Stranieri

Sotto la mezzaluna, quante differenze

La comunità turca in Ticino è un arcipelago di diversità politiche, etniche e religiose
© CdT/Archivio
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
17.03.2024 16:30

Una bandiera con molte facce. Perché, come accade per moltre altre Nazioni, anche la Turchia non è un Paese monolite. Ma un coacervo di lingue, religioni, etnie e culture. Anche molto differenti tra loro. Ecco perché anche in Ticino non si può parlare di una sola presenza turca. Ma di molte. Anche se sulla carta non è così. Perché i 1.500 cittadini turchi residenti - un numero che è una stima non essendoci statistiche precise - hanno tutti lo stesso passaporto con la mezzaluna. Ma sono appunto diversi tra loro. Anche in modo importante.

I curdi, ad esempio, che in patria rappresentano circa il 20% della popolazione, hanno una loro lingua, il curdo, appunto, e tutta una serie di specificità che sono solo loro (oltre a una serie di tensioni civili, sociali e militari passate e presenti con Ankara). Ma diversi sono anche i turco-aleviti, che rappresentano anch’essi più o meno il 20% della popolazione totale, che si distinguono e non poco dalla fetta maggioritaria di musulmani turchi, che sono sunniti e hanno altre tradizioni, regole e abitutidini di vivere la società.

Una convivenza pacifica

Parlare di presenza turca in Ticino significa perciò fare dei distinguo. O almeno sottolineare l’esistenza di queste differenze. Anche se nesssuna delle componenti turche nel cantone è formalmente in conflitto l’una con le altre. A regnare è una convivenza tranquilla. Con le diverse rappresentanze che si parlano e si incontrano senza problemi tra loro. Ognuna mantentendo le proprie prerogative. «Le conflittualità tra le varie componenti non sono gravi nonostante esistano delle differenze etniche e politiche profonde», annota Massimiliano Ay, papà turco e mamma ticinese, che fino a poco tempo fa faceva parte di un’associazione culturale turca oggi dormiente. Ankara è insomma lontana, ma non così tanto. Visto che in Ticino esistono, appunto, almeno tre comunità turche differenti tra loro.

Isham Alpen è uno dei responsabili del Centro culturale turco-islamico di Lugano. «I miei genitori sono venuti in Svizzera negli anni ‘80 e io negli anni ‘90 li ho seguiti - racconta -. Oggi sono sposato, ho quattro figli e dopo aver frequentato la Scuola cantonale di commercio e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) lavoro in un’azienda. Nel tempo libero sono attivo nel Centro culturale turco-islamico così come nell’associazione di quartiere di Pregassona e nell’associazione Amelie, sempre di Pregassona».

I primi immigrati a Stabio

Alpen ricorda come i primi turchi ad arrivare in Ticino siano approdati soprattutto a Stabio come operai qualificati. «A quel tempo erano le aziende svizzere a reclutare manodopera specializzata all’estero», precisa. A seguire sono arrivate altre ondate di immigrati. Ondate collegate soprattutto ai colpi di stato avvenuti in Turchia nel 1971 e nel 1980.

«Nel luglio del 1980, al verificarsi del golpe militare - riprende Alpen - sono stati in tanti a trovare nuove soluzioni, scappando all’estero». Dopo la fuga molti nel cantone hanno potuto ricongiungersi con le proprie famiglie. Dopodiché, come avvenuto anche a seguito di altre ondate migratorie, i figli di quei migranti si sono sposati, hanno fatto famiglie in Ticino e oggi sono perfettamente integrati.

La spiritualità che unisce

Di sicuro, la comunità riunita attorno al Centro culturale turco-islamico di Lugano, è molto unita. «Oltre alla preghiera, organizziamo varie attività per donne, ragazze e bambini - prosegue Alpen -. Durante il weekend sono previste inoltre le cene collettive serali».

Oltre a ciò il Centro non rinuncia a partecipare alle diverse iniziative comunali e cantonali che di volta in volta vengono organizzate. «Dalle feste di quartiere a quelle dei vicini, dagli eventi multietnici a quelli al Parco Ciani come è stato il caso ad esempio l’anno scorso, quando a al Parco Ciani è stata promossa la Giornata cantonale dell’integrazione». In quell’occasione il Centro aveva la sua bancarella e i suoi aderenti, oltre a tutta una serie di specialità culinarie molto lontane dal classico kebab. Un piatto a cui, di solito, si associa immediatamente la Turchia. Che ha in realtà varie versioni a seconda dei Paesi e delle culture.

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