L'intervista

«Restiamo legati al Ticino»

A tu per tu con il capo dell'esercito svizzero Thomas Süssli
Esercizio di truppa del gruppo artiglieria 49: nella foto, un momento delle porte aperte durante l'esercitazione. © Ti-Press / Samuel Golay
Giorgia Cimma Sommaruga
12.03.2023 07:00

In questi giorni (dal 10 al 15 marzo) il gruppo di artiglieria 49 si sta esercitando assieme alla brigata meccanizzata 4 nell’area del Sopraceneri. Un evento importante visto che per la prima volta dopo tanto tempo il gruppo d'artiglieria 49, forte della sua tradizione, è tornato nel suo cantone d'origine: il Ticino. L’esercitazione si concentra sulla preparazione alla missione. «La Domenica» ha potuto incontrare il Comandante di corpo Thomas Süssli a capo dell’Esercito svizzero e comprendere - grazie alla sua esperienza - quanto siano importanti questi momenti di incontro tra le truppe.

Comandante Süssli, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Parlamento ha incaricato il Consiglio federale di aumentare le uscite dell’esercito. Cosa che ha fatto proponendo di aumentare il limite di spesa dell’esercito da 21,1 a 21,7 miliardi di franchi per gli anni 2021 -2024. Inoltre chiede crediti d’impegno per un ammontare di 1,9 miliardi di franchi che permetteranno di acquistare ulteriori carri armati granatieri ruotati e munizioni supplementari per le truppe di terra nonché di aumentare le capacità del nuovo sistema di difesa terra-aria Patriot. Pensa che sia - davvero - un valore aggiunto per la Svizzera?
«La difesa nazionale continua ad essere il compito principale del nostro esercito di milizia. In tal senso, sono le nostre cittadine e i nostri cittadini in uniforme che prestano un servizio particolare per la sicurezza di tutti noi. Per questo compito occorrono effettivi sufficienti, una buona istruzione ma anche il materiale adatto nella quantità giusta. Con la decisione del Parlamento possiamo proteggere la nostra popolazione dai pericoli in modo più rapido ed efficace».

Il comandante Süssli. © Keystone
Il comandante Süssli. © Keystone

Secondo quanto riportato dal «Blick», la Germania ha messo gli occhi su 96 Leopard dismessi dall’esercito svizzero. Berlino vuole acquistarli per colmare il vuoto lasciato dalle forniture di aiuti all’Ucraina. Perché vendere questi veicoli alla Germania - anche se non vengono utilizzati dalla Confederazione - dovrebbe essere utile per la Svizzera?
«L’eventuale messa fuori servizio di carri armati Leopard e quindi la loro possibile vendita sono in primo luogo decisioni politiche. L’esercito necessita di un numero sufficiente di carri armati da combattimento Leopard per equipaggiare in modo completo i battaglioni meccanizzati e di blindati».

Sabato 11 marzo in Ticino si è svolta un’esercitazione del battaglione 49 che è molto conosciuto. Qual è la sua storia e perché è chiamato anche semplicemente «il 49»?
«Il gruppo d’artiglieria 49, spesso soprannominato «il 49», rappresenta con fierezza il legame con il Ticino e le singole regioni del Cantone Ticino. Storicamente, il 49 è l’ultimo gruppo d’artiglieria ticinese che, per quanto si sa, è sempre stato condotto da un comandante ticinese. Il legame con il Ticino si manifesta anche nel corso di ripetizione di quest’anno, che il gruppo assolve in gran parte nel suo Cantone d’origine. Questa settimana il gruppo d’artiglieria 49 ha allenato le sue capacità nell’ambito di un tiro d’artiglieria con munizioni da combattimento sul Sempione».

Entro il 2030 l'esercito vuole arrivare al 10 per cento di presenza femminile.
Entro il 2030 l'esercito vuole arrivare al 10 per cento di presenza femminile.

Il nuovo sistema Patriot sarà equipaggiato di missili supplementari, appositamente sviluppati per combattere i missili a corto raggio. Tutte queste nuove attrezzature in che modo vengono sperimentate e integrate?
«In questo ambito l’esercito applica il concetto di "difesa aerea integrata", intendendo con tale espressione un sistema complessivo composto da aerei da combattimento, sistemi radar e da un sistema di condotta e controllo nonché, appunto, dal sistema Patriot per la difesa terra-aria. L’intero sistema integrato viene costituito nell’ambito del programma Air2030 e verificato anche mediante simulazioni in forma integrata. L’intero programma sarà totalmente concluso nel 2029».

La ciberdifesa verrà ulteriormente ampliata. Stanno quindi nascendo all’interno dell’esercito anche nuove specializzazioni legate alle tecnologie e al sistema di prevenzione?
«Lo scorso anno l’esercito ha presentato un documento di base relativo alle capacità ciber. In funzione dei concetti espressi in tale documento, vengono ora costituite e ulteriormente ampliate le capacità nel ciberspazio. In tal senso l’innovazione e soprattutto l’integrazione di nuove tecnologie nell’esercito rivestono un ruolo decisivo. A tale scopo collaboriamo strettamente sia con "armasuisse Scienza e tecnologia", in particolare con il Cyber Defence Campus, che con grandi aziende industriali e startup. Ci siamo inoltre dotati di un’organizzazione che ci consentirà di introdurre queste novità in modo più rapido in futuro. La difesa da ciberattacchi riveste la massima importanza. A tale scopo intratteniamo uno scambio regolare con partner in Svizzera e all’estero, al fine di individuare nuovi attori, nuove minacce e nuovi strumenti».

Un momento dell'esercitazione. © Tipress
Un momento dell'esercitazione. © Tipress

Destinare il personale di lingua italiana ai soli battaglioni italofoni significa facilitare la loro crescita e preparazione oppure rischia di creare difficoltà in caso di necessità e quindi cooperazione tra battaglioni italofoni e tedescofoni o francofoni?
«Le cittadine e i cittadini svizzeri sono abituati alla diversità linguistica, è parte integrante del DNA svizzero. In linea di principio nell’esercito vale il principio secondo cui ogni militare può esprimersi nella sua lingua. Nelle scuole reclute e nelle scuole per i quadri l’istruzione non ha luogo in una sola lingua bensì in più lingue. Perciò ogni militare ha anche l’opportunità di ampliare le sue conoscenze linguistiche. Ciononostante si presta attenzione al fatto che soprattutto i militari provenienti dal Ticino vengano perlopiù incorporati in corpi di truppa italofoni come il gruppo d’artiglieria 49. Quest’ultimo è e sarà italofono anche in futuro. Solo così i quadri possono continuare a prestare il loro servizio a certi livelli, tra l’altro nello stato maggiore della brigata. Per noi è importante che il gr art 49 possa continuare a curare le sue tradizioni linguistiche».

Le quote rosa nell’esercito: sempre più donne arrivano rispetto al passato, volete insistere su questo reclutamento?
«L’informazione riveste un ruolo essenziale. Le donne ricevono informazioni sull’esercito, tra l’altro, nel loro contesto personale, spesso anche da parte di militari, soprattutto da militari donne. E ovviamente anche in occasione delle giornate informative ufficiali dei Cantoni. In tali occasioni vengono informate su ciò che l’esercito ha da offrire loro e ciò che loro stesse possono offrire all’esercito. Vige una perfetta parità con gli uomini. Le donne vengono a conoscenza dell’intera gamma di funzioni e compiti, delle competenze acquisibili e delle carriere disponibili nell’esercito. L’esercito può approfittare delle esperienze civili delle donne che, dal canto loro, possono trarre beneficio a livello professionale, ad esempio, dall’esperienza di condotta acquisita durante il servizio militare».

Un momento dell'esercitazione di sabato. © Tipress
Un momento dell'esercitazione di sabato. © Tipress

In che modo si possono incentivare le giovani ragazze a entrare a far parte dell’esercito secondo lei?
«Prendere coscienza. La quota di donne nell’Esercito svizzero nel corso degli anni è aumentata e ciò è un fatto positivo. Oggi circa l’1,4 per cento dei militari sono donne. Il nostro obiettivo ambizioso è di fare in modo che tale quota salga al 10 per cento entro il 2030. L’esercito non deve essere caratterizzato da una maggiore diversità soltanto a causa dei vantaggi risultanti da team misti, che rendono più resiliente e più forte un’organizzazione. Le donne rappresentano il 50 per cento della popolazione e il tema della sicurezza concerne anche loro; proprio per questo devono poter contribuire a plasmare quest’ambito».

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