Politica

«Sarebbe davvero così tragico lavorare un solo anno in più?»

A tu per tu con Matthias Müller, presidente dei Giovani liberali radicali svizzeri, volto di quella che è probabilmente l’iniziativa meno popolare della storia
Matthias Müller, presidente dei Giovani liberali radicali svizzeri. © KEYSTONE / Anthony Anex
Andrea Stern
Andrea Stern
11.02.2024 12:03

È il volto di quella che è probabilmente l’iniziativa meno popolare della storia. Matthias Müller, presidente dei Giovani liberali radicali svizzeri, vuole aumentare gradualmente l’età pensionabile a 66 anni e poi legarla all’aspettativa di vita. Senza sorpresa, i sondaggi prevedono una sonora bocciatura della proposta, il prossimo 3 marzo. «Ma le alternative alla nostra iniziative saranno molto più dolorose», avverte il 31.enne zurighese.

Signor Müller, i francesi hanno messo a ferro e fuoco le città per non andare in pensione a 64 anni. Perché mai noi dovremmo accettare i 66 anni?
«In Francia le riforme sono spesso più difficili che altrove ma l’aumento dell’età pensionabile è una realtà ovunque. In Germania e in Italia vanno progressivamente verso i 67 anni, in certi paesi nordici verso i 70 anni. Questi Paesi non lo fanno certo per divertimento, ma perché i cambiamenti demografici stanno mettendo a dura prova il sistema pensionistico».

Intende dire che se anche la vostra iniziativa dovesse essere bocciata, l’aumento dell’età pensionabile sarà inevitabile?
«Certo. Non dimentichiamoci che nel 1948, quando fu introdotta l’AVS, le persone che andavano in pensione potevano aspettarsi di vivere mediamente ancora 12 anni. Nel 2050 questa aspettativa sarà di 25 anni, più del doppio. Mi sembra ovvia la necessità di adeguarsi almeno un minimo a questa evoluzione».

Ma il Consiglio federale è contrario.
«Non esattamente. Nel suo messaggio il Consiglio federale scrive che la nostra proposta è giustificata ma la boccia perché sta preparando una sua riforma, che presenterà nel 2026. Io sono sicuro che quella riforma contemplerà l’aumento dell’età pensionabile, insieme all’aumento dell’IVA e delle deduzioni sui salari».

Fino al 2050 mancheranno all’AVS 130 miliardi di franchi, un’enormità, che qualcuno dovrà pur pagare

Perché voi Giovani liberali radicali vi siete messi in mente di lanciare un’iniziativa del genere?
«Noi abbiamo lanciato questa iniziativa nel 2019 dopo aver osservato che, purtroppo, la politica continuava a ragionare secondo il motto ‘dopo di noi, il diluvio’. Per tanti anni non è stato fatto nulla, sebbene le cifre fossero note a tutti. Fino al 2050 mancheranno all’AVS 130 miliardi di franchi, un’enormità, che qualcuno dovrà pur pagare. La nostra iniziativa vuole semplicemente evitare di creare buchi che pesino sulle spalle dei giovani».

È comunque curioso che siano i giovani a preoccuparsi della previdenza per la vecchiaia.
«Nient’affatto. Noi giovani siamo le prime vittime dell’inattività della politica. Rischiamo di subire salassi che vadano a erodere il nostro potere d’acquisto o, peggio, di veder crollare l’AVS prima ancora di avere diritto a una rendita».

Lei potrebbe passare alla storia come «l’uomo che ha obbligato gli svizzeri a lavorare di più».
«(ride) Io spero che le persone capiscano che il mio unico obiettivo è salvare l’AVS. Lavorare un anno in più è il minore dei mali rispetto a un massiccio aumento dell’IVA o delle deduzioni salariali».

Vada a dirlo al muratore che si spacca la schiena da mattina a sera.
«Già oggi il muratore può andare in pensione a 60 anni. Ci sono tanti contratti collettivi che prevedono questa possibilità. Si potrebbe discutere di estenderla ad altre professioni pesanti. Questo non andrebbe in contrasto con il principio della nostra iniziativa.Noi chiediamo solo di adeguare il sistema pensionistico all’allungamento della speranza di vita».

Però la persona benestante potrà continuare ad andare in pensione in anticipo, mentre il povero dovrà sempre lavorare fino all’ultimo giorno.
«Sì, ma già oggi è così, la nostra iniziativa non cambia niente. Se il miliardario vuole andare in pensione a 50 anni, non possiamo mica impedirglielo. Ma ricordiamoci che chi guadagna tanto, versa anche tanti contributi. E poi, dal punto di vista dell’AVS, se qualcuno va in pensione anticipata rinuncia a una pretesa, perché riceve una rendita molto inferiore».

Ho un lavoro che mi piace e spero di poterlo continuare a fare fino a quando la salute me lo consentirà

Lei a che età pensa di andare in pensione?
«Non ci penso ancora. Sono solo all’inizio della mia carriera professionale, ho un lavoro che mi piace e spero di poterlo continuare a fare fino a quando la salute me lo consentirà».

Lei è avvocato, giusto?
«Esatto. Nella mia professione ci sono tante persone che proseguono parecchio oltre l’età pensionabile. Ma è normale che sia così. Io ho iniziato a lavorare solo a 30 anni, dopo lunghi studi, il praticantato, il dottorato Mi sembra giusto lavorare più a lungo rispetto, per esempio, a mio fratello che ha iniziato a 16 anni e che già a quell’età aveva solo 5 settimane di vacanza e doveva correre al lavoro tutti i giorni».

Quindi sarebbe favorevole a un modello basato sugli anni di contribuzione?
«Sì, si potrebbe decidere che ognuno debba garantire 45 anni di versamenti, per esempio. Così chi inizia a lavorare a 15 anni potrebbe andare in pensione già a 60 anni, chi inizia a 20 anni a 65 anni, e così via. È un sistema che potrebbe essere combinato con la nostra iniziativa, legandolo all’aspettativa di vita».

Cosa succederebbe se il 3 marzo la vostra iniziativa venisse bocciata e la 13esima AVS accettata?
«Sarebbe una giornata nera per i giovani, perché si toglierebbe loro la speranza, si cancellerebbe la prospettiva di una rendita AVS dignitosa. Il patto generazionale verrebbe strapazzato. Sarebbe una giornata nerissima».

Beh, si potrebbe sempre accogliere più migranti per pagarci le pensioni.
«(ride) È quello che volete voi ticinesi?».

Forse no, però se lasciassimo entrare più giovani immigrati, avremmo anche più contribuenti.
«Certo, sarebbe possibile. Ma lo vogliamo davvero? Vogliamo un’immigrazione ancora più forte oppure ci diciamo che in fin dei conti non sarebbe così tragico lavorare un solo anno in più? In quest’anno si viene pagati e si mantengono contatti sociali. Inoltre si salva il sistema pensionistico evitando massicci aumenti di imposta. Secondo me è un buon compromesso».

Si potrebbe decidere che ognuno debba garantire 45 anni di versamenti, per esempio

Ora che Christoph Blocher è sceso in campo a favore della vostra iniziativa, nutre qualche speranza di successo in più?
«Sicuramente il sostegno dell’UDC sta dando una grande spinta all’iniziativa. Avevamo già il sostegno di diverse associazioni padronali, da Economiesuisse a Gastrosuisse, del PLR e di alcune sezioni del Centro e dei Verdi liberali. Con il chiaro appoggio dell’UDC, possiamo sperare in un ottimo risultato il 3 marzo».

In primavera lei lascerà la presidenza dei Giovani liberali radicali, immagino voglia farlo da vincente.
«Sarà stato in ogni caso un periodo proficuo. In questi quattro anni abbiamo creato nuove sezioni, abbiamo accolto più di 1.000 nuovi membri, abbiamo lanciato un’iniziativa e un referendum, quello sulla Lex Netflix, abbiamo combattuto molte battaglie. Personalmente ho acquisito molta esperienza e ora sono primo subentrante in Consiglio nazionale».

Siete stati molto dinamici, per essere un movimento giovanile di destra.
«Abbiamo dimostrato che la gioventù non è composta solo da socialisti, comunisti o ecosocialisti, che vogliono sempre bloccare tutto o pretendere che lo Stato faccia di più. Noi siamo coscienti che il benessere deve essere creato, non può essere calato dall’alto. Per questo siamo pronti ad assumere responsabilità per la nostra popolazione, la socialità e l’economia, per difendere il modello di successo della Svizzera e proiettarlo verso il futuro».