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Sono tornati i pirati

Droga, armi e migranti il ricco «bottino» delle bande di briganti che solcano i mari di mezzo mondo e che sono favoriti dall’instabilità
L'immagine- di EUNAVFOR e della Marina indiana - di un’operazione della missione UE Atalanta con la cattura di alcuni pirati in Mar Rosso.
Guido Olimpio
Guido Olimpio
26.05.2024 06:00

I pirati son tornati. Scaltri, assettati di bottino, rapidi nelle incursioni nell’Oceano Indiano oggi più che mai «caldo» per il conflitto nello Yemen e la minaccia degli Houthi filoiraniani. L’instabilità è il miglior alleato di chi vuole provare ad arricchirsi andando all’abbordaggio nonostante la presenza di flotte robuste.

Pochi giorni fa la missione Atalanta, sotto bandiera UE e diretta dalla Marina italiana, è intervenuta con una fregata spagnola per catturare una mezza dozzina di predoni a bordo di un barchino, tutti poi consegnati alle autorità delle Seychelles. Venerdì soccorso ripetuto in favore del Basilisk, «scafo» finito nelle mani di una gang e liberato dai militari europei. Più complessa Ben più complessa l’operazione condotta dall’India alla metà di marzo quando il governo di New Delhi ha deciso un blitz per mettere fine al sequestro di un cargo, la Ruen, dirottato a dicembre.

L’inseguimento con i droni

Il bersaglio è stato seguito a lungo da un drone e dalla ricognizione aera, una «filatura» per seguire le mosse dei «corsari», valutare la consistenza e gli eventuali rischi. In seconda battuta si è mosso il Kolkata, altra fregata, che ha garantito un supporto ravvicinato per un team di forze speciali. Spettacolare il blitz: con un lancio di paracadutisti e gommoni nei pressi del mercantile, quindi la cattura dei criminali. In tutto 40 ore, uno spiegamento logistico complesso che ha portato i militari a circa 250 miglia a nord est della Somalia. Evidente il doppio messaggio da parte degli indiani. Siamo pronti ad agire per proteggere il traffico civile ed abbiamo i mezzi per agire a lungo raggio. Monito rivolto a chi ha intenzioni «maligne» ma anche ad eventuali gruppi guerriglieri che intendano emulare i briganti. La tentazione esiste.

I rapporti redatti dalle intelligence raccontano di episodi sempre più frequenti, con la «conquista» di almeno una ventina di dhow a partire da novembre. Le «prede» sono le imbarcazioni tipiche che da sempre solcano questi mari, fanno la spola tra molte sponde, rappresentano la spina dorsale per l’economia locale. Portano di tutto. Dal bestiame ai prodotti agricoli, dagli elettrodomestici ai copertoni. Materiale stivato all’inverosimile sopra e dentro le stive. Altri, invece, si dedicano alla pesca e altri ancora tornano utili per traffici clandestini. Droga, armi, migranti. Qualsiasi cosa si possa contrabbandare.

Alcuni covi a Capo Hafun

Il modus operandi è consolidato. I pirati impiegano piccole lance, molte veloci, che si «staccano» da una «nave-madre», di solito uno dei dhow catturati. Ve ne sono diversi in circolazione, sacrificabili in caso di emergenza. Non è neppure escluso che i briganti del mare stiano usando un cargo più grande e robusto. Di solito la cellula incaricata dell’abbordaggio è formata da 4-5 elementi, equipaggiati di fucili Kalashnikov e lanciagranate RPG, armi facile da recuperare sul mercato nero. Inoltre, dispongono di scale con rampini, strumenti semplici ma sufficienti per arrampicarsi sulla fiancata del «vascello» preso di mira.

Sempre fonti della sicurezza hanno individuato alcuni covi in una zona compresa tra Capo Hafun e la località di Garacad. Siamo nella parte nordorientale della Somalia, a sud di Socotra, isola yemenita oggi sotto il controllo degli Emirati. Indagini hanno indicato queste zone come punto di partenza per le scorrerie ripetute da parte di gang ben organizzate. Siamo, comunque, ben lontani dai picchi registrati nel 2011, con centinaia di assalti tentati o riusciti, incursioni che hanno fruttato nel tempo riscatti per oltre 53 milioni di dollari. Allora fermavano una petroliera o un cargo, poi lanciavano una trattativa estenuante che si concludeva con il pagamento di ingenti somme di denaro. Dollari infilati in borsoni lanciati in alcune situazioni con piccoli aerei oppure spostati, in modo meno avventuroso, con l’aiuto di complici attraverso canali bancari.

Lo scudo della Marina

Davanti alla sfida la comunità ha reagito. Sono state schierate guardie armate sui mercantili, diverse Marine hanno sorvegliato la zona, sono state aperte basi a Gibuti - c’è anche l’Italia -, è nato uno scudo che ha reso arduo il compito per gli aggressori. Il fenomeno è calato in modo drastico ma è ripartito, sia pure in forma limitata, con la crisi yemenita collegata a quella di Gaza. Il timore è che si creino saldature, con i pirati complici più o meno volontari degli Houthi. Qualsiasi gesto che possa creare disturbo alla navigazione fa il gioco degli estremisti.

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