Economia

Se l'innovazione parla straniero

Metà delle start-up svizzere è opera di immigrati – Ecco lo studio di Avenir Suisse
Andrea Stern
Andrea Stern
17.09.2023 06:00

Chi creerà la «Nestlé di domani»? Ci sono buone probabilità che sarà un immigrato, come quell’Henri Nestlé che dopo un apprendistato come farmacista nella sua natia Francoforte si spostò a metà Ottocento sulle rive del Lemano, dove grazie all’invenzione di un sostituto del latte materno mise le fondamenta di quella che oggi è la più grande multinazionale nel settore alimentare, con oltre 10.000 impiegati in Svizzera e 275.000 nel mondo.

Cosa avrebbe perso la Svizzera se le autorità di allora si fossero rifiutate di rinnovare il permesso di soggiorno temporaneo del giovane immigrato tedesco? E cosa rischia di perdere oggi la Svizzera mantenendo un sistema restrittivo di contingenti per gli immigrati provenienti dai Paesi extraeuropei?

Quattro unicorni su cinque

Tantissimo, secondo Avenir Suisse, che in un recente studio mette in luce il grande contributo degli immigrati al mantenimento in Svizzera di un’economia innovativa, ciò che è quanto più necessario in un Paese povero di materie prime come il nostro: il 50% delle startup svizzere è fondato da stranieri e la percentuale sale addirittura al 78% per quanto riguarda gli unicorni, ovvero quelle startup che raggiungono una valutazione di mercato superiore al miliardo di dollari.

«Gli stranieri contribuiscono in misura superiore alla media alla performance innovativa - sostiene il ricercatore Patrick Leisibach, citato nello studio -. I fondatori di aziende stranieri sono la forza trainante del cambiamento strutturale. In qualità di ricercatori, contribuiscono in misura superiore alla media a garantire che le imprese locali possano sviluppare processi innovativi, nuovi prodotti e servizi e che l’economia nazionale rimanga competitiva nel lungo periodo».

Ostilità anche da sinistra

A preoccupare Avenir Suisse è però il clima di ostilità nei confronti dell’immigrazione. Non solo dalla destra conservatrice ma anche dalle fila della sinistra si levano sempre più voci critiche nei confronti della forte crescita demografica del nostro Paese.

«È chiaro che l’immigrazione è troppo forte, troppo veloce e soprattutto avviene per i motivi sbagliati», ha detto alla NZZ la consigliera nazionale Jacqueline Badran (PS/ZH) puntando il dito contro le grandi imprese che spostano la loro sede in Svizzera, a partire da Google, accusata di accalappiarsi i migliori cervelli e quindi di nuocere all’economia locale. «Non abbiamo bisogno di queste aziende», ha concluso la socialista.

Avenir Suisse invece ritiene che queste aziende contribuiscano al successo del Paese rafforzando una rete di ricerca che si estende dalle scuole all’economia. «I team innovativi di aziende come Google o Novartis e dei politecnici federali - riprende Leisibach - sono composti da persone altamente qualificate provenienti da tutto il mondo. Insieme, e come parte di una rete, questi talenti ottengono risultati migliori di quelli che potrebbero ottenere singolarmente».

Tre ricette e un dibattito da riaprire

Per questo, secondo Avenir Suisse, il nostro Paese non potrà evitare di rimettere in discussione la sua politica sull’immigrazione dai Paesi extraeuropei, se vorrà continuare a essere «campione mondiale dell’innovazione». Come primo piccolo passo, il think tank suggerisce di facilitare la concessione di un permesso di lavoro ai circa 4.000 stranieri di Paesi terzi che ogni anno si laureano in Svizzera.

«In questi tempi di penuria di manodopera e di concorrenza internazionale per i migliori talenti - sostiene Leisibach -, non ha senso mantenere l’attuale sistema restrittivo». In secondo luogo, Avenir Suisse propone un «visto startup», ovvero un permesso per i creatori di nuove aziende, «oggi confrontati con importanti ostacoli legati al sistema dei contingenti». Infine, chiede di tenere conto dell’evoluzione demografica per stabilire i contingenti. Oggi i cittadini di Paesi extraeuropei hanno a disposizione solo 8.500 permessi all’anno, di cui 4.000 di breve durata.

Secondo Avenir Suisse, sarebbe necessario un sistema meno rigido e più adattabile alle esigenze dell’economia. Perché il rischio è quello di lasciarsi scappare il nuovo Henri Nestlé, che potrebbe cedere alle lusinghe di Paesi più attivi nella caccia ai talenti internazionali, come la Gran Bretagna e la Germania, privando così la Svizzera di una fonte di prosperità per tutti i cittadini, svizzeri compresi.  

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