Cultura

«Vi racconto il declino politico di quello che fu un potente impero»

Antonio Caprarica, che è stato a Londra come corrispondente Rai, non smette di focalizzare la sua attenzione su un Paese che oggi ha la febbre
Il giornalista Antonio Caprarica. ©Marco Provvisionato / ipa-agency
Mauro Spignesi
26.05.2024 06:00

Dopo aver dedicato gli ultimi libri alle biografie, tratteggiando come un fine artigiano la storia di Elisabetta, Carlo, William e Harry, stavolta Antonio Caprarica allarga il suo raggio d’azione e nel suo ultimo saggio, appena uscito in libreria, lascia la casa Reale sullo sfondo, comunque presente, e traccia - come nel suo stile con leggerezza, ironia e aneddoti - una lunga analisi, una istantanea storico-politica, su La fine dell’Inghilterra. Un Paese smarrito, un trono vacillante (Sperling & Kupfer editore). Caprarica, che in due riprese, dal 1997 al 2006 e dal 2010 al 2013, è stato a Londra come corrispondente Rai, raccontando vizi e virtù degli inglesi e ciò che succedeva tra Buckingham Palace e Downing Street, non smette dunque di focalizzare la sua attenzione su un Paese che oggi ha la febbre.

Le elezioni un autentico azzardo

L’Inghilterra andrà al voto il 4 luglio. Sarà un voto estivo (la campagna elettorale durerà una quarantina di giorni), un fatto davvero raro. «In più - fa notare Caprarica - lo scenario è inedito: da una parte ci sono i laburisti, che puntano sul termine «change», e sono dati vittoriosi dai sondaggi ma appena cinque anni fa avevano toccato il fondo nel gradimento degli inglesi. Dall’altra parte i Tory che dopo essere stati 14 anni alla guida del Paese, oggi - sempre secondo i sondaggi - sono sotto la sinistra di 20 punti percentuali. Se questa situazione dovesse essere confermata dalle urne si assisterebbe al più grande spostamento di elettorato nella storia delle democrazie moderne; anche più della vittoria di Tony Blair che dopo 18 anni strappò il potere ai conservatori». Per molti, tuttavia, anticipare le elezioni è - come hanno scritto i commentatori di Guardian e Times - «un autentico azzardo».

Quanto calcolato? «Questa mossa è il disperato tentativo di stare a galla da parte del premier Rishi Sunak che pensa di poter calare sul tavolo della politica tre carte per invertire la tendenza: l’inflazione si è ridotta passando da oltre il 10% al 2.3%; è atteso il taglio dei tassi da parte della Banca d’Inghilterra (ora quello bancario per le ipoteche è del 5.25%) che potrebbe far ripartire l’immobiliare; dopo una lunga battaglia si vedranno i primi effetti della legge sui migranti irregolari che consente di trasferirli in parte in Ruanda: potrebbe partire il primo aereo, e pazienza se costerà tre milioni di sterline».

Le tre carte di Rishi Sunak

Basterà? «Vedremo. Ma chiunque vincerà le elezioni - avverte Antonio Caprarica - si ritroverà a dover ricostruire la stessa ragione d’essere dell’Inghilterra e rimettere insieme i cocci del Paese che non potrà non guardare all’Europa per crescere. Io nel libro racconto come si è arrivati a questa situazione, racconto il progressivo processo di declino dove la Brexit non è altro che il punto di arrivo di uno smottamento che ha radici nella perdita dell’identità nazionale e delle regole. D’altronde il referendum per abbandonare l’Europa risulta privo di consistenza legale, non è parte della tradizione costituzionale inglese. E dunque che valore ha? Poi, agli inglesi non è stato spiegato cosa sarebbe successo dopo la Brexit».

E se il futuro è incerto per Caprarica il passato è chiaro. «Nei decenni tra la seconda metà del Novecento e la Brexit questo Paese non ha saputo governare il cambiamento e provare a immaginare il proprio ruolo dopo la perdita delle colonie e dunque dell’Impero. Non è riuscito più a riposizionarsi, a riagguantare quel ruolo chiave, quasi magnetico, nello scacchiere internazionale dopo la perdita dell’hard power, la capacità d’influenza e di potere».

Un unico guizzo con Blair

Questo processo, «ha avuto una parentesi storica, partita da un guizzo alla fine degli anni Novanta con l’elezione di Tony Blair. Il premier che nel vuoto lasciato dall’hard power ha costruito il soft power, cioè il potere dell’immagine declinato attraverso diverse sfaccettature: culturali, artistiche, accademiche, della moda. In quegli anni abbiamo visto Londra diventare una città d’avanguardia dove tutto poteva succedere, dove tutti volevano andare perché lì avvenivano i cambiamenti profondi». Caprarica è stato testimone di questa mutazione. «Dove sul fondale allora aleggiava discreta e rassicurante la figura granitica della Regina Elisabetta II, una immagine di stabilità. E tutti pensavano che la monarchia fosse immortale».

Il populismo con Farage e Johnson

Poi sulla scena politica sono arrivati Nigel Farage e Boris Johnson. «Due personaggi - sottolinea Caprarica - molto diversi fra loro. Farage è stato il primo vero populista in Inghilterra. E la sua aggressiva politica ha avuto un grande seguito popolare ma per effetto del sistema maggioritario secco per l’elezione del Parlamento non è mai riuscito a conquistare il Palazzo. Farage è un personaggio estraneo al sistema. Diverso il discorso di Johnson che invece proprio perché è un personaggio nato e cresciuto all’interno del sistema è riuscito a dare una scossa sfruttando la forza del partito che aveva alle spalle e la grande stampa. Johnson è un bucaniere, il personaggio che ha incarnato il sovranismo populista».

Una crisi politica e istituzionale

Poi si sa come è andata a finire. È arrivata la Brexit, «che è stata la rivelazione di quanto profonda fosse la crisi inglese. Una crisi politica che non ha risparmiato neppure la monarchia, che recentemente si è scoperta assai fragile. È morta la Regina, il nuovo Re Carlo si è ammalato e con lui Catherine, principessa e prossima sovrana; la famiglia reale smagrita adesso fa fatica ad assolvere il suo dovere istituzionale. Harry è lontano «prigioniero» di Megan, William fa orari d’ufficio dalle 10 alle 16 per stare accanto alla moglie e i figli. Per giunta mentre alla fine del ’900 oltre i Windsor c’erano i parenti Kent e Gloucester, oggi la monarchia viaggia solo sulla linea diretta, senza ramificazioni».

Questo pone un serio problema. Chi tira il carro? La fragilità fisica della monarchia, che incarna le memorie dell’impero, è dunque, di riflesso, anche fragilità politica. «D’altronde - fa notare Caprarica - lo scenario è cambiato profondamente. «Oggi i sostenitori della monarchia - spiega il giornalista - sono le persone di oltre 50 anni, e non tutti: il 18% degli inglesi (l’Inghilterra ha oltre 60 milioni di abitanti) secondo il censimento dell’Office for National Statistics (ONS) sono nati all’estero, soprattutto nelle ex colonie, e per loro re e regine rappresentano il periodo coloniale. Bisogna dunque tenere conto di questa nuova stratificazione, che riguarda sia la destra che la sinistra, basta vedere dove affondano le radici familiari dei leader».

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