In 10 anni sono stati 250 milioni gli sfollati per le emergenze climatiche

Le emergenze climatiche hanno causato negli ultimi dieci anni lo sfollamento di 250 milioni di persone nel mondo, quasi 70 mila persone al giorno. Lo evidenzia un rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) pubblicato in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop30, che si è aperta ieri a Belém, in Brasile.
Secondo Filippo Grandi, Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, le condizioni meteorologiche estreme stanno mettendo sempre più a rischio la sicurezza delle popolazioni, «distruggendo case e mezzi di sussistenza e costringendo le famiglie, molte delle quali sono già fuggite dalla violenza, a fuggire di nuovo».
Le inondazioni in Sud Sudan e Brasile, il caldo record in Kenya e Pakistan, la scarsità d'acqua in Ciad ed Etiopia: condizioni estreme stanno spingendo comunità già fragili sull'orlo del collasso. Queste popolazioni, rileva il rapporto, stanno vivendo inondazioni più devastanti, siccità più lunghe e ondate di calore più intense, senza i mezzi per adattarsi.
Quasi tutti i campi profughi esistenti dovranno affrontare un aumento senza precedenti delle temperature pericolose. In Africa, tre quarti del territorio è degradato e più della metà dei campi si trova in aree sottoposte a forti pressioni ambientali. Nel Sahel, sottolinea l'UNHCR, le comunità riferiscono che la perdita di mezzi di sussistenza legata al clima sta spingendo alcune persone a unirsi ai gruppi armati, un altro segno che lo stress ambientale può alimentare cicli di violenza e sfollamento. Inoltre, entro il 2050, i quindici campi profughi più caldi del mondo, situati in Gambia, Eritrea, Etiopia, Senegal e Mali, potrebbero sperimentare quasi 200 giorni di caldo estremo all'anno, mettendo a rischio la salute e la sopravvivenza dei loro abitanti.
«Molti di questi luoghi rischiano di diventare inabitabili a causa della combinazione mortale di caldo estremo e alta umidità», avverte il rapporto secondo cui il numero di paesi altamente esposti ai rischi climatici aumenterà da tre a sessantacinque entro il 2040.