Il commento

Il futuro post-pandemia tra economia e scienza

Come sarà il mondo dopo la venuta della covid-19? Visioni di scenari alla Schumpeter, alla Huxley e, perché no, alla Aristotele
Fabio Sala
17.11.2020 09:00

Come sarà il nostro futuro forgiato su un così incerto presente? Tutti ci siamo posti questo quesito durante la pandemia causata dalla Covid-19, la quale ha lasciato un segno indelebile nella vita d’ognuno di noi; e certamente al mondo non è auspicabile rendere pandemico un virus, ma ben altro! Infatti l’etimologia di «pandemia», che deriva dal greco «pân» (tutti) e «dêmos» (popolo), non fa specifico riferimento ad un evento negativo, ma si limita a precisare che tale evento riguarda tutti i popoli; d’altro canto l’etimologia di «epidemia» suggerisce la larga diffusione di un fenomeno negativo. Perciò sarebbe interessante rendere pandemici, cioè universali, altri tipi di fenomeni o valori, anche se utopici, come la pace, la giustizia sociale, etc. Purtroppo, però, l’emergenza sanitaria globale ha avuto innumerevoli effetti collaterali, i quali hanno scombussolato altri aspetti della nostra società: l’economia ed i diritti fondamentali in primis, nondimeno anche la giustizia sociale e l’edonismo mondano.

Allorché le fondamenta della società contemporanea oscillano, l’ottimismo impera; difatti molti analisti hanno invocato (a sproposito) la distruzione creatrice di Schumpeter, definendo la pandemia una grande opportunità. In realtà la tesi dell’economista tedesco enuncia che le recessioni economiche siano il frutto della maturità di una tecnologia avente già espresso il suo massimo potenziale. Essendo poi il capitalismo per sua natura in perenne mutamento, un’innovazione tecnologica avrebbe comportato un boom economico. Insomma Schumpeter non disse che qualsiasi evento negativo potesse essere risolto da un’innovazione tecnologica; inoltre le cause delle crisi economiche prese da lui in oggetto non concernono l’eventualità di un lockdown delle attività economiche per via di una pandemia.

Perciò pare edulcorato pensare ad un vaccino o ad un antivirale ad ampio spettro quale antidoto per ogni male ed incipit del mirabile nuovo mondo; forse varrebbe la pena analizzare in senso critico tale ambizione delle già opulente industrie farmaceutiche. Basti pensare che durante la pandemia i cosiddetti super-ricchi e le multinazionali hanno rimpolpato le proprie tasche grazie all’economia finanziaria, mentre il ceto medio e le PMI hanno dovuto barcamenarsi, grazie ai soli aiuti statali, verso un futuro che appariva loro sempre più tetro.

Saranno dunque gli scienziati, esimi consiglieri dei nostri governanti, a orientarci verso la fine di questa crisi? Ebbene, se il Covid ci ha insegnato qualcosa è che la scienza non è un blocco monolitico al quale ci si possa appellare univocamente, infatti è sbagliato mitizzare la scienza, che è per definizione la somma delle opinioni di tutti gli scienziati, i quali, come abbiamo appurato nel corso dell’emergenza, spesso non concordano vicendevolmente in mancanza di prove empiriche che possano determinare le esattezze. Come ricorda Cartesio nel «Discorso sul metodo», la scienza non fornisce la verità al di là d’ogni dubbio, ma solo certezze, cioè pseudo-verità che sono veridiche nella misura in cui i presupposti del metodo scientifico siano verificati.

Quindi per cosa dovrebbe parteggiare l’individuo? Per la creazione del nuovo mondo, oppure per la ricostituzione del vecchio mondo, con i suoi ben noti difetti e pregi? Forse Aristotele consiglierebbe l’aurea via di mezzo. Noi abbiamo solo una sicurezza: non possiamo lasciare l’ardua sentenza ai posteri, sicché l’abulia non gioverebbe a nessuno.