Cibo&Vino

Una doggy bag contro lo spreco

Le vaschette per portare a casa gli avanzi del ristorante sono obbligatorie in Francia: e in Svizzera?
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Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
11.02.2024 15:00

La lotta allo spreco alimentare non si ferma, anzi. Finisce in una vaschetta. Meglio, in una «doggy bag», così come è conosciuta soprattutto negli Stati Uniti, la possibilità di portarsi a casa gli avanzi del ristorante. Molto più di una possibilità, in realtà. Almeno in Francia, dove per legge dal 1° luglio 2021 i ristoratori sono tenuti a offrire un contenitore riciclabile o riutilizzabile per recuperare i pasti avanzati. E la Francia rischia di non essere un caso isolato. Visto che anche in Italia c’è chi sta pensando a una legge che prevede multe da 25 e 125 euro ai ristoranti che non si muniscono di vaschette riutilizzabili o riciclabili. E in Svizzera? In Svizzera non esiste alcun obbligo di legge formulato per il mondo della ristorazione. Lo spreco alimentare si basa insomma su azioni volontarie. Alcuni ristoranti offrono la possibilità di confezionare gli avanzi del pasto, altri no.

Quel che è certo è che non si tratta di un tema aleatorio. Perché secondo le statistiche dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), nel 2019 in Svizzera sono state sprecate 2,8 milioni di tonnellate di cibo. I principali colpevoli? Le famiglie, il settore della trasformazione alimentare e la ristorazione con gli sprechi alimentari evitabili generati dalla preparazione di quantità eccessive o per motivi di preferenza, ovvero gli avanzi. Altrettanto sicuro è che la «doggy bag» (letteralmente: borsa per cani) è apparsa negli anni ‘40 negli Stati Uniti e si riferiva alla borsa in cui si prendevano gli avanzi del pasto dal ristorante per servirli presumibilmente al proprio cane. Da allora, la pratica si è ampiamente spinta al di là dell’Atlantico e sta facendo strada in Europa.

Cosa dicono i ristoratori svizzeri

E così mentre alcuni Paesi come Francia e Italia, ma anche Spagna, hanno adottato o stanno adottando la linea dura, in Svizzera ognuno fa insomma un po’ come vuole. Al «Luigia», catena di ristoranti italiani di successo situati a Ginevra, Losanna, Nyon, Friburgo, Sion e Zurigo, la possibilità di alzarsi da tavola con gli avanzi è offerta sistematicamente dal servizio. «È la politica della casa», ha spiegato tempo fa all’ATS, Mario Talente, padrone del locale di Nyon. Non ci piace sprecare e buttare via il cibo. La maggior parte dei nostri clienti accetta, alcuni sono ancora riluttanti, il che è un peccato». La realtà dei fatti parla però un’altra lingua. Al di là di alcuni esempi virtuosi, in Svizzera la «doggy bag» stenta ad affermarsi. Gilles Meystre, presidente di Gastro Vaud, l’associazione vodese delle caffetterie, dei ristoratori e degli albergatori, ha provato a dare una spiegazione. Sempre all’ATS. «Una volta andavamo al bistrot per mangiare di gusto. Questo non è proprio il caso di questi tempi. I ristoratori hanno quindi adattato di conseguenza l’offerta e ridotto le porzioni. Preferiamo offrire un supplemento piuttosto che una razione gigantesca, la metà della quale finirà nella spazzatura. In secondo luogo, esiste forse un vincolo culturale».

Anche Daniela Kimmich di Gastro Suisse ha tentato dia fornire una spiegazione. «Il cambiamento verso una riduzione degli sprechi alimentari richiede molto tempo. Il trasferimento di conoscenze, la sensibilizzazione degli ospiti e un cambiamento nella cultura alimentare secondo il principio «less is more» non avvengono dall’oggi al domani».

Il parere della politica

Oltre a ciò non tutti in Svizzera vedono di buon occhio un obbligo di legge. Come la consigliera nazionale dei Verdi Meret Schneider, secondo cui il riciclo degli avanzi al ristorante è già una pratica comune. Schneider chiede però una maggiore consapevolezza, ad esempio nel prelevare le porzioni. Della stessa opinione è il consigliere nazionale UDC Mike Egger. «È necessaria una maggiore educazione su quanto vale il cibo e quanta passione ci mettono gli agricoltori e i produttori alimentari».

Molto più scettica è la consigliera nazionale PS, Martina Munz. Secondo cui le «doggy bag» non danno un contributo significativo alla prevenzione degli sprechi alimentari. Per Munz una misura più efficace sarebbero modelli di previsione basati sui dati meteorologici e sul comportamento di gruppi di persone. I ristoranti potrebbero basare su di essi il loro comportamento d’acquisto ed evitare così gli sprechi alimentari, afferma. Una datazione più lunga degli alimenti deperibili ridurrebbe inoltre enormemente lo spreco alimentare.

E quello del mondo accademico

A pensarla esattamente all’opposto è invece Claudio Beretta, scienziato ambientale presso l’Università di Scienze Applicate di Zurigo (ZHAW) nel campo dell’alimentazione sostenibile e presidente di Foodwaste.ch. Beretta vede dei vantaggi nelle «doggy bag» e chiede l'introduzione di un regolamento corrispondente. «Questa misura è efficace, incontrovertibile e facile da implementare», ha spiegato all’ATS. Tuttavia anche Beretta si dice convinto che il problema dello spreco alimentare può essere risolto solo se tutti gli attori vengono coinvolti nei rispettivi ambiti. «Perché non sono solo pochi luoghi ad avere molti rifiuti, ma piuttosto tanti piccoli luoghi che collettivamente producono una quantità orrenda di rifiuti alimentari».

L’esempio di Locarno

Nel frattempo c’è anche chi opera su altri fronti. Come Locarno. Che ha aderito all’app che salva i pasti non consumati. Si chiama Too Good To Go. E la Città la usa per mettere a disposizione il cibo proveniente dalle mense dell’Istituto scolastico comunale. «La sostenibilità, intesa come un agire consapevole del proprio impatto ambientale - ha reso noto il Municipio, aderendo all’iniziativa dallo scorso 9 gennaio - è un valore che la Città di Locarno intende vivere non solo a parole, ma in modo concreto»

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