La siccità, una condizione umana alla quale sarà difficile sottrarsi
Il cotone in Texas, le pere e il riso in Italia, le mele in Francia, il bestiame in Kenya e Somalia, l’avocado in Cile. Non contano l’emisfero e la stagione, i primi mesi del 2023 hanno rafforzato l’immagine di un mondo avvolto da una crisi idrica permanente a ogni latitudine, con effetti devastanti per le prospettive dell’agricoltura e della sicurezza alimentare. La siccità è uno degli effetti più chiari e duraturi dell’emergenza climatica, resa più persistente da un fenomeno meteo che ha spiazzato gli scienziati e i policymaker: il terzo anno consecutivo di La Niña. Si tratta dell’oscillazione ciclica della pressione sul Pacifico, un fenomeno con effetti complessi da leggere, da un lato abbassa le temperature (e infatti c’è una seria preoccupazione per quando il fenomeno opposto, El Niño, farà di nuovo aumentare le temperature), dall’altro sconvolge le precipitazioni.
L’Europa è fragile
Il rapporto Drought in Numbers 2022 delle Nazioni Unite ha confermato come la siccità sia la nuova normalità globale, non una serie di episodi a cui resistere in attesa di tempi migliori ma una condizione alla quale adattarsi. Il 15% dei disastri naturali degli ultimi 50 anni sono stati dovuti alla scarsità d’acqua, che ha fatto già oltre 600mila vittime ed è costata 124 miliardi di dollari. Ogni anno si perdono 12 milioni di ettari di terra mangiati dalla siccità estrema e dalla desertificazione: sono tre Svizzere all’anno per dimensioni che spariscono in un’aridità senza ritorno, che ha conseguenze sanitarie, sociali ed economiche devastanti. In questo momento 2,3 miliardi di persone in ogni continente sono in stress idrico, quindi hanno e potrebbero avere a breve problemi a trovare acqua a sufficienza per i propri bisogni. L’Africa è il continente più in difficoltà: nell’ultimo secolo il 44% delle siccità estreme è stato sul suo territorio, ma è l’Europa l’area dove la scarsità d’acqua cresce più velocemente. Oggi la siccità minaccia il 15% dei suoli europei e il 17% della popolazione. Le incredibili foto dei laghi a secco durante questo inverno sono una conferma di quello che la scienza del clima prevede da decenni: l’Europa è climaticamente fragile.
Servono nuove strategie
In Europa l’inverno è stato secco oltre ogni immaginazione. A fine febbraio, la Francia ha ufficialmente battuto il suo record di giorni consecutivi senza pioggia o neve, arrivati a 32. La prima industria a essere colpita è stata quella degli sport invernali, con i livelli di neve sulle Alpi dimezzati rispetto alle medie storiche. Crollo della neve in inverno vuol dire poca acqua in laghi e fiumi durante la primavera e l’estate: l’Italia si prepara al sesto episodio di siccità in vent’anni, il secondo anno consecutivo di razionamenti e conflitti tra usi e territori per l’acqua. Il 2022 era già costato ai coltivatori italiani 6 miliardi di euro, sono in difficoltà soprattutto le risaie a nord-ovest e le coltivazioni di frutta e ortaggi lungo il bacino del Po, che è sceso oltre tre metri sotto i livelli abituali. In Francia sono fosche le prospettive per cereali, mele, prugne, noci, pomodori, fragole. Dal Lac des Graoussettes al Lago di Garda, italiani e francesi hanno potuto camminare a febbraio sul fondo di specchi d’acqua asciutti come se fosse agosto. Secondo l’Anbi, Associazione delle bonifiche, sono 3,5 milioni gli italiani che rischiano di trovarsi l’acqua razionata questa estate. Le organizzazioni ambientaliste, guidate da Legambiente, hanno chiesto una strategia idrica su vasta scala, che non solo doti il Paese di nuove infrastrutture per trattenere l’acqua piovana ma razionalizzi anche il consumo della risorsa in tutti i settori. Secondo la mappatura del servizio europeo Copernicus, Francia e Italia sono i Paesi più in difficoltà, ma la situazione è seria anche in Germania meridionale, Spagna settentrionale, Grecia, Bulgaria e Turchia. Per recuperare un inverno così secco, gli idrologi stimano che servirebbero tra i 30 e i 50 giorni di pioggia tra marzo e maggio. Dovrebbe piovere ogni due giorni per rimettere il sistema in equilibrio, difficile che accada.
Americhe messe a dura prova
Sull’altra sponda dell’oceano la situazione è, se possibile, ancora più critica. Nel sud-ovest degli Stati Uniti siamo al ventitreesimo anno di siccità, un ventenne del Colorado non ha mai conosciuto un mondo che non fosse in stress idrico e non ha le prospettive per uscirne a breve: secondo una ricerca pubblicata su Nature ci sono le condizioni perché questa situazione rimanga tale fino al 2030. Lake Powell, il secondo bacino idrico più grande degli Stati Uniti, è arrivato ai minimi di sempre. Gli studi sugli anelli degli alberi hanno rivelato che erano 1.200 anni che su quel territorio non c’era così poca acqua. Molti dei bacini che alimentano vita e agricoltura oltre il 100. meridiano, quello che separa l’est dall’ovest americani, sono ai minimi storici e nemmeno le precipitazioni anomale di questo inverno in California hanno attenuato la crisi. La situazione più preoccupante è oggi in Texas e nelle Grandi Pianure. Più a sud, in Cile, la siccità è al dodicesimo anno, non sono a rischio solo le coltivazioni di avocado, ma anche le miniere di litio, e non cresce nemmeno più l’erba per pascolare il bestiame. L’accesso all’acqua per più di metà dei cileni è a rischio.
L’allarme della FAO
In questa mappa globale del rischio idrico, però, la situazione peggiore è nel Corno d’Africa, sia per le condizioni meteo sempre più anomale sia per le vulnerabilità sociali. In Kenya, Etiopia, Somalia e parti dell’Uganda la stagione delle piogge rischia di saltare per il sesto anno di fila, mettendo a rischio raccolti e sopravvivenza del bestiame. L’allarme della FAO è che oggi 23 milioni di persone in Africa orientale sono in grave insicurezza alimentare, vuol dire che non hanno idea di come procurarsi il prossimo pasto, la carestia è a un passo. Secondo il rapporto Drought in Numbers la siccità durante la crisi climatica sta diventando una condizione umana alla quale sarà difficile sottrarsi, a ogni latitudine: 7,5 abitanti della Terra su 10 - tra 4,8 e 5,7 miliardi di persone - entro metà secolo soffriranno di scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. Una situazione che rischia di provocare esodi con proporzioni mai viste: migrazioni interne e internazionali che già tra un decennio metteranno in movimento 700 milioni di persone.