papa Francesco ha raggiunto Timor Est, proprio il Paese che rappresento. È stato uno dei suoi viaggi più lunghi, eppure l’energia e l’allegria che ha dimostrato ha stupito tutti. Nessuno è rimasto indifferente di fronte al suo carisma».

Quale bilancio traccia di questa esperienza da ambasciatrice?
«È stata una nomina da parte del presidente José Ramos-Horta che ho accolto con molta commozione. Ero consapevole della grande responsabilità che Timor Est mi aveva affidato malgrado la mia età: sono la più giovane del corpo diplomatico e ciò è un grande onore. Dopo ventiquattro anni di lotta e massacri, Timor Est ha ottenuto nel 2002 l’indipendenza. Pochi credevano che ce l’avrebbe fatta, invece è successo. Non solo: il nostro paese è diventato un esempio di riconciliazione tra i popoli. Ripeto: per me, è un onore rappresentare la nazione più giovane del mondo».

Cosa dicono le guardie del Papa di fronte al suo passaporto svizzero?
«In un primo momento, la grande domanda era la seguente: come fa una ambasciatrice di Timor ad essere pure svizzera? In effetti la storia della mia famiglia è un po’ diversa dalle altre. Padre ticinese, madre di Dili, la capitale di Timor. Comunque quando vedo le guardie sfilare con le loro preziose uniformi accanto al Papa il mio cuore si riempie di orgoglio. Io mi sento pure profondamente svizzera».

Ci racconta della benedizione del Papa dello scorso gennaio…
«È successo in occasione dell’incontro con gli ambasciatori. Io faticavo un po’ a muovermi perché ormai la mia gravidanza era prossima al termine. Bisogna sapere che il papa ama molto ridere, fare battute. Quando mi ha vista con il pancione mi ha detto: «Attenzione a non rompere le acque qui in Vaticano!». «Farò del mio meglio», gli ho risposto un po’ confusa. Poi lui ha benedetto il mio ventre. Non dimenticherò mai questo momento».

Anche in occasione della presentazione delle lettere con cui è stata accreditata presso la Santa Sede ha vissuto un’esperienza unica...
«Certo. Mia madre Fernanda era lì insieme a Tiago, il mio compagno e a mia sorella Vera. Mio padre Felice ci seguiva da Lisbona. È stato molto intenso. Poi, in qualità di ambasciatrice, ho effettivamente avuto la fortuna di passare un momento, da sola, con il Papa. Era molto attento e presente. Ricordo che mi ha parlato con una gentilezza disarmante. Uno dei temi affrontati in questa discussione è stato il cambiamento del clima, un fenomeno che purtroppo riguarda anche Timor Est. Poi ci siamo dilungati sulla storia recente del paese, in cui la grande maggioranza della popolazione ha meno di 20 anni. Quella che abbiamo vissuto è stata una guerra molto sanguinosa».

Giovane mamma in Vaticano: come ci si sente?
«Ho ricevuto molto amore e molta tenerezza da parte di tutti i colleghi diplomatici. Per la Chiesa cattolica, la figura della madre è sacra e diventarlo all’interno dello Stato della città del Vaticano è stata un’esperienza unica, culminata con benedizione di papa Francesco».

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