Reportage

Saudade ticinese

I portoghesi sono la seconda comunità straniera più numerosa in Ticino – Ma molti stanno tornando in patria – Siamo andati a capire il motivo
©Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
28.01.2024 06:00

Quasi centomila persone. Tanti sono oggi i residenti stranieri in Ticino. A volte organizzati in comunità, altre sparpagliati, quasi mimetizzati nelle città, nei quartieri. Eppure, rappresentano il 30% della popolazione. Una fetta importante, forse silenziosa. Di sicuro non ancora del tutto conosciuta. A partire da queste pagine dedicate alla presenza portoghese La Domenica entrerà perciò più a fondo nelle pieghe delle comunità straniere per scoprire i volti e le storie che le animano.

Un momento della festa a Losone
Un momento della festa a Losone

Come a volte bastano quattro scalini per fare due ore di aereo senza viaggio. È sufficiente entrare al Centro La Torre di Losone per arrivare in Portogallo. È venerdì sera, sono le venti e trenta e le donne del Rancho Folclorico «Os Amigos de Locarno» si stanno preparando. Di lì a poco assieme a uomini e bambini danzeranno e canteranno indossando i vestiti tradizionali. Non è solo ballo. «È cultura», dice candidamente Lisa che a 13 anni balla i canti che il papà Alexandre intona.

In un angolo della sala, un tavolo è ricoperto di birra Sabres, baccalà cucinato in diverse varianti, polpette di manzo fritte e salame abbrustolito all’aglio. In quello opposto bandiere, coccarde e targhe. Al centro due fisarmonicisti, di cui uno bambino, un tamburino e una schiera di cantanti. Anche la voce solista indossa un abito tradizionale, ma a differenza degli altri che sono sgargianti, è completamente nero. «Così si vestivano le nostre spose. Al matrimonio, ma anche al funerale», spiega sorridendo Manuel Vicente Martins che del Rancho è presidente.

Indossare le proprie origini sulla pelle per non perdere i legami con la propria terra. Creare identità ma anche stare semplicemente assieme. Anche nella vita di tutti i giorni. Fuori da qui. «Dove siamo tutti una famiglia», rivela Alexandre, orgoglioso. In realtà molto più di una. Dato che in Ticino i portoghesi sono il secondo gruppo straniero residente più numeroso dopo quello italiano.

Immigrati silenziosi

La loro storia di immigrazione è molto simile a quella di altre comunità arrivate in Svizzera in periodi storici diversi per fuggire da povertà e mancanza di posti di lavoro in patria. Una storia riuscita. Perché della loro folta e silenziosa presenza non si parla mai. Al di là di qualche alimentari, non la si vede neppure. Ora neanche sui campi da calcio visto che le ultime due società dilettantistiche di riferimento, AS Lusitanos e Portoghesi Ticino, hanno appeso le scarpe al chiodo. Una presenza discreta, la loro. A parte qualche bar e ristorante, quasi difficile da incontrare.

«Sono arrivato in Svizzera nel 1989 - racconta Manuel che all’inizio delle prove ha sfilato con coccarde e bandiere, poi ha controllato che tutti facessero i movimenti giusti - e certamente mi è dispiaciuto molto lasciare la mia famiglia. A un certo punto però la saudade maggiore l’ho sentita per questa musica e questi balli tradizionali che suonavano e ballavano i nostri nonni. Il Portogallo di una volta non era quello di oggi. Era un Paese soprattutto povero e contadino in cui però c’erano anche momenti per fare festa e stare assieme. Soprattutto tra ragazze e ragazzi. Che a parte in chiesa e in occasione delle celebrazioni religiose non avevano molte occasioni per incontrarsi. Ecco perché durante queste feste si corteggiava e si prendeva moglie».

Tra giravolte e ricami

E in effetti a guardare i ballerini ci si accorge davvero come ogni danza sia una forma di corteggiamento. Gli uomini hanno sempre le braccia alzate, «ma mai oltre la testa», precisa Rosina. Mentre le donne fanno spesso delle ampie giravolte alzando così le lunghe gonne. E non è un caso. Perché è anche sotto la gonna che si nasconde uno dei tanti messaggi che si comunicavano all’epoca con i vestiti della festa per dichiarare il proprio status sociale. «Più ci sono sottovesti una sopra all’altra e più sono ricamate, più la donna è ricca», puntualizza Manuel. Così come la ricchezza è rappresentata dalle collane attorno al collo. Più sono, meglio è. Ma altrettanta importanza veniva data ai ricami in generale e alla complessità del vestito. Perché alla fine l’importante era dare in moglie la propria figlia. Meglio se a un ragazzo benestante. Che indossava per l’occasione collane ma anche orologi a cipolla per sottolineare la sua ricchezza. Se erano d’oro tanto meglio. Per i futuri sposi. Ma anche per la loro nuova famiglia da fare entrare a pieno titolo nella comunità.

Il Festival e la patria che strugge

Sono le dieci e un quarto quando le prove finiscono. I ballerini sono stanchi. Le donne vanno a cambiarsi dietro la tenda del palco, mentre gli uomini rimangono vestiti come sono. Cappello nero in testa, camicia bianca di lino ricamata, pantaloni neri e una fascia rossa stretta attorno al bacino. È il momento di rifocillarsi. Il tavolo con il cibo viene spostato al centro e si distribuiscono birre. Gli uomini si mettono a cerchio e cominciano a ridere e a scherzare. Parlano del più e del meno. Anche le donne fanno altrettanto. Mentre i bambini giocano a rincorrersi nella sala. Alcuni di loro hanno anche ballato, imitando gli adulti. «Non c’è una scuola, si impara guardando», precisa Manuel, fiero come tutti gli altri di poter tramandare anche alle nuove generazioni nate in Svizzera le origini e le tradizioni della loro terra. «Il 16 marzo organizzeremo un grande festival di Ranchi Folclorici al centro scolastico di Riazzino», anticipa soddisfatto. La speranza è quella di aggiungere un trofeo in una bacheca che ne ha già molti.

Una terra, il Portogallo, che attrae e strugge i cuori. Soprattutto a chi è da decenni in Svizzera. Come Rosina che non si è ancora cambiata e ha già in programma di tornare a casa da pensionata. «Là ho ancora mia mamma e tanti parenti», sottolinea, mentre il suo sguardo si fa lucido e malinconico. «Qui mi trovo benissimo - riprende - ma il mio cuore è rimasto in Portogallo». Ecco perché non perde d’occasione di andarci. In vacanza e quando è possibile. In fondo bastano due ore di aereo. Anche se qui a Losone ci si può comunque sentire a casa salendo appena quattro scalini.

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