La storia

Senza lavoro alla vigilia dell'AVS

Nicola Baetscher, ex direttore di un'azienda di spedizioni, a 64 anni si trova a fare i conti con la disoccupazione
Nicola Baetscher, ritratto in riva al lago a Riva San Vitale. © Ti-Press / Elia Bianchi
Prisca Dindo
25.02.2024 15:30

Per Nicola Baetscher, 64 anni di Brusino Arsizio, il mondo delle case di spedizioni non ha segreti. Dalla contabilità alle assicurazioni, dagli invii via mare, terra e cielo alle assicurazioni. Lui conosce ogni singolo ingranaggio di questo importante ramo dell’economia ticinese, avendo alle spalle più di quarant’anni di attività in un’azienda del settore del Mendrisiotto. Un’azienda alla quale Nicola ha consacrato una vita intera.

Entrato come semplice impiegato, Nicola ha raggiunto i piani alti dopo una lunga gavetta che gli ha aperto le porte dapprima della direzione generale, poi del Consiglio di amministrazione. Per diversi anni i rapporti con la proprietà sono filati lisci come l’olio e nei momenti di crisi lui, che era pure amministratore delegato per l’Italia, stringeva i denti senza mai guardare l’orologio. Un giorno però tutto è cambiato. «C’è stato un cambiamento di proprietà e da quel momento mi sono sentito escluso da qualsiasi decisione, la situazione è diventata talmente insostenibile che pian piano ho cominciato ad ammalarmi» racconta. Nicola si rivolge ad uno psichiatra e la risposta del medico è perentoria: «In queste condizioni lei non può tornare a lavorare in quel posto».

Un intero anno a casa

Dapprima un mese, poi due. Nicola rimane a casa in malattia per un intero anno «senza ricevere un cenno dai colleghi». Salvo quando l’assicurazione della casa di spedizioni lo contatta chiedendogli di effettuare la doppia consultazione medica con il loro specialista di fiducia, così come prevede la prassi dopo una lunga assenza. Il secondo medico gli conferma la diagnosi del primo: «Lei è abile al lavoro al 100% ma non può più lavorare nella stessa azienda».

Così, a 63 anni e mezzo, Nicola non ha alternativa. Gli sforzi per cercare un nuovo lavoro nei tre mesi di tempo concessigli dalla casa di spedizioni restano infruttuosi, perciò finisce in disoccupazione. «Mai avrei pensato di rimanere senza lavoro alla mia età» confida. Mentre il conflitto con il suo ormai ex datore di lavoro sfocia in un contenzioso legale aperto ancora oggi, Nicola non si perde d’animo. Si iscrive all’ufficio di collocamento regionale e inizia la full immersion nel mondo dei disoccupati. Segue il primo corso obbligatorio dedicato all’elaborazione di un curriculum vitae, poi il secondo.

«Corsi interessanti, anche se mi chiedo che senso abbia insegnare a scrivere un CV a uno di 64 anni - commenta un po’ sorpreso - tuttavia io ho avuto ancora fortuna: c’è chi è finito nel corso dove si aggiustano i giocattoli». Tra un appuntamento e l’altro, c’è la burocrazia: fogli e file da inoltrare agli uffici di collocamento e alla cassa disoccupazione a prova degli sforzi personali per trovare un impiego. Nicola ha l’obbligo di inoltrare due domande di lavoro la settimana.

«Ricevo zero risposte!»

«Quante risposte ricevo? Zero purtroppo! - confida l’uomo - Io mi reco di persona dagli operatori del mio settore, chiedo loro se hanno bisogno, ma anche se lo volessero, non si potrebbero permettere uno come me; la mia età e la mia posizione rendono proibitiva una mia assunzione, costerei troppo per qualsiasi azienda». Mentre continua ad inoltrare domande, il 64enne fa la conoscenza di altri disoccupati come lui.

«Io sono ad un passo dalla pensione, mi restano ancora pochi mesi, ma ci sono persone tra i 50 e i 60 anni che vivono situazioni drammatiche, gente che fa fatica, che non sa più quali pesci pigliare».

La paura del rifiuto e la vergogna

Non incontra soltanto anziani in difficoltà, ma pure tanti giovani. Tra tutte le storie raccolte in questi mesi, ce n’è una che ha colpito nel cuore Nicola. Quella di due ragazze di 19 anni, licenziate in tronco al termine dell’apprendistato. «Io ad ottobre compirò 65 anni e questa via crucis terminerà, ma loro - si chiede - che futuro potranno mai avere?».

La paura del rifiuto, la vergogna di ritrovarsi emarginato, l’incognita del futuro. Dietro ad ogni disoccupato Nicola scopre un mondo che fino all’altroieri gli era sconosciuto.

«Quando ricoprivo il ruolo di direttore, guardavo con scetticismo i disoccupati, sono «lazzaroni» mi dicevo; a dire il vero tutti la pensano un po’ così, invece mi devo proprio ricredere: qui c’è gente che farebbe qualsiasi cosa pur di trovare un’occupazione».

Fra pochi mesi Nicola smetterà di inviare richieste di lavoro. Soffierà sulle sessantacinque candeline e comincerà una nuova vita. «Se resterò a casa a guardare fuori dalla finestra? Neanche per sogno - dichiara perentorio Nicola - Le mie ultime esperienze avrebbero potuto abbattermi e invece mi hanno rinvigorito e restituito l’entusiasmo che credevo di avere perduto nel tempo. Anzi: non è escluso che mi rimetterò in gioco con una mia attività da indipendente; chissà, magari assumerò una delle tante persone di valore che ho incrociato in questi mesi».

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