Il caso

Terremoti, tsunami e alluvioni: come si difendono dai disastri naturali le città turistiche?

Da Istanbul all'isola thailandese di Phuket, passando per i Caraibi: alcune delle destinazioni più gettonate, negli ultimi tempi, hanno rivisto le loro misure di sicurezza – Ma i visitatori non ne sono sempre a conoscenza
© AP Photo/Apichart Weerawong
Red. Online
29.05.2025 06:00

In vacanza, tendenzialmente, ci si rilassa. Ma le cose, talvolta, possono andare diversamente. Complice il cambiamento climatico – ma non solo –, alcune destinazioni, anno dopo anno, presentano sempre più rischi. Rischi di cui, talvolta, i turisti non sono a conoscenza. Lo stesso vale per i piani di sicurezza che sempre più località stanno adottando, per sopravvivere a eventuali disastri naturali che potrebbero presentarsi.

Ma di cosa parliamo, nel concreto? Un esempio, fra tutti, arriva dalla Turchia. A Istanbul, come scrive il Telegraph, dopo il terremoto di magnitudo 6.2 delle scorse settimane che ha scosso tutta la città, le autorità locali hanno ordinato l'avvio di importanti lavori di ristrutturazione della Basilica di Santa Sofia. Un edificio di 1.486 anni, difficile da mantenere in un buono stato. Ma per riuscire nell'intento, ora, le autorità locali hanno cominciato a eseguire simulazioni al computer di un terremoto di forte intensità per identificare potenziali punti deboli all'interno dell'edificio. Un modo per mettere in sicurezza sia la struttura, che le persone che la visitano. 

Certo, però, la Turchia non è l'unico Paese a dover convivere con il pericolo di forti terremoti. Nella lista, infatti, c'è anche il Giappone che, come nel caso del nuovo Imperial Hotel di Tokyo, progetta strutture il più resistenti possibili alle scosse. Grazie all'architetto Frank Lloyd Wright, l'edifico venne realizzato su gigantesche lastre di cemento, poste in profondità nel terreno. Una strategia, questa, che effettivamente si rivelò efficace quando, un anno dopo il completamento, l'hotel rimase quasi completamente indenne al devastante terremoto del Kanto. Da quel momento, tecnologie simili vengono utilizzate – spesso a insaputa dei turisti – anche in altre città soggette a terremoti, come San Francisco, Shanghai e Città del Messico. 

Ma non è tutto. Sì, perché nella lista di catastrofi naturali a cui molti Paesi si devono preparare c'è spazio anche per disastri di altro tipo. Come, per esempio, gli tsunami. In questi casi, alcune destinazioni hanno imparato dagli «errori del passato». Come la Thailandia, che dallo tsunami del 2004 ha investito molto per aumentare la propria sicurezza. Molte isole, scrive sempre il Telegraph, hanno installato sistemi di allerta calamità, con sistemi di monitoraggio offshore specializzati e torri di allerta. E non solo. A Phuket, in particolare, le esercitazioni di evacuazione sono diventate ormai una prassi comune. 

Misure simili, ma sempre per quanto riguarda i terremoti, sono state adottate anche dall'isola greca di Santorini, colpita, nel mese di febbraio, da numerose scosse. Da quel momento, il governo ha avviato una revisione delle procedure dell'isola, che comprende anche la costruzione di un nuovo porto per evacuazioni di emergenza. A Bali, invece, gli hotel sulla spiaggia si differenziano per il loro approccio progettuale che privilegia la sicurezza. In particolare, la priorità principale di queste strutture è quella di garantire che l'acqua, in caso di tsunami, fluisca attraverso l'edificio, in modo da ridurre al minimo il blocco delle uscite di emergenza.

E non finisce qui. Sì, perché in alcuni casi giocano un ruolo importante anche i materiali utilizzati per costruire le strutture turistiche. Nei Caraibi, colpiti da due forti uragani nel 2017, gli hotel vengono ora realizzati con materiali resistenti, come cemento armato e isolato, in grado di ridurre rischi di danni strutturali in caso di forti venti. Le isole stanno anche investendo in sistemi energetici di riserva, come i generatori solari, per prevenire interruzioni di corrente che spesso colpiscono il territorio. 

Quanto ai pericoli legati, soprattutto, al cambiamento climatico, Dubai, dopo le forti piogge dello scorso anno, sta cercando di rafforzare le proprie strutture per prevenire danni causati da alluvioni e tempeste, per esempio costruendo canali di drenaggio lunghi circa 10 chilometri.