Raccogliere olive per fare comunità

Un paese è fatto (soprattutto) di persone che lo abitano ma che (soprattutto) lo vivono. A Gandria questo legame si rinnova ogni anno anche con la raccolta delle olive. Un evento nell’evento. Perché lo scopo non è solo raccoglierne il più possibile per produrre un ottimo olio, ma anche partecipare alla vita collettiva di una comunità. Come accadeva un tempo, quando la civiltà contadina era scandita da momenti di partecipazione che andavano al di là della vita individuale di ciascun individuo e fortificavano il senso di appartenza, il sentimento di appartenere a un luogo e ai suoi riti. Domenica scorsa a Gandria si è vissuto uno di questi momenti con i terrazzamenti occupati per tutta la giornata da giovani, uomini, donne e bambini intenti a strappare dolcemente dalle piante i verdi frutti, farli cadere nelle reti messe sotto gli alberi, pulirli dalle foglie e dai rametti e infine depositarli nelle cassette verdi per il frantoio di Sonvico.
Un rito quasi ancestrale ripetuto nel corso dei secoli soprattutto dalle popolazioni mediterranee e non troppo comune in Ticino e a Gandria. Dove solo da una decina d’anni si raccolgono e si spremono le olive per ricavarne un olio che nel 2021 è stato inserito nell’inventario del patrimonio culinario svizzero.
«Passavamo di qui e...»
Gandria non è dunque solo un paese da cartolina. Ma anche un luogo dove tradizioni antiche e nuove si susseguono e si animano a vicenda, attirando anche persone da fuori. A volte ignare. Altre sorprese di poter fare comunità.
Come accaduto a Neva Bottinelli di Porza e a Caterina Maffezzini di Milano. Che a Gandria domenica mattina erano arrivate a fare una passeggiata, ma poi... «Ma poi ci hanno chiesto se volevamo partecipare e abbiamo detto sì», specifica Bottinelli, mentre sta pulendo con cura le olive che ha appena messo in una cesta. Caterina è a fianco a lei e sottolinea. «Io vivo a Milano ma siamo amiche da 45 anni. Oggi mi ha detto che mi avrebbe portata in un bel posto ed è proprio così. Ci siamo unite volentieri». Non sono state le sole. Assieme a loro almeno altre 30 persone hanno dato una mano all’associazione Viva Gandria che gestisce la raccolta di olive e la produzione di olio dal 2013.
Tutto a mano
Ancora diversa è stata la motivazione di Serena di Cadro, arrivata domenica a Gandria insieme a suo figlio Diego di 12 anni. «Due anni fa ho raccolto le olive in Sicilia e mi è piaciuto un sacco - spiega -. Mi piace sporcarmi le mani visto che lavoro tutti i giorni al computer. In più, ci tenevo a portare mio figlio che così può anche capire il valore delle cose. Può capire che una bottiglia di olio non può costare 3 franchi per tutto il gran lavoro che c’è dietro».
E in effetti il lavoro è tanto. Perché ogni oliva deve essere presa a mano anche se ci si può aiutare con un piccolo rastrello. Le olive più alte sono inoltre quelle più difficili da raggiungere. Servono impegno e precisione. Non solo tra i rami. Ma anche nel recuperare le olive cadute a terra, sopra le reti che si dispongono attorno al tronco per non sprecarne neanche una. Perché in fondo l’olio non si vede ancora, ma si sta lavorando per ottenere un oro verde e ogni passo deve essere eseguito con cura.
Il divertimento dei bambini
I minuti, le ore passano veloci. Attorno a ogni pianta c’è un gruppetto di persone. A volte si parla, altre si sta in silenzio. Ognuno concentrato sul proprio lavoro. I bambini sono quelli che si divertono di più. Saltano sulle piante, rincorrono gli attrezzi, vorrebbero andare veloci. Invece serve tempo. Come ogni lavoro di una volta. Tempo, costanza e dedizione. Caratteristiche che in una società fluida come quella di oggi, dove imperversano Internet e i social media, sembrano a volte solo un lontano ricordo. Fino a quando qualcuno non si è dimenticato che un paese è fatto (soprattutto) di persone che lo abitano ma che (soprattutto) lo vivono. Insieme agli altri.