«44 film da gustare sul grande schermo»

Nostra intervista a Ehsan Khoshbakht, curatore della retrospettiva dedicata al centenario della Columbia. Dopo la Disney e la Warner Bros. nel 2023, quest’anno è la Columbia Pictures a festeggiare il secolo di attività, con vari omaggi in diversi festival: a Cannes, nell’apposita sezione dedicata ai classici, abbiamo potuto vedere il nuovo restauro di Gilda, mentre a Venezia ci saranno quelli de La signora del venerdì e Il grande caldo.
E poi c’è Locarno, che per l’occasione, a dieci anni dal bellissimo ciclo dedicato alla Titanus, torna a fare una retrospettiva focalizzata su uno studio, in questo caso hollywoodiano. Ma come si fa a riassumere un secolo di storia del cinema (americano) in poche decine di titoli? Ne abbiamo parlato con Ehsan Khoshbakht, il curatore del ricco programma denominato The Lady with the Torch (la dama con la torcia, riferimento al celebre logo della Columbia). Di origine iraniana, ex architetto, egli si occupa di rassegne cinematografiche in vari contesti, tra i quali il Cinema Ritrovato, il celebre festival bolognese di cui è uno dei quattro direttori insieme alla svizzera Mariann Lewinsky e gli italiani Gian Luca Farinelli (più volte ospite di Locarno) e Cecilia Cenciarelli.
Quindi come è avvenuta
la scelta dei film della retrospettiva locarnese?
«I criteri per arrivare
alla lista di film sono stati molteplici. La delimitazione cronologica, dal
1929 - gli inizi del cinema sonoro - alla fine degli anni Cinquanta,
costituisce quella che si considera l’epoca d’oro della Columbia, che coincide
anche con l’operato di Harry Cohn, il cofondatore e allora presidente dello
studio, morto nel 1958. C’è un solo film per regista e alcuni li ho scartati a
priori perché avevano recentemente avuto delle personali a Locarno, come nel
caso di Leo McCarey e Douglas Sirk (nel 2018 e nel 2022, ndr). E ho voluto
proporre titoli meno visti, ma comunque rappresentativi della produzione della
Columbia e del percorso dei registi. Per dire, non c’è Gilda, ma i due attori,
Glenn Ford e Rita Hayworth, e il regista Charles Vidor sono comunque presenti
nel programma».
Anche con questi
paletti, però, immagino che il lavoro di preparazione sia stato impegnativo.
«Mi sono stampato il
calendario di uscite Columbia per l’intero periodo preso in esame e ho visto
almeno un film per ogni mese, e parliamo degli anni in cui tutte le major
facevano uscire in media un titolo a settimana».
Un lavoro necessario per
colmare eventuali lacune, quindi?
«Sì, molti dei film li
conoscevo già, e la prima versione della lista di titoli da presentare l’ho
fatta andando di memoria. A Locarno il pubblico vedrà metà di quelli che avevo
scelto inizialmente, perché (ri)vedendoli ho trovato giusto apportare delle modifiche
all’elenco. Di Frank Capra, ad esempio, avevo pensato a L’eterna illusione, ma
poi l’ho rivisto e ho trovato che non fosse invecchiato benissimo, a differenza
di È arrivata la felicità».
La partecipazione attiva
della Sony, proprietaria della Columbia, ha senza dubbio facilitato il lavoro
di ricerca delle copie, ma è comunque capitato che qualche titolo inizialmente
preso in considerazione non fosse proiettabile?
«A livello organizzativo
è sicuramente stato il progetto più facile a cui io abbia lavorato come
curatore. La Sony è stata molto aperta e collaborativa sin dall’inizio per
l’accesso all’archivio. Detto questo, sì, ci sono un paio di titoli per i quali
non c’erano copie in condizioni sufficientemente buone. Ma anche questo può
essere positivo, in realtà, perché la consapevolezza di questa lacuna spinge
gli studios a fare i restauri. Lo notiamo spesso a Bologna: presentiamo delle
copie d’epoca un po’ malandate e l’anno dopo gli aventi diritto tornano con la
versione restaurata».
Tornando ai film, sono
44 in totale, quasi tutti destinati a popolare la sala del GranRex. Le due
eccezioni sono La signora di Shanghai, di e con Orson Welles, che passerà in
piazza Grande la notte tra l’11 e il 12 agosto, e Il suo onore gridava vendetta
di Raoul Walsh, western con Rock Hudson che sarà proiettato il 16 agosto al
PalaCinema per via di un’esigenza tecnica: il 3D. È anche uno dei motivi per
cui Khoshbakht, come fa sempre in questi casi, intende rivedere tutte le opere
in programma con il pubblico in sala?
«Non c’è paragone con la
visione sul computer o sul televisore. Quando ricapiterà di vedere il film di
Walsh in 3D? Per non parlare di altri titoli in programma che sono stati girati
in CinemaScope, un formato a cui non rende veramente giustizia nemmeno il
miglior sistema di proiezione domestico».
Un programma che include
autori del calibro di Fritz Lang (il già citato Il grande caldo, qui presentato
in 35 mm d’epoca), Anthony Mann (L’ultima frontiera) e John Ford (Tutta la
città ne parla, commedia gangster su uno scambio di persona a cui si è liberamente
ispirato Paolo Villaggio per Fracchia la belva umana)...
«Era l’obiettivo di questa retrospettiva: mantenere la nozione della
centralità dei registi, anche all’interno di quello che vuole essere un ampio
omaggio alla produzione di una major. Su 44 film in cartellone, quattro sono
cortometraggi, scelta dettata dal desiderio di fornire un ritratto il più
completo possibile dell’operato della Columbia, che all’epoca era il più
prolifico tra i grandi studios di Hollywood nella realizzazione di corti. Ci
sarà quindi la possibilità di vedere sullo schermo il grandissimo Buster
Keaton, ma anche i tre marmittoni (The Three Stooges in inglese), celebre trio
comico amatissimo negli USA ma semisconosciuto nel resto del mondo. Sono i
protagonisti di quello che forse è il titolo più attuale dell’intera
retrospettiva, selezionato fra i ben 190 (!) cortometraggi in cui hanno
recitato per la Columbia: You Nazty Spy!, del 1940, prende in giro Hitler e
Mussolini con ben dieci mesi di anticipo rispetto a Il grande dittatore di
Chaplin. E c’è addirittura una scena con il mappamondo!»