Una corsa al tempo

Crescendo ci si accorge sempre più di quanto la nostra vita sia, almeno fino alla pensione (e non per tutti), una gara. Passiamo tutto il nostro tempo in una corsa virtuale verso un qualche obiettivo che può essere l’affermazione nel sociale o nel lavoro, l’autorealizzazione, il creare una famiglia, etc..., ad ognuno il suo, ma che può anche rimanere oscuro per molto, prima di essere scoperto dal corridore. Insomma si corre verso un obiettivo, una meta, che poi in fin dei conti esaudirà – forse - il desiderio di conoscenza di sé stessi. «Chi sono io?» si chiede il corridore, «Cosa mi descrive?», «Cosa fa di me...me?». Si cerca una definizione, e la si cerca in relazione al ruolo che interpretiamo nel contesto sociale in cui viviamo, vogliamo essere riconosciuti e vogliamo riconoscere noi stessi come una persona con una ben chiara descrizione che ci distingua da un altro individuo. Insomma viviamo nella dicotomia sociale-individuale, in cui da un lato abbiamo la necessità di essere parte di qualcosa e dall’altro abbiamo il bisogno di distinguerci (o almeno di provare a farlo) dalla massa.
In quest’ottica, il tempo assume un’importanza cruciale. Infatti quella che corriamo non è una normale corsa, ma una corsa campestre piena di ostacoli, buche, alberi sul sentiero, pozze di fango, discese e salite, ed ogni volta che rallentiamo su qualcuno di essi perdiamo secondi preziosi sulla tabella di marcia. «La perdita di tempo» ormai è la peggior nemica di un/una adolescente che sta mettendo le fondamenta per il proprio futuro. Bisogna diplomarsi in tempo, laurearsi in tempo, specializzarsi in tempo, così si entra nel mondo del lavoro il prima possibile e così ci si potrà fare una famiglia, prendere casa, comprare l’auto, mettere da parte i soldi per l’università dei figli, etc...etc... Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo, ma siamo sicuri che la velocità, la fretta, portino solo al positivissimo risultato della realizzazione? Davanti ad un mondo a velocità x2, non vale forse la pena di prendersi del tempo?
«Chi va piano, va sano e va lontano» recita un vecchio proverbio. Andare di fretta, senza prendersi il proprio tempo di riflettere sulle scelte o di rivalutare queste ultime per cambiare strada, privarsi quindi dell’errore, rischia di produrre l’effetto opposto a quello che si desiderava in partenza: potrebbe arrivare un certo momento in cui lo stress e la pressione con cui si è agito per correre veloci causi un blocco, un esaurimento di energie (fisiche e/o mentali) dal quale ci si riprende poi molto lentamente. Già nel VI secolo a.C. Esopo, il celebre scrittore di favole greco, raccontava di come una tartaruga – non certo nota per la sua velocità – batté in una gara una lepre. Come? Ad un certo punto della gara, la lepre, ormai in considerevole vantaggio sul suo avversario, decise di farsi un pisolino. Quando si svegliò, però, la tartaruga ormai era a ridosso del traguardo e, per quanto corse veloce per raggiungerla, essa tagliò per prima il nastro vincendo la gara.
Gli studenti dovrebbero imparare ad essere padroni del proprio tempo, a fare le proprie scelte armati di coscienza e autoconsapevolezza piuttosto che di fretta di finire. «Il tempo è oro» e, spesso, anche quello perso è fonte di enorme ricchezza.