Addio a Raffaella Carrà, la regina della TV italiana

«Raffaella ci ha lasciati. È andata in un mondo migliore, dove la sua umanità, la sua inconfondibile risata e il suo straordinario talento risplenderanno per sempre». È con queste parole che il suo compagno di una vita, il coreografo e regista Sergio Iapino, ha annunciato ieri la scomparsa, all’età di 78 anni, di una delle icone della televisione e dello spettacolo italiano, Raffaella Carrà. Una notizia rimbalzata immediatamente in tutto il mondo, tale era la popolarità e la stima di cui l’artista godeva pressoché ovunque in virtù del carisma, del fascino e della semplicità che l’hanno accompagnata lungo tutto l’arco di una carriera che, iniziatasi alla fine degli anni Sessanta, è proseguita senza cedimenti fino alla sua scomparsa. Ancora un paio di anni fa, prima che una malattia attaccasse «quel suo corpo così minuto eppure così pieno di straripante energia» (parole sempre di Iapino), era stata infatti protagonista di un programma della RAI, «A raccontare comincia tu», in cui con la spigliatezza che la caratterizzava intervistava noti personaggi dello spettacolo, della cultura e dello sport. Una delle caratteristiche principali del grande successo televisivo di Raffaella Carrà era infatti proprio questa: pur essendo lei la «star» sapeva mettere a suo agio e valorizzare chiunque si trovasse al suo fianco, senza prevaricarlo ma anzi tirando fuori dai suoi interlocutori aspetti insospettati.
I primi passi nel cinema
Una dote non da poco per un personaggio che alla tv, sostanzialmente, era arrivata quasi si trattasse di un ripiego. Talento precocissimo, Raffaella Maria Roberta Pelloni (questo il suo vero nome) iniziò infatti prestissimo a studiare danza e poi cinematografia, facendo la prima apparizione sul grande schermo nel 1952, a soli otto anni, nel melodramma strappalacrime Tormento del passato di Mario Bonnard. Poi una serie di parti in film di importanti registi, da Florestano Vancini (La lunga notte del ‘43) a Mario Monicelli (I compagni) a Mark Robson (Il colonnello Von Ryan, a fianco di Frank Sinatra), ma senza mai realmente lasciare il segno. Cosa che invece riuscì a fare in tv, dove debuttò nel 1963 come valletta di Lelio Luttazzi per il programma Il Paroliere questo sconosciuto e dove, grazie alla sua spigliatezza e poliedricità, riuscì presto a farsi strada.
Il successo televisivo
Il grande successo arrivò a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta dapprima con il varietà Io, Agata e tu (con Nino Taranto e Nino Ferrer), in cui lanciò un nuovo stile di showgirl, scattante e moderna e soprattutto con un’edizione di Canzonissima in cui fece scalpore il suo ombelico nudo mostrato durante la sigla iniziale. Da lì iniziò un quinquennio dorato fatto di trasmissioni in grado di fare il pieno di ascolti, di canzoni vendutissime (Ma che musica maestro, Tuca Tuca, Rumore, A far l’amore comincia tu fino all’inno all’amore spensierato di Tanti auguri divenuto un successo transgenerazionale ). Poi, alla fine degli anni Settanta, in concomitanza con l’ascesa delle tv private e il declino degli show della RAI, lo spostamento del suo baricentro artistico verso la Spagna e il Sudamerica, anche lì con un successo straripante.
La più amata dagli italiani
Il ritorno in grande stile alla tv italiana Raffaella Carrà lo fece nel decennio successivo, anche in questo caso con un «format» rivoluzionario: Pronto Raffaella, il primo programma di mezzogiorno della RAI che la trasformò definitivamente da soubrette a conduttrice, mettendo in risalto le sue doti di intrattenitrice e padrona di casa, capace di relazionarsi con uguale empatia sia con gli ospiti illustri sia coi telespettatori che telefonavano per partecipare a dei giochi a premi (leggendario quello del numero di fagioli da indovinare in un vaso). Poi, dopo una breve e non troppo fortunata parentesi a Canale 5, il ritorno in RAI e la riconferma al titolo di «più amata dagli italiani» (come recitava uno spot di cui fu a lungo protagonista) dapprima con una memorabile edizione di Fantastico (della quale resta soprattutto il ricordo di un... esplosivo incontro con Benigni), ma soprattutto con Carramba che sorpresa, varietà a base di lacrime, sorprese, ricongiungimenti di amori e famiglie, perdoni e sogni realizzati e il successivo Carràmba! Che fortuna che risollevò le sorti di una Lotteria Italia in preoccupante ribasso, con un’audience che superò 14 milioni di telespettatori a puntata.
Le più recenti sfide
Non paga – e sempre alternando il suo lavoro tra Italia e Spagna, dove per anni ha spopolato con lo show Hola Raffaella – Raffaella Carrà non si è sottratta ad altre sfide: da quella del Festival di Sanremo 2001 (in cui lanciò sul mercato italiano un giovane cantante sconosciuto in patria ma famosissimo in quell’area latino-americana di cui conosceva vita, morte e miracoli – il «nostro» Paolo Meneguzzi) a quelle, più recenti, di coach del talent show The Voice of Italy dove si dimostrò a suo agio anche a fianco di colleghi molto più giovani quali J-Ax, Noemi, Gigi D’Alessio, Piero Pelù, Emis Killa e infine come coideatrice, assieme a Sergio Iapino, di Forte forte forte (2015), show il cui compito era, sostanzialmente, quello di trovare un/a sua erede: un conduttore o una conduttrice capace di fare tutto. Un compito non semplice visto il confronto a cui i concorrenti erano chiamati.
Un'icona carica di semplice positività
Pochi personaggi hanno saputo incarnare lo spirito autenticamente rivoluzionario della televisione come Raffaella Carrà. Una televisione intesa essenzialmente come strumento di intrattenimento leggero ma non stupido, una tv in grado di essere stuzzicante e propositiva senza scadere nel cattivo gusto, una tv in cui chiunque possa ritrovarsi e sperare trovare un dignitoso spazio: dall’affermata o presunta star desiderosa di un po’ di luci della ribalta alla persona comune, coinvolta anche solo per un gioco a premi o più semplicemente, per un rapido contatto. Una televisione insomma autenticamente «popolare» ma capace di conservare sempre un alone di positività. È questo tipo di televisione che Raffaella Carrà ha incarnato per quasi mezzo secolo, con semplicità, schiettezza, ironia e quell’innata capacità di dire o mostrare cose apparentemente scomode o controcorrente senza strafare, senza mai ricorrere a forzate provocazioni e prese di posizioni, ma muovendosi e agendo con estrema naturalezza, con una positiva energia e, soprattutto, con il sorriso sulle labbra. Un modo di agire e di porsi che le ha consentito di vincere molte più battaglie di tanti presunti rivoluzionari, di diventare un’icona internazionale dei diritti molto più di molte impegnate «pasionarie» e di dare un contributo fattivo allo «sbigottimento» di un Paese (l’Italia) in misura maggiore di tante manifestazioni di protesta o interpellanze politiche. E questo senza strafare e, soprattutto, rimanendo sempre all’interno di quel «mainstream», di quella corrente che se affrontata in modo intelligente, può anche essere costretta a cambiare quasi senza accorgersene il proprio corso. E tutto questo partendo da semplici gesti, come mostrare con eleganza un ombelico o intonare con allegria «A far l’amore comincia tu...».