«Questa politica dei migranti è troppo buonista»

«Scherzando, mi chiamano l’Hitler nero». Elvis Wouasep, mediatore interculturale camerunense, fa una pausa e sorride, prima di parlare alla cinquantina di migranti del Centro di primissima accoglienza della Croce Rossa di Lipomo (Como): uomini, donne e bambini che provengono soprattutto dall’Africa occidentale insieme ad altre migliaia di persone. Che stanno mettendo in seria difficoltà la politica d’accoglienza italiana e non solo. Perché anche il Ticino è alle corde. Tanto che per il direttore del Dipartimento delle Istituzioni, Norman Gobbi, il Cantone ha già dato a sufficienza.
Hitler nero? Come mai?
«Mi prendono in giro perché penso che la politica d’accoglienza italiana sia troppo buonista. Ma secondo me servirebbe davvero più polso, bisognerebbe sul serio portare i migranti a rispettare di più le regole. L’essere scappati dalle guerre o dalla fame o dalle persecuzioni non può essere un alibi».
D’accordo ma...
«So benissimo a cosa sta pensando. Ma mi lasci dire una cosa. Anche io sono dovuto scappare dal mio Paese per aver manifestato il mio dissenso politico. Anche io in Italia, era il 2010, ho vissuto l’esperienza del campo profughi, più precisamente a Bari. Con me c’erano migranti abbandonati a loro stessi. So benissimo cosa stanno passando i profughi a cui parlerò tra pochi minuti».
Facciamo però un passo indietro. Da cosa è contraddistinta questa nuova ondata migratoria?
«Chi sbarca oggi in Italia arriva per l’80% dalla Tunisia. Un Paese che di recente ha stretto improvvisamente le maglie dell’immigrazione. ln più il 60% di chi sta sbarcando in Europa si trovava già in Tunisia e non sta arrivando dal suo Paese di origine. Che oggi è più di uno e ha la caratteristica di appartenere a quelle Nazioni dell’Africa occidentale che stanno cercando di rendersi più indipendenti ed emancipate dalla Francia anche a costo di guere, rivoluzioni e moti sociali. Una di queste è ad esempio il Niger».
Chi fugge da questi Paesi centroafricani quali mete europee vuole raggiungere?
«Di solito si raggiungono i Paesi europei più affini a livello culturale e linguistico. Chi è del Camerun come me, ad esempio, punta di solito alla Germania. Chi parla francese vuole andare in Francia. Non dobbiamo pensare che il migrante parte senza una meta o allo sbaraglio, anzi».
La Svizzera è confrontata oggi con l’arrivo di profughi provenienti soprattutto dall’Afghanistan. Come se lo spiega?
«Gli afgani che partono oggi per raggiungere il vostro Paese sanno che in passato la Svizzera è stata accogliente nei loro confronti. Quindi ripetono il viaggio, ripercorrono la stessa rotta con la speranza di essere accolti nello stesso modo».


Torniamo allora alla politica d’accoglienza. Perché sarebbe troppo buonista?
«Ai migranti che sbarcano in Italia non bisogna solo parlare di diritti, ma soprattutto di doveri. Sei scappato da una guerra? D’accordo,ma ora che sei in Italia devi capire in quale Nazione ti trovi e adeguarti».
Perché servirebbe subito tutto questo polso?
«Perché andrebbe a beneficio degli stessi migranti. Le faccio un esempio. In Italia c’è il diritto di frequentare un corso di italiano. Ecco, io lo trasformerei in un dovere. Come si fa a non sapere la lingua di un Paese se si vuole vivere in quel Paese? Tanto più che un richiedente l’asilo in Italia può lavorare. Ma finché non saprà la lingua sarà sfruttato».
Sfruttato da datori di lavoro senza scrupoli.
«Non lo dica a me. Io sono dovuto scappare da Bari dopo aver ricevuto minacce dalla malavita perché aiutavo migranti e lavoratori immigrati a rivendicare i loro diritti».
Quindi?
«Quindi in Italia bisognerebbe trovare il modo di regolarizzare tutto quel popolo di 700 mila invisibili e irregolari che sono sfruttati».
Magari però non si ha interesse a farlo.
«Non sono d’accordo. Tutti in realtà sanno di aver bisogno di quei 700 mila invisibili e irregolari come manodopera, ma nessuno sa come regolarizzarli».
Idee?
«Si potrebbe fare una sanatoria, regolarizzarli e assorbirli nel mercato del lavoro sano togliendoli così dalle maglie della criminalità».


Sicuro che certi datori di lavoro sarebbero d’accordo?
«Se si mettessero in atto anche politiche di sgravi fiscali legate alle assunzioni sarebbe più facile far passare il messaggio».
Parla più come un politico che un mediatore della Croce Rossa.
«Ho la tessera di Forza Italia e il mio obiettivo è un giorno di candidarmi».
Al di là del diritto allo studio della lingua, cosa ci sarebbe di troppo buonista nella politica d’accoglienza italiana?
«In Italia si insiste troppo poco sulla laicità dello Stato. Nei centri di accoglienza non si cucina carne di maiale per soddisfare i musulmani. Ma nei centri ci sono anche migranti cristiani e così facendo si crea già una discriminazione. Inoltre, i musulmani possono interpretarla come una vittoria, dopo che nel Nord Africa i migranti di origine subsahriana non hanno ricevuto troppi complimenti».
Non crede di esagerare?
«No. Sempre i musulmani nei centri hanno l’abitudine di mettere un tappeto e farsi una piccola moschea e non va bene».
Perché non va bene?
«È un’altra discriminazione. I cristiani devono uscire e andare a cercare una chiesa. Perché non possono fare altrettanto anche i musulmani? La politica d’accoglienza italiana dovrebbe insomma già chiarire fin dall’inizio con regole e doveri chiari che qui tutti siamo uguali. Ma per farlo davvero servirebbe più polso...».