Salute

Un concentrato di cervelli per promuovere la conoscenza

Nel laboratorio di fisica computazionale IDSIA di Molino Nuovo si studia come vive... la vita
© CdT/Gabriele Putzu
Marco Ortelli
23.04.2023 17:30

«Contro il logorio della vita moderna». Chi non ricorda la celebre pubblicità degli anni settanta che aveva quale testimonial Ernesto Calindri? Nessuno, tranne coloro che non la… ricordano. A Viganello, Campus EST, ci siamo inoltrati all’interno di un istituto che con il liquore a base di carciofo ha a che fare. Meglio, con il creatore della celebre bevanda, quell’Angelo Dalle Molle (1908-2002) mecenate e visionario, assertore che «il progresso scientifico deve essere al servizio dell’uomo». Da qui, la Fondazione da lui voluta che oggi si fa in quattro per promuovere la conoscenza, grazie a 4 istituti disseminati sul territorio nazionale, l’Istituto di studi semantici e cognitivi ISSCO di Ginevra, il Centro di ricerca sulle piante medicinali Mediplant a Conthey, l’Istituto di intelligenza artificiale percettiva Idiap a Martigny e l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale IDSIA, creato a Lugano nel 1988.

La squadra del Laboratorio di biofisica computazionale (da sinistra): Andrea Danani, Stefano Muscat, Gianvito Grasso e Filip Stojceski.
La squadra del Laboratorio di biofisica computazionale (da sinistra): Andrea Danani, Stefano Muscat, Gianvito Grasso e Filip Stojceski.

Negli anni, IDSIA è diventato un istituto affiliato sia all’Università della Svizzera italiana USI che alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana SUPSI, come ci spiega il prof. Andrea Danani, responsabile del Laboratorio di biofisica computazionale, che abbiamo incontrato a Viganello, unitamente alla sua squadra composta dal ricercatore Gianvito Grasso e dai dottorandi Filip Stojceski e Stefano Muscat. «La missione principale della SUPSI - osserva Danani - è svolgere ricerca applicata soprattutto in collaborazione con aziende locali. L’USI è più focalizzata sulla ricerca di base promossa dal Fondo nazionale svizzero e da finanziamenti europei». «Questa trasversalità - prosegue il professore - permette di svariare su progetti diversi che, nel caso della nostra ricerca, hanno quale comun denominatore le scienze della vita. In sintesi, con il computer creiamo modelli e facciamo simulazioni che descrivono le interazioni fra proteine, membrane cellulari, farmaci e altre componenti di sistemi biologici». Scopriamo allora alcune ricerche in corso nel laboratorio di biofisica computazionale e le loro eventuali ricadute per la nostra vita.

Capire i meccanismi della malattia di Alzheimer

A proposito dei ricordi sopracitati e di memoria, una pluriennale ricerca di base in corso nel laboratorio di biofisica computazionale, spiega il ricercatore Gianvito Grasso, «riguarda lo studio dei fenomeni di aggregazione proteica che sono responsabili dell’insorgenza di malattie neurodegenerative quali la malattia di Alzheimer (ogni anno in Svizzera si registrano 32.200 nuovi casi, fonte alzheimer-schweiz.ch, 2022, ndr), il morbo di Parkinson, e l’atassia cerebrospinale». Entrando nel tecnico, la squadra di ricerca focalizza il suo sguardo sulla «comprensione dei meccanismi con cui queste proteine aggregano dando luogo alla formazione di placche nei tessuti cerebrali - spiega Andrea Danani -. Cerchiamo di identificare dal punto di vista molecolare le diverse conformazioni tossiche e la loro relazione con la progressione della malattia, in modo da prevenire e curare le patologie con strategie terapeutiche mirate ed efficaci. Da diversi anni, stiamo studiando alcune molecole che sembrano essere protettive nei confronti della patologia».

Domanda cruciale. Si sa come funziona questo meccanismo? Risposta corale. «La causa a monte della formazione delle placche amiloidi è oggetto di studio da molti anni. Vi sono diverse teorie in merito. V’è quella che ritiene che questi aggregati siano il risultato finale della patologia, dando al problema un tratto di irreversibilità a quel livello. Un’altra materia di dibattito, sulla quale anche noi abbiamo lavorato, riguarda il ruolo dei metalli quali zinco e rame nell’insorgere di queste malattie, ma l’incertezza regna ancora sovrana nel dare risposte certe».

Predire il gusto

Non riguarda i carciofi e il loro sapore, ma c’entra con le papille gustative un’altra ricerca in corso all’IDSIA che vede gli algoritmi ‘lavorare’ alacremente per predire il gusto di cibi come olio e vino. Gianvito Grasso: «Un progetto di ricerca di base e applicata perché coinvolge anche un consorzio di aziende produttrici di olio e di vino. A livello di intelligenza artificiale l’idea è sviluppare un algoritmo che predica il gusto di determinate molecole a partire dalla loro composizione chimica. L’interazione delle molecole con i recettori del gusto presenti nella lingua provoca una cascata di eventi molecolari che il cervello elabora fino al risultato finale della sensazione di gusto. L’applicazione? L’industria alimentare è interessata alla predizione del gusto di una molecola in relazione alla produzione di additivi, mentre nello specifico dei produttori di olio e di vino, predire un gusto può orientare verso una produzione mirata e ottimizzata».

Piante per curare malattie tropicali

Andare in vacanza in America centrale e del Sud e tornare a casa con la malattia di Chagas. Andrea Danani: «Da questo fenomeno si è sviluppata la ricerca di base che si concluderà a luglio con cui abbiamo cercato di sviluppare algoritmi e simulazioni per riuscire a progettare una molecola in grado di intervenire come strumento terapeutico per questa malattia. L’estrazione di molecole da piante - come nel caso della malattia di Chagas - ma anche da frutta e verdura, è un altro filone di ricerca sviluppato dal laboratorio di biofisica computazionale nell’ottica della produzione di integratori, estremamente interessanti per le aziende del settore perché non devono seguire il lungo iter processuale inerente all’approvazione di un nuovo farmaco».

Il Professor Danani conclude il nostro incontro commentando: «Le scienze della vita studiano fenomeni di una complessità incredibile, perlopiù ancora ignota. Noi cerchiamo di dare il nostro infinitesimo contributo a un progresso scientifico che possa migliorare la qualità della nostra vita, proprio come aveva immaginato Angelo Dalle Molle».

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