Viaggio per la pace per due viaggiatrici
Sebbene l’Afghanistan, così come l’Ucraina, ci appare un luogo irraggiungibile, ci si pottebbe arrivare in macchina partendo da Lugano. Fecero proprio questo Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach nel 1939, partendo però da Ginevra e arrivando sino a Kabul. Due donne svizzere e due viaggiatrici di professione alle quali è dedicata la mostra fotografica presente nel Campus Ovest dell’USI fino al 18 Maggio, nei corridoi del Palazzo Rosso. Seguiranno poi una info session il 10 Maggio, in cui interverrà Parwiz Mosamim, PhD USI e una tavola rotonda il 14 Maggio sul tema della politica adottata dai talebani e delle restrizioni presenti nel Paese.A presentare l’evento introduttivo è stata la giornalista Natascha Fioretti, che ha moderato la tavola rotonda tra Paolo Girola, vicepresidente del centro arcidiocesano Federico Perone di Torino, Federica Frediani, professoressa dell’USI e project leader del MEM Summer Summit, Tommaso Frattini, professore di Economia presso l’Università degli studi di Milano e Vega Tescari, docente di fotografia presso l’Accademia di Architettura dell’USI a Mendrisio.L’occasione è quella di parlare di Afghanistan e di cosa sta accadendo oggi nel paese con l’obbiettivo di creare interesse e mettere al corrente sulla situazione attuale del Paese gli studenti e i membri della comunità accademica.Le due donneElla Maillart e Annemarie Schwarzenbach rappresentano l’animo europeo degli anni ’30 e la voglia di emigrare verso territori esotici dove ritrovare l’armonia tra corpo e mente.La Maillart nacque a Ginevra nel 1903. Fece diversi lavori come segretaria, marinaia, insegnante di francese ecc… Il suo primo viaggio fu in Asia, passando da Mosca, il Caucaso, il Turkestan, la Cina ed infine la Manciuria, dove realizzò uno dei suoi primi reportage. Grande sportiva e amante del mare fin da piccola, nel 1924 partecipò alle Olimpiadi di Vela in solitario come caposquadra svizzera. Abbandonò i suoi progetti marittimi per dedicarsi all’esplorazione di paesi lontani. Conobbe Annemarie Schwarzenbach nel 1938 a Yverdon, dove era in cura a causa di una malattia mentale. Le due donne si trasformarono presto in una coppia di viaggiatrici appassionate di luoghi e culture lontane.Annemarie nacque nel 1908 in una ricca famiglia borghese svizzera, discendente dei Bismarck. Sin da piccola fu amata e ispirata dal padre con cui condivideva molto tempo, al contrario del rapporto molto conflittuale con la madre. Dal 1933 prese parte ad alcune campagne di scavi archeologici in Medio Oriente dove ebbe la possibilità di soggiornare. Si sposò nel 1935 con un diplomatico francese a Teheran ma la sua vita fu segnata da relazioni sentimentali burrascose. Morì giovane, all’età di 34 anni, candendo dalla bicicletta.L’evento e le opereQuesta iniziativa è particolarmente rilevante nel contesto sociologico per riaffermare il ruolo della donna in un contesto storico dove donne e bambini sono tra i principali rifugiati provenienti dai paesi di guerra e soprattutto per parlare di un paese come l’Afghanistan, dove, dopo l’insediamento del governo talebano ad Agosto 2021, la condizione delle donne è andata peggiorando, essendo compromessa la loro autonomia e limitata la loro educazione.La mostra itinerante nasce dall’idea di Paolo Girola, il quale, dopo aver letto alcuni articoli di giornale dedicati alle due protagoniste e ai viaggi di pace, cominciò a richiedere la collaborazione svizzera per poter recuperare filmati, documenti e fotografie realizzati dalle due viaggiatrici. Nasce così «Donne in viaggio in tempo di Guerra», una mostra che è anche esempio di cooperazione transfrontaliera ben riuscita, essendo partita da Torino e ospitata in altre città italiane.L’impressione che si ha guardando le fotografie non è solo quella di avere davanti report di viaggio, ma anche immagini realizzate con un certo sguardo sensibile, capace di catturare istanti che si compongono naturalmente davanti all’obbiettivo. Ciò che è sorprendente è la voglia delle donne di avvicinarsi al soggetto, di abbassarsi per catturare istanti partendo proprio dal basso. Le fotografie riflettono le due fotografe: la Schwarzenbach ci appare come una donna attenta, rispettosa e pudica; anche la Maillart mantiene lo stesso rispetto, ma in maniera diversa, meno strutturata e più romanticizzata, quasi poetica. Utili per scoprire di più degli usi e costumi dei posti sono anche i testi di viaggio delle due donne che rivelano una grande profondità e una spiccata capacità di analisi.Ad oggi l’Afghanistan è il secondo paese al mondo per numero di rifugiati emigrati, di cui la maggioranza sono donne, le quali, una volta arrivate nel paese di destinazione, continuano a vivere una vita svantaggiata svolgendo lavori poco qualificati e poco retribuiti. Questa mostra ci permette di aprire ad un dialogo maggiore circa il ruolo della donna nella nostra società e soprattutto ci permette di riflettere maggiormente su cosa vuol dire oggi essere donne in paesi poveri e dilaniati da conflitti come l’Afghanistan.