Al largo delle spiagge romagnole un’utopia di libertà e trasgressione

«Bisogna pur correre dei rischi se si vuol cambiare il mondo!» esclama il giovane ingegnere bolognese Giorgio Rosa (Elio Germano) rivolgendosi a chi lo invita alla prudenza, ma la sua non è una battuta a effetto, perché lui già da qualche anno sta lavorando letteralmente alla costruzione di un «mondo tutto suo» lontano dalla burocrazia ottusa che soffoca la sua geniale inventiva con regole e balzelli. Dove? A Rimini dove tintarella, trasgressione e tagliatelle fanno parte della stessa filosofia che si declina in spiaggia e nelle discoteche di questa mecca del turismo giovanile entusiasta di veder nascere in mezzo al mare, in acque internazionali, a poco più di undici chilometri dalla costa, un’isola artificiale su palafitte: «l’isola delle Rose», emblema di libertà aperto a tutti. È una storia vera accaduta negli anni ’60 del ‘900, ed ora è un film dal titolo L’incredibile storia dell’Isola delle Rose diretto da Sidney Sibilia (Smetto quando voglio e sequel) al suo quarto lungometraggio, prima produzione europea Netflix Originals e disponibile da oggi sulla piattaforma. Il vero protagonista di questa breve, ma intensa epopea realizzò la sua isola nel giro di dieci anni, ma i giornali scoprirono la «Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose» quasi all’«ultimo tuffo», il primo maggio 1968, quando l’ingegner Rosa in una conferenza stampa la proclamò Stato indipendente con una sua bandiera dove campeggiavano tre rose, la sua moneta e un suo francobollo. E allora anche il governo italiano iniziò a prendere la cosa sul serio, talmente sul serio da cannoneggiarla. Forse troppo? In quegli stessi giorni a Parigi infuriava la contestazione studentesca tra lacrimogeni e molotov, mentre nello specchio di mare di fronte a Rimini prendeva vita l’utopia costruita da un uomo solo su una piattaforma di quattrocento metri quadrati e una folla di giovani ogni giorno con barche e motoscafi si recava su quest’angolo di libertà totale e senza regole, a ballare e festeggiare Il regista Sidney Sibilia ha saputo cogliere lo spirito dell’epoca, i contrasti generazionali, i cambiamenti sociali, la verve della costa romagnola e l’ironia della vicenda, trasformando il tutto in una godibile e intelligente commedia capace di diventare a tratti una farsa misurata, come nelle scene al Consiglio d’Europa a Strasburgo con François Cluzet (e Teco Celio in un divertente cameo); oppure travolgente come nella parte romana del film in cui entrano in scena i politici: il ministro dell’interno Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) e il presidente del consiglio Giovanni Leone (Luca Zingaretti).

Elio Germano ha assorbito la giusta dose di accento bolognese e quel modo di essere ribelle e insieme giocoso e caparbio che rendono credibile, e a tratti commovente, il suo Giorgio Rosa che nel film è spronato dall’amore per Gabriella (Matilda De Angelis): bella, pragmatica e da riconquistare prima che sposi un altro; e coadiuvato nel suo progetto dall’amico ricco Maurizio Orlandini (Leonardo Lidi), una sorta di John Belushi della costa romagnola infervorato dall’avventura indipendentista. Girato in stile «cinemascope», ben congegnato ed interpretato da un bel cast, è un film tutto da gustare.