Il reportage

Quando le nostre vite vanno all'asta

Nel deposito di un’azienda di traslochi di Caslano un gruppo di persone si muove tra decine e decine di scatoloni: dentro, c'è l'intera vita di una signora tedesca pignorata dall'Ufficio esecuzione e fallimenti
Ogni anno in Ticino si tengono decine e decine di aste pubbliche. © CdT/Archivio
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
27.11.2022 07:00

«Un’offerta? Cinque? Cinque la prima, cinque la seconda, non c’è un’altra offerta? Cinque la terza, aggiudicato al numero 1». Mancano tre minuti a mezzogiorno di un mercoledì di novembre. Nel deposito di un’azienda di traslochi di Caslano un gruppo di persone si muove tra decine e decine di scatoloni. Ognuna di loro ha in mano un numero e segue ordinata un signore con una cartelletta e una penna in mano che non ha ancora perso la voce nonostante urli da tre ore. Negli scatoloni c’è di tutto. Stoviglie, libri, gioielli, anelli, bracciali, orologi, dischi, videocassette, registratori, televisori, lampade, velieri, macchinine, trenini, pinne, vasi, occhiali, cappelli, borse, scarpe, sciarpe, decorazioni natalizie, prodotti per la pulizia, trapani, lampadine. Negli scatoloni in realtà c’è la vita di una signora tedesca pignorata dall’Ufficio esecuzione e fallimenti.

Tutti i suoi oggetti oggi sono qui come se avesse traslocato in questo deposito invece che in una casa. Quadri, mobili, pneumatici, sedie da giardino, letti, materassi, sculture, ombrelloni, lampade, radio d’epoca, stereo, giradischi. Una lista infinita che a tre ore dall’inizio dell’asta pubblica affatica anche il battitore d’asta e i suoi aiutanti che non smettono un secondo di tagliare e aprire gli scatoloni e le plastiche imbottite, di spostare mobili e di cercare disperatamente una scultura in filo di ferro di un cervo che non si trova sotto lo sguardo divertito del gruppo di persone.

Tra sguardi e oggetti dei desideri

Tre ore prima l’atmosfera era differente. Seduti a un tavolo poco dopo l’ingresso due funzionari stanno chiedendo i documenti e il luogo di residenza a tutti quelli che si presentano e vogliono partecipare all’asta. In cambio si riceve un cartoncino plastificato su cui è stampato un numero. Ser virà più avanti al battitore e ai funzionari per annotarlo sui loro fogli accanto al prezzo con cui è stato venduto un oggetto. Prima dell’inizio dell’asta quasi tutti i partecipanti si scrutano come se servisse a intuire se c’è qualcun altro che ha messo gli occhi sull’obiettivo per cui si è arrivati. In realtà non tutti sono qui a Caslano per la prima volta. C’è anche chi alle aste è di casa. Perché non appena quattro persone entrano e salutano, i funzionari fanno altrettanto chiamandoli per nome di battesimo. Degli abituè, quindi.

Tutta la merce è comunque già stata fotografata e presentata sulle pagine Internet dell’Ufficio esecuzione e fallimenti. Quindi tutti hanno un’idea di cosa troveranno. Quello che non sanno è quando l’oggetto agognato uscirà dagli scatoloni. Quando ad esempio è il momento di cinque elmetti militari storici due persone si ritrovano improvvisamente una contro l’altra. In pochi secondi rilanciano a colpi di decine di franchi. Non ci sono altri contendenti. È una sfida a due che mette a dura prova anche la penna del battitore così come la sua voce. La contesa si protrae fino a quando uno dei due mette sul piatto 400 franchi, spiazzando l’avversario, che rinuncia definitivamente all’ennesimo rilancio. La cifra spiazza anche i presenti.

La percezione è che per nessun altro oggetto si arriverà a una somma del genere. E in effetti è così. Anche perché quando da un’altra scatola spunta un sesto elmetto, storico come i precedenti, chi è rimasto all’asciutto in precedenza approfitta della distrazione del duellante e si sfrega le mani senza spennarsi. Altre contese, altre battaglie sul filo di lana non ce ne sono. Qualche offerta e qualche rilancio in verità sì, ma nella stragrande maggioranza dei casi non si va oltre i 20 franchi. Non c’è nessuno che desidera insomma scucire un centesimo in più per un quadro di cui non si conosce l’autore. Il santo non vale la candela neppure per un ciondolo che solo in lontananza sembra dorato o per un orologio di marca che qualcuno bolla subito come un falso. Non si sa se per spiazzare e quindi concludere il colpo senza difficoltà o se mosso da incredibile onestà intellettuale nei confronti degli astanti.

La fretta e il cervo

Tutto fila via liscio, ma tutto va anche di fretta e bisogna avere gambe e testa allenate perché ci si sposta di frequente da una zona del deposito all’altra. Se non si segue sempre il battitore il rischio è quello di farsi fregare in un attimo un affare da sotto gli occhi. Anche se oggi non sembra il caso. A parte i citati elmetti e un arco olimpico completo di frecce nessuno si spenna nel fare le offerte. Anche perché dentro gli scatoloni sembra esserci più che altro la vita quotidiana di una donna con la passione per i paesaggi marini, i velieri, gli scialli, le borsette e qualche oggetto bizzarro come un cervo realizzato in filo di ferro che qualcuno a mezzogiorno dopo tre ore dall’inizio dell’asta ha consigliato di cercare nel prato accanto al deposito.