Storia

Elementi di economia e limiti della libertà

Friedrich von Hayek era contro il piano collettivo e l’anarchia, quindi a favore di una libertà individuale che tenesse conto anche di quella altrui
Amedeo Gasparini
11.03.2022 17:38

Sono due gli economisti che più di tutti hanno influenzato il Novecento: John Maynard Keynes e Friedrich von Hayek. Entrambi sono stati rivoluzionari per l’originalità delle teorie e della capacità di dare risposte alle diverse congiunture economiche. Hayek combatté le idee di Keynes dominanti da Bretton Woods fino agli anni Settanta. I due si erano incontrati per la prima volta a Londra nel 1928 e si trovarono subito in disaccordo sulla teoria dell’interesse. Keynes «aveva un atteggiamento piuttosto intimidatorio, con il quale cercava di calpestare le obiezioni dei più giovani, ma se fosti riuscito a tenergli testa ti avrebbe rispettato» (Hayek su Hayek). «Le sue idee erano interamente radicate nell’economia marshalliana […]. Aveva una formazione economica piuttosto limitata. Non leggeva testi in lingue straniere, […] e, come disse una volta, in tedesco riusciva a capire solo ciò che sapeva già».

La vittoria degli Alleati nel 1945 consacrò le politiche keynesiane come linee guida della ricostruzione dell’Occidente, tese ad investimenti dello Stato e massimo impiego. La politica economica del Dopoguerra nel Global North «è stata dominata da tre caratteristiche: pianificazione a livello centrale, “piena occupazione” e pressione inflazionistica. Tra queste, soltanto la piena occupazione può essere considerata desiderabile» (Studies in Philosophy, Politics and Economics). Hayek invece prediligeva la stabilità dei prezzi e spiegò che solo attraverso il mercato si possono soddisfare aspettative e desideri degli acquirenti. Il meccanismo dei prezzi deve regolare il mercato, a sua volta basato sul principio della concorrenza. Che altro non è che un «un processo di formazione dell’opinione. Diffondendo le informazioni, esso crea […] le idee della gente su ciò che è meglio e più a buon mercato» (Il significato della concorrenza).

Difatti, «è proprio in conseguenza della competizione che la gente giunge per lo meno a sapere che esistono tutte le possibilità» (ibid.). Tuttavia, Hayek non era contro la protezione del consumatore e la regolamentazione del mercato. E neppure contro gli aiuti che favorissero i più poveri. Alberto Mingardi (Contro la tribù) ricorda che Hayek riteneva che «una società avanzata debba porsi il problema è garantire un “minimo vitale” a tutti. Dunque, la sua non è una polemica contro la necessità di aiutare i più poveri: sul tema […] si limita a una discussione sui mezzi. Ciò che gli interessa di questi è che […] non vadano a inficiare il lavoro del sistema dei prezzi». Scrive lo stesso Hayek: «chiunque abbia l’esclusivo controllo dei mezzi determina quali fini debbano essere perseguiti, quali valori debbano essere considerati superiori e quali inferiori» (The Road to Serfdom).

L’economista elaborò teorie contro il piano centralizzato che conduce all’autoritarismo. Per lui, ricorda Mario Vargas Llosa (Il richiamo della tribù), «l’interventismo statale ha una dinamica propria che, una volta avviata, non può fermarsi e tornare indietro, e che costringe il pianificatore ad accentuare la sua intrusione dei liberi scambi sino a eliminarli e sostituirli con un sistema nel quale lo stato finisce per fissare i prezzi dei prodotti». La pianificazione centrale dell’economia danneggia la democrazia. E unisce Fascismo e Comunismo, in virtù di un Socialismo collettivista; basato sul piano regolatore di bisogni e necessità personali all’insegna di uno statalismo apparentemente benevolo, ma che in realtà conduce alla schiavitù. Rifacendosi a Adam Smith, per Hayek il commercio, il mercato, la moneta e la proprietà privata non sono state inventate da qualcuno o dallo Stato. Esse sono istituzioni che via via si sono consolidate nel tempo.

Come Karl Popper, Hayek insisteva sulla fallibilità dell’essere umano. Non poteva dunque che essere contro le pianificazioni, in quanto queste presumono una conoscenza di tutte le informazioni; cosa impossibile. Hayek credeva nella scelta individuale e non disintegrò il concetto di cooperazione. Inoltre, l’economista si espresse a favore della limitazione della libertà personale per preservare quella degli altri. Alla voce della Treccani “Liberalismo” ha spiegato che la concezione liberale della libertà è «quella di una libertà nella legge, una legge capace di limitare la libertà di ciascuno, al fine di garantire la medesima libertà a tutti». La libertà, dunque, non è imparentata con l’anarchia; concetto già formulato da John Locke e Immanuel Kant. Riassume Mingardi: «la libertà che ci serve, per Hayek, è la libertà degli altri». Le società aperte si basano sulla necessità di cooperare; solo così si eleva il grado di libertà individuale.