«Sotto il nostro balcone spunterà un ecocentro»

Il cantiere per il nuovo ecocentro di Pregassona è in procinto di partire. In via Maraini si notano i primi movimenti verso la realizzazione della nuova struttura, dal costo di almeno 5,2 milioni di franchi, che andrà a sostituire l’ecocentro di Molino Nuovo e quello attualmente situato dall’altra parte della strada, dove deve sorgere una rotonda. L’ecocentro di Pregassona attraversa la strada, in pratica, andando a posizionarsi a due (2) metri di distanza dalla casa della famiglia Calì. «Una funzionaria della Città ci ha detto che siamo stati degli sprovveduti a comprare casa qui», afferma sconsolata, e per certi versi incredula, Doris Calì.
Comprata vent’anni fa
Come sarebbe stato possibile immaginare, vent’anni fa quando i coniugi acquistarono la loro dimora, che un giorno la Città avrebbe deciso di piazzare delle rumorose e maleodoranti benne proprio sotto il loro balcone? Chi avrebbe mai potuto pensare che quel piccolo vicolo cieco che costeggia il loro giardino sarebbe diventato la principale e unica via d’uscita di un ecocentro destinato ad accogliere migliaia di automobili a settimana, sei giorni su sette, senza nemmeno una sosta per la pausa pranzo?
«Se non fosse che mio marito segue tutto ciò che succede nel Comune, non saremmo nemmeno venuti a conoscenza del progetto di spostare l’ecocentro proprio sotto casa nostra - riprende la signora Calì -. Siamo i più vicini confinanti, eppure la Città non ha ritenuto necessario contattarci o avvisarci».
È così appena entro i termini che la famiglia Calì è riuscita a fare opposizione contro la domanda di costruzione, sia per conto suo, sia insieme agli altri condomini di quella che finora è stata una tranquilla area residenziale. Nel ricorso l’avvocato chiedeva che si approfondissero l’impatto fonico e il volume di traffico generato dal futuro ecocentro, aspetti che a suo dire non erano stati considerati a sufficienza.Inoltre sollevava dubbi sull’opportunità di piazzare 14 benne per la raccolta di metalli, vetro, scarti vegetali, legname, eccetera, proprio nella parte più vicina alla proprietà della famiglia Calì. Non sarebbe stato possibile immaginare di metterle dall’altra parte dell’ecocentro, dove non ci sono abitazioni?
La Città non discute
«Speravamo si potesse discuterne, invece non c’è stato modo - spiega Doris Calì -. Il Municipio ha respinto tutte le osservazioni e ci ha convocati a un incontro con due alte funzionarie, che si sono presentate all’appuntamento prive della benché minima documentazione, con il solo intento di ribadire che, in pratica, avremmo dovuto farcene una ragione».
E va bene. I coniugi Calì possono anche capire che ci siano degli interessi di ordine superiore a spostare l’ecocentro proprio sotto la loro casa, dove adesso c’è un terreno utilizzato come posteggio dai collaboratori di una vicina azienda. Tuttavia, i coniugi Calì si aspettavano che anche le funzionarie della Città potessero capire la loro reticenza ad accettare un progetto che, di fatto, declassa la loro abitazione e degrada la loro qualità di vita.
«Solo pochi anni fa abbiamo ristrutturato completamente la casa, aumentando l’ipoteca - spiega Doris Calì -. L’idea era quella di trasmettere ai nostri figli qualcosa che abbia un valore.Ma oggi chi vorrebbe mai venire ad abitare in una casa che, seppur bella, si trova a un paio di metri dalle benne in cui mezza Lugano verrà a depositare i propri rifiuti?».
È una domanda che alla Città non pare interessare. Le autorità hanno escluso la possibilità di corrispondere un indennizzo per la perdita di valore dell’abitazione e si rifiutano pure di valutare interventi che possano mitigare gli effetti molesti del nuovo ecocentro.
Risposte deludenti
«All’incontro con le funzionarie abbiamo portato le immagini di altri ecocentri, come quello di Ascona, che è chiuso su tutti i lati per limitare la propagazione del rumore e degli odori molesti - spiega la signora Calì -. Abbiamo chiesto se al posto del paio di alberi previsti nel progetto non fosse possibile realizzare una parete tra l’ecocentro e la nostra abitazione. Per tutta risposta, ci è stato detto che se ci dava fastidio il rumore potevamo costruire noi dei ripari fonici, nel nostro giardino, a nostre spese».
Una risposta che a livello legale, verosimilmente, non fa una grinza. Ma si può capire che i coniugi Calì l’abbiano percepita come una provocazione, o come una beffa.
«L’avvocato ci ha sconsigliato di proseguire la vertenza - riprende la signora -. Le possibilità di successo sarebbero state scarse e abbiamo già speso abbastanza soldi così. Ormai la licenza edilizia è cresciuta in giudicato e i lavori stanno per iniziare. Vendere la casa in queste condizioni diventa impossibile, per cui saremo costretti a restare. Con la delusione di non aver trovato alcuna comprensione, alcuna umanità, bensì di essere stati trattati come un intralcio. Come minimo, siamo amareggiati. Non è così che si trattano i cittadini».
