L'universo

I russi agli occhi del mondo

Abbiamo parlato con due studentesse dell'USI di origine russa – Dalle preoccupazioni legate al conflitto alla russofobia dilagante
©ANGELO CARCONI
Antonio Paolillo
Antonio Paolillo
09.03.2022 22:25

Nessuno immaginava che, ad oggi, potesse scoppiare un conflitto armato nel cuore dell’Europa, un evento che si configura come uno dei più importanti nella storia contemporanea e che è destinato ad avere ripercussioni che si faranno sentire per molto tempo.

L’universo, in quanto contributo giornalistico studentesco, ha come missione quella di dare voce agli studenti e di ascoltare i loro punti di vista. Chiaramente lo abbiamo fatto anche in questa occasione. Infatti, come scrive in una mail interna il Rettore dell’USI Boas Erez, «nella nostra comunità accademica abbiamo oltre una trentina di studentesse e studenti che provengono da Ucraina o Russia», ai quali vogliamo esprimere la più totale vicinanza e sostegno in un momento di tale difficoltà.

Due ragazze, Cristina e Maria – i cui nomi sono di fantasia per tutelare la loro identità –, di nazionalità russa e studentesse USI, hanno voluto parlarci ed esprimere i loro pensieri sulla situazione, lamentando la difficoltà di esprimere liberamente il loro pensiero in quanto russe.

 

Le preoccupazioni di Cristina e Maria
Se c’è una sicurezza in tutto ciò che sta accadendo, questa è che a rimetterci sarà il popolo, specialmente i giovani. Le pesantissime sanzioni che sono state inferte alla Russia, seppur assolutamente necessarie al fine di scoraggiare la missione di Putin senza l’utilizzo delle forze armate da parte di altri Paesi, avranno una ripercussione importante sulla popolazione russa (e non solo).

Maria si preoccupa principalmente per la mobilità, dato che molte ragazze e molti ragazzi russi si spostano all’estero per l’università o per lavoro, e mostra una certa incertezza sul futuro: «Cosa succederà non posso immaginarlo, ma spero che le persone giovani potranno sempre studiare o lavorare all’estero e che non vengano discriminate in base al fatto di essere russe». Con quest’ultima frase Maria apre un punto di riflessione importante: non bisogna guardare ai cittadini russi o alle persone di questa nazionalità come i diretti responsabili di quello che sta accadendo, anzi molti di loro sono scesi in piazza nelle principali città russe per manifestare contro la guerra in Ucraina, nonostante lì, per un’azione tale, si va incontro all’arresto. Quindi bisogna tenere ben distinti il governo dai governati. Lo stesso cancelliere tedesco Scholz ha affermato che la guerra è contro Putin, non contro il popolo russo. Anche se, lamenta Cristina, «non c’è molta distinzione se vai contro il governo o contro il popolo, le sanzioni sono contro il primo ma vengono subite dal secondo».

«C’è una sensazione di malessere. Più che altro perché, da russo, non ti senti libero di esprimere la tua opinione sull’argomento senza sembrare che stai appoggiando la guerra in Ucraina – dice Cristina –. Le conseguenze di questo conflitto giocheranno anche sulla reputazione delle persone russe nel mondo, perché sembra che stia dilagando un senso di vergogna dell’essere russo, ed è sicuramente una cosa molto spiacevole».

 

Russofobia e lo scivolone (con marcia indietro) dell’Università Bicocca di Milano
Un «senso di vergogna», quello di cui parla Cristina, che negli ultimi giorni sta contribuendo a costruire un alone di sospetto attorno ad ogni persona russa, in particolar modo a coloro che vivono all’estero e, soprattutto, ai personaggi pubblici, ai quali viene chiesta – direttamente o indirettamente – la condanna della guerra in Ucraina. Se nell’ultimo caso la necessità è evidente, proprio per la natura del loro essere personaggi pubblici e l’eventuale rischio che «si trasformino in megafoni della propaganda dello zar», come scrive Marco Zucchetti su ilGiornale.it, dall’altro lato lo stesso giornalista avverte che «il rischio è che dalla Scala – riferendosi al caso del direttore d’orchestra russo Gergiev allontanato dal noto teatro milanese, ndr – si arrivi al tennista e alla modella, fino al camionista e alla badante, scatenando una caccia alle streghe superficiale in cui ogni russo diventa un potenziale nemico della pace mondiale».

Il pericolo è quello di far sentire erroneamente l’intera comunità sotto accusa e di ottenere il risultato contrario rispetto a quello desiderato: si rafforzerebbe in questo modo la presa ideologica di Putin sul popolo russo e la sua dialettica di denuncia a un odio occidentale contro la Federazione Russa. Insomma, si darebbero più argomenti al dittatore russo anzi che toglierne, com’è invece necessario fare.

Casi di russofobia si sono verificati e continuano a verificarsi, come quello – riportato dal Corriere della Sera – di un albergatore della riviera romagnola il quale non vuole turisti russi (l’intera categoria degli albergatori ha dovuto prendere le distanze dal suddetto collega vista la forza discriminatoria della sua affermazione), oppure la cancellazione della presenza al Festival Fotografia di Reggio Emilia del fotografo russo Alexander Gronsky, il quale poi, paradossalmente, è stato arrestato in Russia per aver partecipato ad una manifestazione contro la guerra in Ucraina.

Il caso più eclatante è stato lo scivolone preso dall’Università Bicocca di Milano, la quale in un primo momento ha rinviato il corso dello scrittore Paolo Nori su Dostoevskij, e poi – vuoi per le forti critiche da parte dello stesso titolare del corso e del mondo mediatico, fino anche a personaggi della politica – è tornata sui suoi passi e lo ha riattivato. Lo scrittore aveva letto in una diretta Instagram la mail ricevuta dall’ateneo, nella quale gli veniva comunicata «la decisione, presa con la rettrice, di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello di evitare ogni forma di polemica, soprattutto interna, in quanto momento di forte tensione». L’accusa di censura chiaramente non si è fatta attendere. «È una cosa che io non riesco a capire – la replica di Paolo Nori -. Non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia, ma anche essere un russo morto, che quando era vivo è stato condannato a morte nel 1849 perché aveva letto una cosa proibita». Gli utenti del mondo social hanno mostrato subito solidarietà allo scrittore, sottolineando la gravità della cosa, vista come un tentativo di censura e cancel culture, e come questo sia piuttosto un atto nelle corde di Putin. Viste le pesanti critiche, la Bicocca, fortunatamente, ha fatto marcia indietro riattivando il corso, ricevendo però, di tutta risposta, una comprensibile incertezza da parte di Nori sul tenere o meno il corso presso lo stesso ateneo.

Maria Cristina Messa, ministra italiana dell'Università e della Ricerca, è intervenuta sulla questione: «È molto importante che si tengano le lezioni di Paolo Nori, con l'appoggio dell'ateneo. Dostoevskij è patrimonio dal valore inestimabile e la cultura resta libero terreno di scambio e arricchimento. Il Ministero dell'Università e della Ricerca promuove il fondamentale ruolo delle università come luogo di confronto e di crescita comune».