Lugano

Venditore di rose: il caso del (presunto) pestaggio non è ancora chiuso

A otto anni dai fatti potrebbe non essere stata scritta la parola fine a una vicenda che è già stata archiviata e riaperta due volte dai Tribunali
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Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
03.12.2023 10:30

L'avvocato del venditore di rose, Nadir Guglielmoni e il procuratore generale, Andrea Pagani hanno deciso di presentare annuncio di appello contro la sentenza del giudice della Pretura penale, Simone Quattropani che lo scorso 16 novembre ha assolto due agenti di Polizia dall’accusa principale di abuso di autorità per un (presunto) pestaggio avvenuto in un locale della stazione FFS di Lugano più di otto anni fa.

A otto anni dai fatti potrebbe insomma non essere stata scritta la parola fine a una vicenda che è già stata archiviata e riaperta due volte dai Tribunali e che il 12 ottobre è arrivata in aula per mano del procuratore generale che aveva emanato due decreti d’accusa. Uno per un agente 42.enne ora in forza alla Malcantone Ovest e uno per un agente 41.enne ancora in servizio a Lugano. Al 42.enne Pagani aveva contestati i reati di abuso di autorità e lesioni semplici per aver colpito l’ambulante con calci in schiena e due schiaffi in testa, uno dei quali avrebbe provocato la rottura del timpano, mentre il 41.enne era accusato di abuso di autorità in quanto anche lui, secondo Pagani, avrebbe sferrato dei calci alla vittima.

Aggressioni però respinte tutte al mittente dai poliziotti difesi dagli avvocati Maria Galliani e Luca Gandolfi. Che hanno sempre sostenuto di non aver mai alzato un dito contro il venditore di rose. Venditore che da parte sua ha sempre sostenuto il contrario. Di aver ricevuto quei calci e quegli schiaffi, quando la mattina del 1. agosto del 2015, stava tornando a casa. «Erano le 7.49 - ha raccontato durante il processo -. I poliziotti mi hanno portato nello stanzino e hanno cominciato a picchiarmi per 40 minuti, uno da davanti e l’altro da dietro. Mi hanno anche rotto il naso e c’era del sangue sul pavimento che mi hanno fatto ripulire».

La sentenza

Ed è proprio sulla diversa narrazione dei fatti e sulla mancanza di prove oggettive, come testimonianze o filmati della videosorveglianza che ha fatto leva il giudice Quattropani per giungere alla sentenza di assoluzione, stabilendo come in un processo indiziario risulti centrale la credibilità delle parti.

Così, se i poliziotti hanno sempre affermato di non aver aggredito l’uomo e di non ricordare che cosa avessero fatto quella mattina del 1. agosto, dal canto suo l’ambulante, secondo il giudice (che ha fatto sua la tesi della difesa) ha invece fornito dichiarazioni contrastanti, come per esempio sulla posizione dei due agenti durante il pestaggio, sul numero di schiaffi ricevuti oppure ancora sui calci ( inizialmente aveva affermato che gli erano stati inferti a terra, in un secondo momento quando si trovava in piedi).

Al di là di come sono andate realmente le cose, di sicuro, a otto anni dai fatti, trascorsi tra archiviazioni e un processo, la verità giudiziaria attende ancora di essere scritta

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