Un'ecatombe di sindaci

Sono 27 i sindaci che hanno deciso di non sollecitare un nuovo mandato alle elezioni comunali del prossimo 14 aprile. Tra di loro ci sono alcuni sindaci di lunga data, come Felice Dafond, reduce da un ventennio alla guida di Minusio, o di lunghissima data, come Roberto Lurati, il decano dei sindaci ticinesi, eletto per la prima volta alla testa del Municipio di Canobbio nel lontano 1992.
C’è però sempre più spesso anche chi lascia la carica dopo un periodo relativamente breve. La sindaca di Cevio Moira Medici, ad esempio, ha deciso di mollare dopo una sola legislatura contraddistinta da «attacchi personali» e «insulti». Un ambiente capace di spegnere anche la migliore buona volontà. A Lumino invece il sindaco Nicolò Parente si chiama fuori nemmeno quarantenne, anche lui dopo una sola legislatura. Nel suo caso non ci sono screzi politici ma il desiderio di dedicare più tempo agli affetti familiari. Lasciano dopo una sola legislatura anche Tamara Bettazza, sindaca di Lavertezzo, ed Elena Polli, al timone di Brusino Arsizio. Anche in questi casi le decisioni non sarebbero legate a dissidi ma semplicemente al peso di una carica che richiede sempre più tempo ed energie, se si vuole svolgere bene il proprio lavoro.
Se ne è reso conto Alex Farinelli, che nell’ultima legislatura ha dovuto fare i salti mortali tra Comano e Berna, decidendo infine di concentrarsi solo sull’attività di parlamentare federale. Una scelta contrapposta a quella di Marco Chiesa, che vorrebbe aggiungere la politica comunale alla sua attività come consigliere agli Stati.
Ognuno fa le proprie scelte. Perché l’attività del sindaco sarà sicuramente impegnativa ma è anche affascinante. Lo sanno bene Ettore Vismara ed Emilio Taiana, due sindaci che sono in carica dal secolo scorso ma che non hanno alcuna intenzione di smettere. Possono sembrare due dinosauri ma non lo sono. Prima di loro c’è chi ha resistito molto più a lungo alla testa di un Comune. In tempi recenti si ricordano i casi di Spartaco Arigoni, per 42 anni consecutivi sindaco di Gentilino, tra il 1962 e il 2004, oppure di Edy Salmina, che ha guidato Brione Verzasca dal 1968 al 2016, per la bellezza di 48 anni consecutivi.
«Se in Municipio si va d'accordo, è tutto più semplice»
La politica è un po’ come la natura, secondo Roberto Ponti. «Ci sono periodi di siccità e periodi in cui tutto fiorisce», afferma colui che ha trascorso 34 anni nel Municipio di Brissago, gli ultimi 14 come sindaco. Un periodo costellato da alcune difficoltà ma anche da tante soddisfazioni. «Non direi che fare il sindaco oggi sia più impegnativo di un tempo - afferma -. Penso che molto dipenda dall’ambiente di lavoro con i colleghi. Il Comune è un po’ come una famiglia. Se c’è una buona intesa con gli altri municipali, allora tutto diventa molto più semplice».
Certo, il carico di lavoro non è indifferente Guidare un comune richiede tante energie e tanto tempo. «Quello che è cambiato rispetto a un tempo - prosegue Ponti - è che la società va sempre più in fretta. Io ho avuto la fortuna di potermi dedicare alla politica durante il giorno, perché non ho figli e professionalmente sono indipendente. Tuttavia mi rendo conto che molti datori di lavoro, a partire dalle banche, sono sempre più restii ad andare incontro alle esigenze di chi vuole fare politica».
«È bello ma tosto»
Nel 2021 aveva compiuto un’impresa. Elena Polli aveva superato di 13 voti lo storico sindaco Gianfranco Poli e l’aveva sostituito alla testa del paese di Brusino Arsizio. Ma ora, dopo una sola legislatura, Elena Polli ha deciso di lasciare. «Sono stati tre anni molto belli - dice -, ma anche molto tosti. In un Comune relativamente piccolo come Brusino Arsizio, il sindaco deve essere polivalente, deve correre per tutto, deve arrangiarsi. È stato un onore, l’ho fatto con piacere e ho cercato sempre di dare il mio meglio. Ma nel frattempo ho avuto un lutto in famiglia, la mia vita è cambiata e non ho più così tanto tempo da dedicare alla politica. Inoltre dopo 12 anni di Municipio mi sembra di iniziare a perdere un po’ l’entusiasmo. Penso che sia il momento giusto di lasciare il posto a qualcun altro, sperando che sia devoto al paese».
Il paradosso è che a sostituire Elena Polli potrebbe essere il suo predecessore, Gianfranco Poli, che si ripresenta per un ennesimo mandato in Municipio. «Io ammiro chi fa politica per quarant’anni - afferma Elena Polli - ma per quanto mi riguarda penso che 12 anni siano un periodo adeguato. Poi è giusto lasciare spazio a nuovi stimoli e nuove energie».
L'addio dopo 32 anni
Eletto per la prima volta sindaco di Canobbio nel lontano 1992, Roberto Lurati ha vissuto in prima persona l’evoluzione di un ruolo che si è sempre più professionalizzato. «In 32 anni è cambiato parecchio - dice -. L’impegno del sindaco è diventato sempre più gravoso. Oggi sono richiesti più tempo, più competenze e più capacità, specialmente in un comune di una certa rilevanza come Canobbio che porta avanti grandi progetti insieme alla Città. Credo sia necessario un maggior riconoscimento della funzione del sindaco, altrimenti sarà sempre più difficile trovare giovani disposti a mettersi a disposizione».
E a resistere nel tempo. «Non per forza tutti devono restare 32 anni come me - prosegue - ma ci vuole continuità, perché con i tempi della nostra democrazia diventa difficile realizzare qualcosa di importante in una o due legislature. Se si vuole portare a termine un progetto, bisogna tenere duro per un po’ di anni». Come ha fatto Lurati, che oggi può girare con soddisfazione per le strade del paese. «Da bambino volevo diventare consigliere federale - afferma -, ma anche essere sindaco non è male. Si possono vedere realizzati tanti sogni».
«Ho subito attacchi da più parti»
Tre anni possono bastare. A maggior ragione se sono tre anni di lavoro in un «ambiente ostile», caratterizzati da «attacchi da più parti». Moira Medici ha provato a resistere, si è fatta la «scorza dura» ma alla fine ha ritenuto che fosse meglio lasciare spazio ad altri. «Ripensandoci e confrontandomi con la famiglia e alcune persone a me vicine, ho riflettuto sull’effettivo impegno, le ricadute sulla mia attività professionale e personale, prendendo la decisione di fermarmi qui, anche se mi spiace non poter lavorare ancora per la comunità», ha detto Medici al Corriere del Ticino.
Eletta a sorpresa nel 2021 al posto dello storico sindaco di Cevio Pierluigi Martini, che era in carica da oltre vent’anni, Moira Medici si è subito trovata a dover affrontare un percorso in salita. «Sono stata apostrofata con aggettivi (anche pesanti) per aver ‘deposto’ il sindaco uscente», ha spiegato la sindaca, parlando di «astio» verso la sua persona. Lei ci ha messo tutta la sua buona volontà ma alla fine è giunta alla conclusione che fosse meglio fare un passo indietro e limitarsi al ruolo di primo proponente di una lista civica. Sulla graticola ci vada pure «chi si crede migliore».
«A volte si diventa un parafulmine»
Paradossalmente, può essere più difficile fare il sindaco in una realtà medio-piccola come Comano piuttosto che in una città. «I Comuni grandi hanno un’amministrazione con varie professionalità al suo interno - dice Alex Farinelli -, mentre da noi in Comune ci sono solo 7 persone. Lavorano molto bene, però è chiaro che anche un Comune medio-piccolo si trova confrontato con dossier complessi».
Così anche il sindaco e il municipale finiscono per essere maggiormente implicati nella gestione del Comune. «Bisogna fare attenzione a non mischiare il piano dell’Esecutivo e il piano operativo - dice -, però diventa quasi fisiologico che quando c’è un messaggio da scrivere anche il municipale ci metta mano». Compiti che si aggiungono a quelli più istituzionali e alle inevitabili relazioni pubbliche. «Il sindaco è un punto di riferimento e a volte deve fare un po’ da parafulmine». Dopo 8 anni di sindacato, conditi dall’attività come consigliere nazionale, Alex Farinelli ha deciso di lasciare. «Un parlamentare deve essere a Berna per un centinaio di giorni l’anno - spiega -. È difficile conciliare questo ruolo con quello di sindaco, che deve essere presente sul territorio».
«Non sono possibili compromessi»
Classe 1985, Nicolò Parente era stato eletto sindaco di Lumino tre anni fa, al ballottaggio contro un altro giovanissimo, Alessandro Spano, classe 1993. Ora, dopo una sola legislatura alla guida del Municipio più giovane del Ticino, sia il sindaco sia il vicesindaco sono sul piede di partenza. Per una chiara scelta di vita. «Ricoprire questa carica, non per gloria personale bensì al servizio della popolazione, richiede una disponibilità di tempo per la quale non sono possibili compromessi - dice Nicolò Parente -. Arrivato alla soglia dei 40 anni e vivendo la gioia di essere diventato genitore, in questo momento così unico, speciale e irripetibile della mia vita non posso più garantire il medesimo tempo di prima. Cosciente di ciò e per nulla attaccato a titoli o cariche, ho deciso di fare un passo di lato».
Concludendo così un’esperienza che è stata senza dubbio positiva. «Da parte mia ringrazierò sempre di cuore la popolazione di Lumino per la grande e sincera fiducia che ha riposto nella mia persona e che spero di aver ripagato dando tutto quanto potevo fare».
Il lavoro più bello del mondo
«Fare il sindaco è il lavoro più bello del mondo», afferma Giovanni Bruschetti, appena sceso dal trono massagnese sul quale è rimasto seduto negli ultimi 20 anni, dopo altri 12 anni come municipale. «L’aspetto più appassionante di questa attività è vedere la propria visione che piano piano prende forma e si sviluppa in maniera coerente nel corso degli anni», afferma Bruschetti, snocciolando i numerosi progetti concretizzati durante il suo regno. «Negli ultimi 20 anni abbiamo realizzato opere pubbliche per 71 milioni di franchi», dice.
In questo periodo il Comune di Massagno è cresciuto, ha rafforzato la propria identità e ribadito la propria autonomia. «Oggi sento soddisfazione tra la popolazione, un grande orgoglio e un senso di partecipazione che permettono al Comune di guardare al futuro poggiando su solide basi», osserva Bruschetti, che improvvisamente si trova con molto più tempo a disposizione. «Ogni giorno degli ultimi vent’anni ho passato almeno un’ora e mezza o due in Comune - afferma -. Ho sempre dato molta importanza all’impegno e alla presenza per la cittadinanza. Ora ho chiuso questo capitolo. Ai posteri l’ardua sentenza».
«È questione di empatia»
Quattro anni come municipale, 8 come vicesindaco e 20 come sindaco di Minusio. Felice Dafond chiude un’epoca lunga, fruttuosa e arricchente. «È un bellissimo lavoro e sono felice di averlo svolto - afferma -. Però chiaramente bisogna sacrificare molto della propria vita, perché è un impegno giornaliero».
Un impegno che va oltre le sedute e gli appuntamenti istituzionali. «È molto importante il rapporto con i cittadini, bisogna saperli ascoltare, a volte tranquillizzarli o aiutarli - spiega Dafond -. Bisogna essere vicini a tutti e saper parlare con tutti, anche con chi magari non ha gli strumenti per capire certe questioni. È un compito gratificante ma non sempre semplice. Un sindaco deve avere m olta empatia, altrimenti si ritroverà spesso in difficoltà». Come può esserlo davanti a dossier che negli anni diventano sempre più complessi. «Io sono giurista e avvocato - dice - ma vedo che oggi ci sono temi davvero difficili. Per questo è importante avere umiltà e appoggiarsi su persone competenti». Umiltà e ascolto sono i valori che raccomanda ai giovani che lo seguiranno.«E auguro loro di lavorare sempre con passione».