Le impronte di pennello del ticinese Niele Toroni fra Parigi e Morterone

Rigore e immediatezza, essenzialità e fantasia dimorano nelle opere di Niele Toroni che è fra gli artisti presenti nella mostra «Fughe di colore» alla fondazione Louis Vuitton di Parigi. Un’esposizione in cui la pittura esce dal campo della tela, racchiusa in una cornice, per invadere lo spazio con supporti diversi.
Il maestro ticinese, classe 1937, nato a Muralto, che da anni vive e lavora nella Ville Lumière, è un protagonista schivo dell’arte dei nostri giorni. Si dedica al suo «travail /peinture» (lavoro-pittura) lontano dal clamore della scena contemporanea e spesso è invitato ad esporre in musei, tra l’Europa e gli Stati Uniti, come il Moma di New York, e in prestigiose rassegne internazionali, come Documenta 7 a Kassel.
Ancora per qualche giorno le sue «Impronte di pennello n. 50 a intervalli regolari di 30 centimetri» dialogano con le pareti dell’edificio firmato da Frank Ghery, alla galleria 11 della fondazione parigina di Bernard Arnault. Le opere scelte, realizzate dal 1967 al 1997 nel rigore dello stesso metodo, su diversi supporti danno vita a esiti espressivi differenti. C’è un esempio su tela cerata, prediletta agli inizi della sua ricerca, che gli ha permesso di estendere le sue «impronte» ricorrenti in relazione alla portata della parete. Ci sono i tondi con i «rossi» di Bordeaux ricavati dalle tracce impresse su botti di vino. Con Flambo (1981) i pannelli mobili contenuti nell’espositore presentano impronte dai colori vari che nel complesso appaiono come le pagine di un libro segnato dalla regolarità del ritmo. Invece l‘essenziale «Omaggio alle rondini» è posizionato in alto sull’angolo tra soffitto e pareti, esattamente come un nido d’uccello.
Insieme a Niele Toroni, nella mostra curata da Suzanne Pagé, Ludovic Delalande, Nathalie Ogé, Claire Staebler e Claudia Buizza, ci sono Katharina Grosse(Germania1961), Sam Gilliam(Stati Uniti,1933), Steven Parrino(Stati Uniti 1958-2005) e Megan Rooney(Canada 1958). Sono tutti accomunati da una pratica che vede il colore, nei singoli alfabeti astratti, uscire dai limiti angusti della tela per dialogare in libertà con gli spazi della fondazione Vuitton. Non si tratta della fine della pittura o della cronaca di una morte annunciata, ma della riappropriazione della stessa con altri mezzi.
A proposito della volontà di rompere con gli schemi precostituiti il maestro ticinese ha detto la sua ormai molto tempo fa in quel dicembre a Parigi nel 1966 con il gruppo BMPT. I suoi compagni di viaggio erano Daniel Buren, Olivier Mosset e Michel Parmentier. Tutti loro manifestavano il rifiuto di comunicare ogni messaggio ed emozione nella pittura e rivendicavano una ripetizione di motivi scelti. Il gruppo verrà sciolto giusto un anno dopo, ma ebbe grande visibilità e un indubbio peso specifico dal punto di vista concettuale. Niele Toroni è giunto a Parigi dal Ticino e con le sue «impronte di pennello n. 50 a intervalli di 30 centimetri» ha riscritto la storia della pittura.
Alcune testimonianze significative della sua cifra espressiva, ma anche della sua generosità, si trovano in permanenza nel Museo di arte contemporanea all’aperto di Morterone (Lecco-Italia) nato dal sogno del poeta Carlo Invernizzi. In questo borgo sulla parete esterna di una casa del centro il maestro ha realizzato nel 2010 un intervento ad acrilico su muro che richiama la forma di una clessidra, ma anche lo scorrere del tempo e il suo passaggio in Brianza. Mentre all’interno della sala municipale del paese si trovano le Impronte di pennello n. 50 a intervalli di 30 cm, «I colori di Morterone» ispirate dal gonfalone. Ma c’è dell’altro. In località Prà de l’Ort, nel medesimo borgo, si trova Morterone- Paris même combat (2012), un acrilico su carta dove spiccano le ricorrenti impronte sulla piantina della metropolitana della capitale francese. L’idea che sta alla base dell’opera ribadisce che non esistono luoghi più o meno importanti per l’arte; Parigi o Morterone sono entrambi teatro della medesima battaglia da combattere. In ogni intervento c’è lo stesso modus operandi e valore originario. Tracce di vita che vibrano di luce propria ricordano il ritmo segreto dei palpiti del cuore. Queste impronte, rese in punta di pennello e simili a note di una partitura, compongono una rapsodia di forme. I colori di Niele Toroni fuggiti dalla tela sembrano guardare l’assoluto.