La Jumanji del lavoro

Se davanti all’idea di proseguire gli studi in maniera continuativa durante la vita viene da dire «studere, studere, post mortem quid valere?», dall’altro lato arriverà immediatamente la risposta «sed, ante mortem quid mandere?». Per quanto non sappiamo se l’appena citato proverbio latino ci arrivi realmente dal mondo latino o sia un latinismo postero della lingua italiana, esso porta con sé una verità assolutamente attuale che accompagna – direttamente o indirettamente – ogni studente e in generale ogni persona impegnata in un’attività lavorativa. A cosa serve, infatti, studiare – o continuare a studiare – se davanti alla morte le nostre conoscenze non giocano alcun ruolo e se dopo di essa non «ricorderemo» nulla di quanto studiato? Al contrario, però, se spostiamo la lancetta del tempo a prima di quel fatale momento, come «mangeremo» - ovvero come saremo capaci di procurarci da vivere – senza esserci formati, senza aver assunto e coltivato delle conoscenze (teoriche e/o pratiche che siano)?
Con «studiare» qui non si intende strettamente l’attività dello studente, legata all’idea di una scrivania e di una montagna di libri da leggere, relazioni da scrivere ed esami da sostenere, ma piuttosto nel senso molto più ampio di «assumere nuove conoscenze». In questo modo includiamo nelle nostre considerazioni anche tutti i professionisti di ogni settore che, per svolgere al meglio il proprio lavoro, hanno la necessità di aggiornarsi. Dopotutto il mondo ormai viaggia ad altissima velocità e bisogna in qualche modo stargli dietro per restare competitivi sul mercato del lavoro.
È impensabile ad esempio non essere in grado di utilizzare un computer, seppure in modo basilare, o non conoscere almeno in grandi linee una seconda lingua rispetto a quella madre, e rimanere una figura lavorativamente appetibile al giorno d’oggi. Persino nei lavori più manifatturieri o che prevedono un’attività puramente individuale a cui possiamo pensare ci sarà sempre e comunque il bisogno di aggiornarsi: nuove tecniche, nuovi metodi, nuovi prodotti, nuove norme etiche o giuridiche che lo regolano, e così via dicendo.
Pensiamo anche quanto questo possa essere importante nel campo della formazione. Maestri e professori poco aggiornati su ciò che insegnano offriranno per forza di cose una formazione limitata e/o in alcuni casi scorretta (ad esempio, un insegnante di diritto non perfettamente aggiornato sulla legislazione tramanderà ai suoi studenti delle informazioni obsolete e sbagliate). Oltre che importante, in alcuni settori il mancato aggiornamento può essere anche pericoloso: riusciamo ad immaginare un medico che dopo l’ottenimento della laurea in medicina smetta di informarsi su ciò che riguarda il suo campo e al tempo stesso considerarlo affidabile?
Per quanto lo studio – inteso nel senso sopra indicato – possa sembrare una condanna, soprattutto per gli studenti che non vogliono rassegnarsi all’idea di continuare a studiare anche dopo essersi laureati, esso è un’attività fondamentale della vita umana, in quanto, insieme ad altre qualità che un buon professionista deve avere, è il mezzo più efficace attraverso cui restare competitivi nella Jumanji del mondo del lavoro.