Criminalità

Un insospettabile dirigente sportivo

Arrestato perché fondeva oro rubato, si dimette dalla società ciclistica che si dice estranea alle indagini
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
08.05.2022 15:00

Un insospettabile dirigente sportivo. Con la passione per il ciclismo. Tanto da essere fino alla fine del mese di marzo direttore e socio di una società di gestione sportiva di una squadra professionistica italiana, la Drone Hopper Androni Giocattoli. Che oggi sta partecipando al Giro d’Italia. Un insospettabile dirigente sportivo fino a quando è stato arrestato. A inizio marzo. Perché accusato di far parte di una banda che ricettava e riciclava oro, gioielli e monete rubati a cavallo del confine. Una banda che, secondo i Carabinieri di Asti e l’autorità giudiziaria ticinese - che hanno condotto insieme l’inchiesta - da ottobre 2021 a febbraio 2022 ha trasportato in Ticino fino a 100 chili di oro corrispondenti a un valore di circa cinque milioni di euro. Il bottino veniva in parte fuso in Italia, in parte in Svizzera e rimesso sul mercato.

Sei le persone finite in manette in Italia. Quattro nella Svizzera italiana, dove l’oro rubato in Piemonte, Lombardia e Liguria, secondo gli inquirenti, veniva appunto fuso e poi rivenduto. E una di queste persone arrestate è proprio lui: il direttore fino a ieri , fino alla fine di marzo, della società sportiva con sede a Lugano, l’Az Cycling Sagl, che oggi gestisce la Drone Hopper Androni Giocattoli. Ma che in contemporanea risulta anche essere socio e presidente della gerenza di una società del Mendrisiotto specializzata in ufficio cambi e dal 2019 anche in fonderia.Ed è proprio in relazione a questa attività che a inizio marzo è stato arrestato. Perché l’accusa sospetta che il bottino dei furti in Italia sia passato anche da lì.

Oggi nel registro di commercio a capo della direzione della società di gestione sportiva c’è un’altra persona, così come un’altra società. Ma fino a ieri il nome dell’ex direttore - oggi rimosso dal registro di commercio e dalla sua funzione - campeggia quasi in ogni comunicato stampa della squadra. Che l’anno scorso ha fatto incetta di successi e traguardi. Tanto da scalare le classifiche del ranking mondiale Uci.

Un ex direttore con il pallino dello sport, l’arrestato. Meglio delle due ruote. Con un’altra società svizzera di cui è amministatore delegato, questa volta di marketing e sponsorizzazioni sportive, sostiene di curare anche l’immagine di ciclisti professionisti e svariate aziende.

La fonderia

Non solo ciclismo, però. Lui, un 62enne residente da anni nel Mendrisiotto e con un passato da corridore, risulta appunto anche essere socio e presidente della gerenza di una società del Mendrisiotto specializzata in ufficio cambi e dal 2019 anche in fonderia. In un documento aggiornato allo scorso marzo l’Ufficio centrale del controllo dei metalli preziosi ha assegnato alla sua fonderia la patente di fonditore ufficiale. Ciò significa che i lingotti in oro, argento, platino o palladio della fonderia di cui è socio e presidente della gerenza il 62ennne sono riconosciuti senza restrizioni sul mercato svizzero. Eppure... eppure secondo gli inquirenti è proprio da quella fonderia che bisogna partire per riannodare i fili. Perché il sospetto è che il bottino degli innumerevoli furti con scasso avvenuti in Piemonte, Lombardia e Liguria sia passato anche da lì.

Il trasporto

L’inchiesta di polizia italo-svizzera, di cui ha riferito la Domenica nell’edizione del 27 febbraio, ha potuto appurare che il trasporto in Ticino avveniva un paio di volte alla settimana con 6-12 chili di metallo prezioso occultato in auto. A occuparsene erano sempre gli appartenenti alla banda. Si mettevano alla guida e insospettabili passavano i valichi di Brogeda e Ponte Chiasso con auto di media cilindrata. Per non attirare troppo l’attenzione. Vestiti bene. Curati. Come qualunque persona di mezza età. Peccato che, secondo gli inquirenti, non erano turisti. Né persone qualunque. Riciclavano oro. Decine e decine di chili.

I covi e la rete

Secondo l’indagine la banda aveva covi ad Asti, Torino, Alessandria, Piacenza e Pavia. Covi nei quali gli inquirenti hanno trovato trentasette chili di oro tra monete, pietre preziose, gioielli e lingotti fusi, quasi un milione di euro in contanti, quindici pistole anche di grosso calibro e svariati proiettili. Le indagini erano partite dai furti nelle abitazioni di Asti. Risalendo la catena, dai ladri veri e propri ai ricettatori, i Carabinieri erano arrivati fino in cima, fino all’organizzazione che si occupava di riciclare i metalli preziosi rubati fondendoli per una parte in Italia, per un’altra in Ticino.

Una banda non di primo pelo, secondo gli investigatori. Che aveva contatti e sapeva come muoversi. Anche perché le indagini hanno potuto delineare la notevole estensione della rete di fornitori dell’organizzazione che, provvedendo a fondere direttamente la refurtiva, non solo ne rendeva più facile il trasporto all’estero, ma contribuiva a determinare l’impossibilità di riconoscere i gioielli ostacolando fortemente l’inchiesta.