L’universo

Un ritorno di fiamma

L’editoriale di Antonio Paolillo
© CdT/Gabriele Putzu
Antonio Paolillo
Antonio Paolillo
22.10.2020 06:00

Inutile negarlo, alla luce dell’aumentare dei casi nel Canton Ticino e della situazione internazionale, il Coronavirus è ritornato ad essere una presenza allarmante nelle nostre giornate. Non che non lo sia stato durante l’estate, ovviamente, ma da un’ipotesi di seconda ondata si è passati all’effettiva constatazione che il pericolo non è per nulla passato. Da alcuni paesi vicini sentiamo parlare di «coprifuoco», una parola che rievoca pagine infelici della storia dell’umanità dopotutto neanche troppo lontane, e di nuovi lockdown qualora le cose dovessero sfuggire di mano, se non lo hanno già fatto. Anche in Svizzera, oltre alle misure già adottate, si fa avanti l’ipotesi di un breve lockdown di due settimane per cercare di tagliare le linee di contagio. Ma è appunto solo un’ipotesi e per il momento rimane tale. Questo non significa però che inizi ad influire sulla vita delle persone. Fare programmi per il prossimo futuro infatti diventa qualcosa che forse solo i più incalliti scommettitori azzarderebbero, soprattutto quando si apre il capitolo «mobilità». Quest’ultima è una parola chiave per quella fetta di mondo studentesco – molto cospicua - che vive le sue giornate a cavallo di autobus e treni e che deve fare i conti, quindi, non solo con questi ambienti in cui il rischio di contagio è sicuramente elevato, ma anche con eventuali tagli alle corse e spostamenti di orari. Chi poi è molto distante e necessiterebbe di un appartamento o di una camera più vicini ai campus si trova immerso in un oscuro dubbio amletico: da un lato spostarsi nelle vicinanze dell’università consentirebbe di non dover viaggiare troppo spesso evitando anche di esporre i propri cari ad un maggiore rischio; dall’altro, in vista di un ipotetico lockdown e del conseguente ritorno al 100% delle lezioni online, impegnarsi in un contratto annuale di affitto rischia di rivelarsi una soluzione inutilmente troppo dispendiosa per uno studente e la sua famiglia. Quindi, cosa fare? Ecco la domanda da un milione, per dirla alla Gerry Scotti. Ovviamente il dilemma è esteso a tutti coloro che giornalmente si spostano per i motivi più disparati, da quelli lavorativi a quelli famigliari. Insomma quello che sembra che ci sia mancato di più, e che evidentemente continuerà a mancarci ancora per un po’, è proprio il potere di progettare, avere la libertà di pensare «il prossimo semestre vado un mese in Inghilterra per migliorare il mio inglese» senza il timore che un microscopico e fastidioso «nemico» lo impedisca. Se è vero che, con l’arrivo dei mesi freddi, stare più tempo a casa rispetto che aspettare il treno/bus alle 7.00 di mattina potrebbe suonare benissimo, affrontare un altro inverno – e forse anche un’altra primavera – ancora isolati, con poche se non nulle occasioni per incontrare i nostri cari, i nostri colleghi o i nostri compagni di corso non mette sicuramente di buon umore. Per questo è importante che, soprattutto in questo periodo in cui i numeri salgono ma non sono ancora troppo alti, si mantenga un atteggiamento responsabile, proteggendo sé stessi e i propri cari, aiutando al contempo la società a non paralizzarsi ancora una volta.