Tutti i segreti dell'Eurovision

Quando nei prossimi giorni le note iniziali del Te Deum di Marc-Antoine Charpentier risuoneranno da Basilea, si rinnoverà in Svizzera una delle storie di successo più sorprendenti della storia dei media - una storia che si potrebbe definire coetanea a quella della televisione internazionale, e con forti legami proprio con la Svizzera e il Ticino: il primissimo Grand Prix Eurovision de la Chanson si tenne infatti nel 1956 al Teatro Kursaal di Lugano, oggi sede del Casinò. Con quasi settant’anni di storia, rappresenta il più longevo programma d’intrattenimento televisivo al mondo, e con oltre 150 milioni di spettatori è anche il più grande evento ricorrente non sportivo trasmesso a livello globale. Come spiegare un tale successo?
Un modello ispirato a Sanremo
All’inizio fu un affare molto semplice, ispirato al fortunato modello italiano del dopoguerra nato a Sanremo: un cantante solista, che eseguiva dal vivo un brano originale, accompagnato da un’orchestra e con unicamente dei fiori come scenografia. I cantanti rappresentavano uno dei sette paesi partecipanti (nel 1956 con due canzoni ciascuno), e alla fine una sola giuria decretava il vincitore.
Molti di questi elementi si rivelarono così efficaci che sono stati mantenuti fino a oggi, soprattutto per quanto riguarda la canzone in sé (originale, dal vivo, oggi con un limite di tre minuti). La formula ha continuato ad attirare nuovi paesi, dal Regno Unito e l’Irlanda alla Jugoslavia, Israele e l’Islanda. Alcuni brani sono entrati nella storia del pop ben oltre il concorso: Volare di Domenico Modugno (Italia 1958), Congratulations di Cliff Richard (UK 1968) e soprattutto Waterloo degli ABBA (Svezia 1974) sono famosi ancora oggi.
Così è cambiata la selezione
Nel tempo, però, alcuni aspetti dello show sono cambiati, in particolare il metodo di selezione del vincitore: già nel 1957 furono introdotte giurie nazionali, e negli anni successivi si sono sperimentati diversi sistemi di assegnazione dei punti e composizione delle giurie. Tuttavia, come accade a ogni formula di successo, anche l’Eurovision ha rischiato di diventare stantia: l’idea postbellica di unire ex nemici attraverso la musica popolare sembrava perdere rilevanza.
Negli anni ’90, due sviluppi principali hanno imposto una radicale modernizzazione e rilanciato lo spettacolo oltre ogni aspettativa: da un lato, la caduta della cortina di ferro spinse i paesi dell’Europa centro-orientale a voler dimostrare la loro «europeità» in un’arena competitiva; dall’altro, l’introduzione del televoto trasformò radicalmente l’estetica del concorso - visivamente e musicalmente. L’Eurovision divenne più audace, più sensuale, più giocoso - e molto più vario. Il più grande spettacolo di varietà al mondo ha iniziato a incorporare tutte le tendenze musicali, mescolandole in combinazioni impensabili altrove: il brano vincitore dell’anno scorso, The Code, che fonde elementi diversi, compreso l’hip-hop, ne è un esempio perfetto.
«Canzoni con un messaggio»
Inoltre, la bandiera arcobaleno sventolata da Nemo, il rappresentante svizzero del 2024, in nome delle persone non binarie (e della comunità LGBTQ+ più in generale), ha iscritto la partecipazione elvetica in una lunga tradizione di «canzoni con un messaggio», che parte proprio da Lugano e collega il palcoscenico sgargiante dell’Eurovision alla grande tradizione cantautorale europea. Ancora più notevole, il fatto che oggi il successo all’Eurovision dipende in larga parte dal sostegno del pubblico in questa peculiare «democrazia eurovisiva», in cui l’unico requisito per votare è possedere una SIM card nazionale (con l’eccezione di poter votare per il proprio paese).
In considerazione dell’assenza di diritti democratici in alcuni stati europei, i voti a favore di artisti portatori di diversità - come Conchita Wurst, drag queen barbuta vincitrice per l’Austria nel 2014 (con punteggi altissimi anche da Azerbaigian, Bielorussia e Russia), oppure il successo svizzero dell’anno scorso, o l’enorme sostegno all’Ucraina nel 2022 - sembrano esprimere più di semplici gusti musicali: potrebbero offrire una finestra diretta sulle opinioni dei cittadini europei rispetto al presente.
Democrazia e divertimento
Così, quando questa settimana si accenderanno i riflettori sullo spettacolare palco disegnato da Florian Wieder, che richiama in modo stilizzato lo skyline alpino, non si tratterà di un semplice sfondo kitsch «alla Heidi» per musica melensa, bensì del contesto perfetto per uno degli spazi più straordinari al mondo in cui si negoziano politica, estetica e democrazia diretta - senza rinunciare al divertimento.