L'approfondimento

Il migliore amico di chi ama il vino senza difetti

Da un paio di anni sono attivi in Ticino i Wine Hounds: cani addestrati a rilevare parti microscopiche di Brettanomyces, un lievito che altera l'aroma del vino
@photolocatelli.ch
Sofia Pelosi
08.10.2022 14:06

Il cane e l’essere umano sono legati da un rapporto millenario che li ha portati ad avvicinarsi fino a sviluppare un’intesa di affetto unica. Se nell’antichità la funzione canina era prevalentemente di assistenza alla caccia, con il passare del tempo i cani hanno assunto anche un’importanza emotiva, diventando dei compagni di vita. Ma oltre alla compagnia che gli amici a quattro zampe sono capaci a dare, non dimentichiamo il loro olfatto fenomenale, che permette di risolvere problematiche che sarebbero di grande difficoltà per l’uomo.

La Detection Dogs Ticino (DDT) è un’associazione cinofila che nasce sette anni fa con lo scopo di formare i cani nel rilevamento di sostanze specifiche. «Abbiamo gruppi che lavorano per settori diversi, come il tracciamento delle muffe, degli hardware elettronici, e altri ancora» spiega il presidente Paolo Riva.

Il gruppo che ci interessa particolarmente è nato due anni fa ed è quello dei Wine Hounds, il cui scopo è rilevare i difetti del vino. In una piovosa sera d’agosto abbiamo la possibilità di vedere in azione nella sala della protezione civile a Bioggio la superstar del gruppo, Leopoldo detto Poldo, un simpatico bracco italiano che gironzola dentro e fuori in cerca di carezze che trova prontamente dalla fotografa Michela e che costringe Paolo a ritardare la spiegazione di com’è iniziato il progetto.

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«Ero in vacanza in Sudafrica e mi sono imbattuto in un articolo che parlava dell’impiego dei cani in Cile per rilevare il cosiddetto “odore di tappo”» spiega il presidente della DDT. «Mi sono subito chiesto se anche in Svizzera si potesse utilizzare l’olfatto canino in questo ambito, così mi sono rivolto a un enologo. Mi è stato riferito che l’odore di tappo non è un problema nella nostra realtà, ma che ne abbiamo un altro: il Brettanomyces, un lievito che può alterare l’aroma del vino. A questo punto dovevamo capire se fosse possibile servirsi dei cani per individuare questa sostanza.»

Quando nasce un progetto del genere è di fondamentale importanza parlare con gli esperti del settore. «Noi siamo istruttori cinofili e non sappiamo molto di vino» racconta ridendo Paolo. «In questo gruppo gli esperti esterni hanno avuto il ruolo più importante: prima hanno dovuto descriverci il problema e poi nello specifico il compito dei cani, cioè rilevare l’odore a una determinata quantità.»

Si tratta quindi di un progetto mai sperimentato prima e le difficoltà non sono state poche. «È un lavoro che richiede grande precisione» spiega Paolo. «Si lavora con quantità estremamente piccole (parliamo di circa tre gocce di vino) e bisogna essere pazienti. Il processo richiede tempo perché è necessario che il cane non sbagli più. La nostra fortuna è stata avere nel team una persona precisa come Cristina. Lei ha dovuto fare il complicato lavoro di tradurre l’italiano dell’enologo nell’“annusabile” dei cani» rivela ridendo.

«Attualmente abbiamo quattro cani in formazione alla DDT» spiega Cristina Bedolla, istruttrice cinofila e membro dell’associazione. «Poldo è stato uno dei primi a essere istruito e con lui abbiamo delineato il protocollo da seguire con gli altri. Alle dimostrazioni solitamente sono presenti tutti per mostrare il livello a cui sono arrivati, ma questa sera c’è solo Poldo perché i compagni (Ken, Mira e Frida) sono in vacanza. La prima richiesta da parte dell’enologo è stata di addestrare i cani a segnalare la presenza di un metabolita del Brettanomyces, il 4-etilfenolo, a 200 microgrammi per litro (µg/l). È stato stabilito questo dato perché non è rilevabile dall’olfatto umano (che lo percepisce solo dai 400 µg/l in su), e una quantità inferiore è sempre presente nel vino.» Per intenderci, 200 µg/l corrispondono a versare una bottiglietta di mezzo litro in una piscina olimpionica.

Il nostro obiettivo è addestrare i cani a individuare il Brettanomyces a 200 microgrammi per litro, un volume pari a quello di una bottiglietta di mezzo litro versata in una piscina olimpionica
Cristina Bedolla, istruttrice cinofila

In seguito la richiesta è diventata ancora più specifica. «Dopo la riuscita del primo esperimento, ci è stato riferito che sarebbe stato interessante segnalare non solo la soglia base, ma anche le quantità superiori a 200 µg/l. Si tratta di un compito molto arduo per il cane, perché significa insegnargli a segnalare o ignorare le diverse concentrazioni e non solamente la concentrazione 200 µg/l, che per il cane è un odore specifico. Una volta accertato che per i cani era possibile capire la differenza, abbiamo introdotto le diluizioni dei campioni segnalati; in questo modo siamo riusciti a quantificare la concentrazione di 4-etilfenolo del campione di partenza.»

Dopo la prima parte di teoria, Poldo è pronto a passare alla pratica e a dimostrare le sue abilità di rilevatore di 4-etilfenolo. Cristina ci spiega come avverrà l’esercitazione. «I campioni da analizzare sono dieci; vanno da 0 a 1000 µg/l e sono disposti in ordine sparso. Quando individua il campione positivo, il cane si congela nei movimenti; quando invece è negativo, si volta verso la conducente che lo accompagna alla dimostrazione e si siede. Solo io sono a conoscenza delle quantità nei contenitori, in modo che Poldo non venga influenzato in nessun modo. Infine vengono testati nuovamente i campioni sbagliati che verranno annusati di nuovo a casa, come compito».

A questo punto, l’esaminando viene accompagnato dalla conducente al centro di una stanza pressoché spoglia, dove sul pavimento vengono appoggiati man mano dei piccoli barattoli contenenti un fazzolettino sul quale sono state versate poche gocce di campione. Dopo una performance quasi perfetta che vede Poldo sedersi o congelarsi in base alla quantità annusata, biscotti e carezze come premio sono d’obbligo.

«La prima presentazione pubblica si è tenuta a maggio a Mezzana e ha ricevuto un riscontro molto positivo» conclude il presidente. «Secondo gli enologi il problema del 4-etilfenolo si sta aggravando a causa del cambiamento climatico e questo ha una diretta conseguenza sul produttore che deve vendere le bottiglie, ma se la sostanza nel vino viene individuata per tempo grazie all’olfatto canino, è ancora possibile rimediare al danno. Resta da capire se ci sarà un interesse tale da parte dei produttori a utilizzare questo strumento al punto da intraprendere la formazione di altri cani.»

Ricordiamo che l’addestramento è possibile per ogni razza canina e per chi volesse maggiori informazioni rimandiamo al sito web (www.detectiondogsticino.com) e all’indirizzo di posta elettronica dell'associazione ([email protected]).

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