Cambiamento climatico

Se la siccità mette in ginocchio anche il commercio globale

Complici le temperature elevate e la mancanza di precipitazioni, il numero di passaggi di navi sul canale di Panama è stato ridotto — Il problema, in futuro, potrebbe diventare sempre più frequente
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Red. Online
16.08.2023 11:30

La siccità ha mietuto una nuova vittima. Questa volta, si tratta del canale di Panama. Complici le temperature elevate e la mancanza di precipitazioni, il Paese centroamericano, negli ultimi giorni, si è visto costretto a ridurre il numero di passaggi di navi cargo sul suo canale, una delle rotte commerciali più importanti al mondo. Non solo. A quelle che trasportano carichi pesanti è stato addirittura momentaneamente impedito il transito. La mancanza di acqua, infatti, si sta facendo sempre più importante. Si tratta, va da sé, dell'ennesima sfida del cambiamento climatico. E a essere interessato, in questo caso, è il commercio globale, che potrebbe accusare il colpo fino alle nostre latitudini. 

Riavvolgiamo il nastro. Come si è arrivati fino a questo punto? Panama, dopotutto, è conosciuta per essere, tipicamente, uno dei Paesi dell'America centrale più umidi al mondo. Eppure, il cambiamento è stato veloce, velocissimo. Da campione di precipitazioni, Panama è diventato uno degli stati più colpiti dalla siccità e nel mese di maggio è stato dichiarato lo stato di emergenza. Basti pensare che le restrizioni attuali, in vigore nel canale, non sono per nulla tipiche per il periodo. Di restrizioni simili, infatti, ne erano già state applicate diverse, in passato. Mai, però, nella stagione delle piogge. Ed è proprio questo a spaventare gli esperti: se la situazione, già ora, appare disperata, che cosa succederà nella stagione secca? Verosimilmente, un disastro. 

Oltre 250 navi in attesa

Secondo il fornitore MDS Transmodal, citato dal Financial Times, fino al 29% del commercio di container che attraversa l'Oceano Pacifico passa proprio attraverso il canale. Non a caso, più del 3% del commercio mondiale in volume — dal gas liquido degli Stati Uniti fino ai frutti rossi dal Sud America — si serve proprio di questo passaggio. Che, a conti fatti, ha quasi 110 anni e fornisce anche un reddito essenziale per Panama. 

A maggio, le restrizioni già presenti dagli scorsi mesi — seppur moderate — si sono quindi inasprite, ed è stato imposto un limite di profondità di circa 13 metri e mezzo. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Dalla fine di luglio, le Autorità del Canale di Panama (ACP) si sono viste costrette a limitare le traversate giornaliere a 32, rispetto alle consuete 36 che dovrebbero avvenire mediamente, in tempi «normali». Proprio nel momento in cui, in teoria, il traffico sarebbe presto dovuto aumentare, in vista del Black Friday e del Natale.

Questa decisione ha quindi contribuito a creare un arretrato non da poco. Secondo quanto rivelano i dati del tracker di spedizioni MarineTraffic, venerdì scorso le navi in attesa di attraversare il canale erano 264. Non parliamo, va da sé, di una colonna di automobili che, già nel consueto traffico che troviamo sulle nostre strade, contribuisce a creare lunghe attese, ma di navi cargo. Le cui dimensioni, già di per sé, sono un problema, per non parlare del peso delle merci che trasportano. 

Tra attese e aumenti dei costi

Ma le brutte notizie non sono di certo finite. L'ACP ha infatti comunicato che tutte le restrizioni entrate in vigore nel 2023, comprese le ultime di luglio, rimarranno in vigore fino al 2024, salvo «cambiamenti climatici improvvisi». In altre parole, servirebbe un miracolo. Di conseguenza, negli scorsi giorni i tempi di attesa medi sono lievitati, così come i prezzi. I tempi di attesa per le petroliere più grandi (che trasportano gas liquefatto verso nord) sono aumentati da otto giorni al 10 di luglio, a 18 giorni la scorsa settimana. Peggio ancora, chiaramente, i costi: quelli medi per l'invio di un container  di 12 metri dalla Cina alla costa del Golfo degli Stati Uniti, passando per il canale con un breve preavviso, sono aumentati del 36%. 

Di soluzioni alternative, al momento, sembrano però essercene ben poche. Secondo quanto si legge sul Financial Times, Michael Aldwell, dirigente del settore logistica marittima di Kuehne+Nagel, ha dichiarato che i dirigenti del settore ha informato i clienti che i container che viaggiano tra Asia e Stati Uniti potrebbero essere dirottati sul Canale di Suez, se necessario. Ma questo cambiamento, chiaramente, comporterebbe l'allungamento dei tempi di viaggio. 

Ciò che è certo, è che nel breve periodo, situazioni simili potrebbero diventare sempre più frequenti. Ragion per cui, il mondo della navigazione e quello della logistica si stanno preparando ad altre interruzioni. Secondo un analista del mercato dei container, Jonathan Roach, le previsioni sono terribili. «Dal punto di vista ingegneristico, temo non esista una soluzione. È probabile che questo sia un problema continuo. E che succeda ancora e ancora». 

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